Cinema, Teatro, Arte, Spettacolo

Il ritorno di Malick
Messaggio del 25-02-2006 alle ore 14:06:07
visto ieri, tanto di cappello davvero. mi è piaciuto sotto tutti i punti di vista e dirò, non mi è sembrato particolarmente lento, anzi, le due ore e mezza mi sono davvero volate. ambientazioni perfette, farrell finalmente di nuovo passabile e bellissima la narrazione di sottofondo, dolcemente accompagnata da un'ottima musica. unico neo, lei bruttina, mi sembra vidigal dell'udinese.
Messaggio del 27-01-2006 alle ore 09:17:34
in questo caso... vale l'adagio IMPARA L'ARTE E METTILA DA PARTE...
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 14:56:27
Sauron ma ti capisco l'arte non è per tutti
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 14:55:27
Rivoglio i miei 6.90 euri!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! me tapino!!! me turlupinato!!!
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 14:54:37
E poi basta portarsi un thermos pieno di caffè
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 14:52:45
Sauron Malick è il più grande tra i viventi.
Se vi aspettate un film d'azione non ci andate, se volte vedere UN FILM si
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 14:52:38
A MALICK ESTREMICK...
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 14:50:37
x i "normali" leggete il post "the new world" by falchetto prima di gettare i vs soldi... Dean... di registi geniali ce ne sono tanti altri....
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 13:13:44
Walkabout ti odio
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 13:12:04
lontano ma non troppo

il viaggio non è di scoperta, semmai di riscoperta. Un viaggio al centro dell’uomo, alla ricerca di se stessi.
L’occhio indaga e scruta, affamato di nuove terre, ma ciò che si ausculta non sono altro che i remoti battiti della propria stessa terra, quelli smorzati dai ritmi e dalle brame di secoli di addomesticamento a regole sociali alienanti, che seminano smarrimento tra le fredde siepi di un giardino inglese e gli oscuri labirinti di riti sociali interpretati da loschi burattini, addobbati con abiti non meno buffi delle pelli indossate dai grandi capi indiani.
Si ficcano pali, si scandagliano acque, si spaccano terre, eppure non si fa altro che restare impelagati tra le maglie di radici più antiche, nelle trame intessute da richiami più profondi, ammaliati e confusi, disorientati dai sussurri di un’unica grande madre.
Del resto, un tempo si era come erba battuta dal vento che gioca nel sole; ora, piuttosto, si cresce come alberi che cercano luce, sempre più dritti, nonostante i rami spezzati, o grazie a loro, e si mettono radici nell’aria, lontano dalla terra ma non troppo…
Non troppo da non venirne ancora scossi di tanto in tanto. Non troppo da perdere la speranza, seppur minata dai paletti innalzati dalla vita consociata, dall’ambiguità di ogni condizione sociale, da quella che imprigiona la vita tra busti e recinti liberandola solo con la morte, a quella che ha intessuto legami profondi con la natura ma poi vende una vita, scacciandola dall’Eden, per una caldaia di rame. La speranza risiede tutta nell’ascolto della propria voce e nel gesto individuale, quello capace anche di travalicare le convenzioni se necessario. La speranza vive nella certezza che prima o poi si trovi le proprie Indie, per una volta non contaminando ma restandone contaminati.
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 12:10:16
ben detto dean, sottoscrivo. ora aspetto solo di avere l'occasione di vedere the new world ( luà, segnalo! ).
Messaggio del 26-01-2006 alle ore 09:47:43
Correva l'anno 1998 e il mondo era invaso dallo spettacolare, nonchè ottimo, "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg, ma in contemporanea vedeva la luce "La sottile linea rossa" il terzo film del più stitico e geniale regista contemporaneo, Terrence Malick.
Il confronto tra i 2 film di guerra è scorncertante:tanto spettacolare, avvincente, positiva l'opera spielberghiana, quanto crepuscolare, intimista e disperato quello di malick.
Dopo oltre 6 anni malick ci propone la sua versione della "favola" molto yankee di Pocahontas, che per inciso nel film non viene mai chiamata così (e solo per questo sarà reso onore e gloria in eterno a malick).
La storia è quella del cartoon disneyano, con un vago tributo a mio avviso a "L'uomo chiamato cavallo", anche qui il tema fondamentale resta quello dell'incontro tra 2 mondi tra loro alieni, non a caso nel primo incontro tra John Smith e l'imperatore nativo quest'ultimo chieda se gli inglesi arrivino dal cielo.
Come nel precendente film la natura sconfinata domina sugli uomini, che si vede lontano in miglio, nativi o bianchi, stanno totalemnte sul cazzo al regista.
Come nel "la sottile linea rossa" la voce interiore dei protagonisti, fondamentalemnte Rebecca, John Smith e Rathcliff svolgono il ruolo di voce narrante e come nel precendente o forse ancora di più questi monologhi sono di una poesia assoluta.
Straordinaria la colonna sonora che si integra in modo straordinariocon il paesaggio della virginia del 1609.
La natura sottolinea anche il passaggio tra la colonia nord americana e l'inghilterra, tanto è lussureggiante selvaggia e vittoriosa quella della jungla nordamericana tanto è geometrica definita erazionalista quella dei giardini all'inglese.
Malick tifa per la natura, ma se proprio deve scegliere non disprezza l'idealismo di quei primi coloni, che troppo pochi per fare davvero danni, sognanoun paese libero e democratico.

Per chi conosce malick è inutile soffermarsi a parlare della tecnica, per chi non lo conoscesse è ugualmente inutile, guardatevi un suo film è un'esperienza visiva imprescindibile.

Nuova reply all'argomento:

Il ritorno di Malick

Login




Registrati
Mi so scurdate la password
 
Hai problemi ad effettuare il login?
segui le istruzioni qui

© 2024 Lanciano.it network (Beta - Privacy & Cookies)