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Messaggio del 21-05-2009 alle ore 09:50:47
ROMA (20 maggio) - Nazisti colpiti con mazze, scalpi asportati, svastiche disegnate con coltellacci sulla loro fronte. In Ingliorious Basterds, il film di Quentin Tarantino presentato stamani in concorso alla 62/a edizione del Festival di Cannes, il titolo descrive fedelmente la natura dei protagonisti, che danno il meglio di sè.

Come, del resto, lo stesso regista americano che, soprattutto sul fronte dei suoi tipici dialoghi deliranti e ovviamente anche nell'attingere al western all'italiana (le musiche sono di Ennio Morricone), dà fondo anche alla sua infinita cultura di B-Movie. La trama, come già si sapeva, ha appunto come protagonisti un gruppo di soldati Usa, veri bastardi, reclutati e comandati da Brad Pitt (tenente Aldo Raine) con un solo spirito: fare azioni di guerriglia piene di sangue e ultra-violenza in territorio nemico. Insomma una sorta di Arancia meccanica moltiplicata per mille che non piacerà affatto a Hitler (interpretato da Martin Wuttke) che si vede scavalcato in violenza da americani e addirittura ebrei.

Ma Inglorius Basterds, il cui titolo è ispirato a Quel maledetto treno blindato (1978) di Enzo Castellari, non colpisce certo per le solo scene di violenza - una cosa non facile in questa edizione di Cannes dove sono passati film come Kinatay di Brillante Mendoza, ma, appunto, per i molti dialoghi che accompagnano la missione Kino. Ovvero quella che ha il gruppo sotto il comando di Brad Pitt, il quale ha come ordine di mettere a ferro e fuoco una sala cinematografica dove si rappresenterà, alla presenza dello stesso Hitler e Goebbels, un film celebrativo sulla gloria
dell'esercito germanico (Nation's Pride).

A mettere i bastoni tra le ruote alla volontà di sangue nazista dei bastardi (anche chiamati Apache per la loro passione per gli scalpi) è un personaggio perfettamente tarantiniano. Ovvero il colonello Hans Landa (uno straordinario Christoph Waltz), soprannominato cacciatore degli ebrei. Un uomo sapiente e viscido armato di ironia, capace di torturare le sue vittime con la parola, con la sua dialettica, con il suo essere spaventosamente multilingue. Un cacciatore dialettico che è come un gatto per i topi (così egli stesso definisce gli ebrei).

Nel film sarà ancora lui a smascherare, nella sala cinematografica dove ci sarà l'attentato, Brad Pitt e i suoi che si spacciano per italiani pensando che sia una lingua che nessuno conosce e sottovalutando ancora una volta il colonnello Landa. Nel cast di questo film che ha avuto una gestazione decennale, ci sono, tra gli altri, Diane Kruger, Eli Roth, Michael Fassbender e Julie Dreyfus.
Messaggio del 20-05-2009 alle ore 18:44:05
CANNES — «Siamo stati pu­gnalati alla schiena dalla stam­pa italiana». Marco Bellocchio ha appena letto i commenti su Vincere (da oggi nelle sale) e ne è rimasto amareggiato. Non tan­to per i giudizi, non sempre lu­singhieri, ma per quella loro «frettolosità» che, a suo dire, impedisce una seria riflessione. Nel frattempo, a consolarlo arri­vano le prime recensioni stranie­re.

Variety, bibbia del cinema americano, definisce Vincere «un film che toglie il respiro», l’autorevole Screen parla di «Fuochi d’artificio d’autore». Perfino L’Osservatore Romano lo elogia. E in nottata alla proie­zione per il pubblico sono arriva­ti lunghi e calorosi applausi. «Qualunque cosa succeda sono molto orgoglioso di questo film, un melodramma futuri­sta», lo definisce Bellocchio, 70 anni, sette volte al Festival, una da giurato.

Regista civile, scomodo, sta­volta sa di aver portato in gara un film che scotta, su uno dei se­greti meglio custoditi del fasci­smo: la relazione del giovane Mussolini (nel film Filippo Ti­mi) con Ida Dalser (Giovanna Mezzogiorno), forse sposata for­se no, la nascita di un figlio, Be­nito Albino, prima riconosciuto, poi rinnegato. Una storia ricca di appigli con il presente. «Per la stampa straniera il parallelo Mussolini-Berlusconi è inevitabi­le — assicura —. In effetti, qual­che analogia non manca». Per esempio? «L’uso dei media e del­l’immagine. Mussolini è stato il primo a capire quanto fosse im­portante. Come Berlusconi ha preteso il controllo di ogni foto, di ogni filmato. Come Berlusco­ni era lui il padrone di gran par­te dei mezzi di comunicazione». Un uso dei media spregiudi­cato e abilissimo nella cui trap­pola oggi, spiega Bellocchio, è caduta la nostra sinistra, con­vinta di batterlo sullo stesso terreno cavalcando l’anti­berlusconismo. «Men­tre la sola vera arma sarebbe quella di proporre un’alter­nativa di idee. Tanto per comin­ciare un sano lai­cismo, fronte su cui invece resi­stono solo i radi­cali. Perciò alle prossime elezio­ni voterò per loro. Non ne posso più di aprire la tv e vede­re il Papa. La Rai è un servizio pubblico, non del Vaticano. In nessun altro Paese d’Europa accade questo, solo da noi».

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