Cinema, Teatro, Arte, Spettacolo
il western
Messaggio del 19-09-2007 alle ore 09:51:09
un western che a me piace tanto ma che non è valutato molto dalla critica e neanche dal pubblico, è "il grande paese"(1958) un film di William Wyler con Gregory Peck, Jean Simmons, Charlton Heston, Carroll Baker.
Questa è la trama:Il "Grande Paese" è l'America, anzi, l'ancora selvaggio West, dove arriva, per sposarsi con una ragazza del posto, il "novellino" di città Gregory Peck. Ed eccolo trovarsi di fronte alla dura e rude esperienza della vita da cowboy, con i codici d'onore da rispettare, i cavalli da dover domare, le scelte da dover prendere nelle lunghe faide locali (se stare con una famiglia o con l'altra). Il personaggio di Peck è qui l'elemento disturbante, che ha una sua diversa morale ed una visone "privata" e personale di come e quando regolare le cose della vita. Per questo cavalca il puledro, quando è solo, e non accetta in pubblico la sfida di Heston. Poi però lo affronterà in privato, lontano da sguardi indiscreti (per poi chiedergli, dopo averlo vinto: "Cosa abbiamo dimostrato?"). È la morale di un paese civilizzato contro uno ancora selvaggio, che Wyler riprende con un distacco visivo che ancor più accentua la presenza incombente del paesaggio e del territorio sulle persone. Campi lunghi, lunghissimi riprendono la scazzottata all'alba tra Peck e Heston, così come il duello finale nel canyon tra i due vecchi rivali.
un western che a me piace tanto ma che non è valutato molto dalla critica e neanche dal pubblico, è "il grande paese"(1958) un film di William Wyler con Gregory Peck, Jean Simmons, Charlton Heston, Carroll Baker.
Questa è la trama:Il "Grande Paese" è l'America, anzi, l'ancora selvaggio West, dove arriva, per sposarsi con una ragazza del posto, il "novellino" di città Gregory Peck. Ed eccolo trovarsi di fronte alla dura e rude esperienza della vita da cowboy, con i codici d'onore da rispettare, i cavalli da dover domare, le scelte da dover prendere nelle lunghe faide locali (se stare con una famiglia o con l'altra). Il personaggio di Peck è qui l'elemento disturbante, che ha una sua diversa morale ed una visone "privata" e personale di come e quando regolare le cose della vita. Per questo cavalca il puledro, quando è solo, e non accetta in pubblico la sfida di Heston. Poi però lo affronterà in privato, lontano da sguardi indiscreti (per poi chiedergli, dopo averlo vinto: "Cosa abbiamo dimostrato?"). È la morale di un paese civilizzato contro uno ancora selvaggio, che Wyler riprende con un distacco visivo che ancor più accentua la presenza incombente del paesaggio e del territorio sulle persone. Campi lunghi, lunghissimi riprendono la scazzottata all'alba tra Peck e Heston, così come il duello finale nel canyon tra i due vecchi rivali.
Messaggio del 15-09-2007 alle ore 16:45:25
correzione: "il cavaliere della valle solitaria", da li in poi non c'entra più john wayne
correzione: "il cavaliere della valle solitaria", da li in poi non c'entra più john wayne
Messaggio del 15-09-2007 alle ore 12:55:54
io ho sempre amato i film Western ed in particolare John Wayne e John Ford a partire da ombre rosse, passando per Sentieri Selvaggi, i cavalieri del nord-ovest, un dollaro d'onore, il grinta, il pistolero, el dorado, il cavaliere solitario, mezzogiorno di fuoco, i magnifici 7, butch cassidy e sundance kid, fino ai più recenti sergio leone, sam peckinpah, Bud Spenser e Terence Hill, fino a the missing ultimo fil degno di nota.
io ho sempre amato i film Western ed in particolare John Wayne e John Ford a partire da ombre rosse, passando per Sentieri Selvaggi, i cavalieri del nord-ovest, un dollaro d'onore, il grinta, il pistolero, el dorado, il cavaliere solitario, mezzogiorno di fuoco, i magnifici 7, butch cassidy e sundance kid, fino ai più recenti sergio leone, sam peckinpah, Bud Spenser e Terence Hill, fino a the missing ultimo fil degno di nota.
Messaggio del 15-09-2007 alle ore 12:25:26
Messaggio del 15-04-2005 alle ore 13:34:14
Attraverso Soldato blu, ma anche Un uomo chiamato cavallo (del'69 di Eliot Silverstein) e Piccolo grande uomo (del'70 di Arthur Penn), si rinnova il genere del western che aveva si creato delle figure mitiche (cowboy, il pistolero, il generale Custer), ma aveva anche umiliato e presentato in maniera distorta altre realtà. Così fra gli anni '60-'70 non sono più gli indiani ad essere violenti, a praticare riti inspiegabili, a violentare le donne, ma è l'uomo bianco con la sua sete di potere e di espansione che priva un popolo della sua terra, dei suoi spazi, delle leggende e delle identità e lo rinchiude nelle riserve, poste "oltre i confini del viver civile".
Attraverso Soldato blu, ma anche Un uomo chiamato cavallo (del'69 di Eliot Silverstein) e Piccolo grande uomo (del'70 di Arthur Penn), si rinnova il genere del western che aveva si creato delle figure mitiche (cowboy, il pistolero, il generale Custer), ma aveva anche umiliato e presentato in maniera distorta altre realtà. Così fra gli anni '60-'70 non sono più gli indiani ad essere violenti, a praticare riti inspiegabili, a violentare le donne, ma è l'uomo bianco con la sua sete di potere e di espansione che priva un popolo della sua terra, dei suoi spazi, delle leggende e delle identità e lo rinchiude nelle riserve, poste "oltre i confini del viver civile".
Messaggio del 14-04-2005 alle ore 19:22:05
è ufficiale: l'inter è uscita dalla coppa campioni
è ufficiale: l'inter è uscita dalla coppa campioni
Messaggio del 14-04-2005 alle ore 01:54:20
Sarebbe giusto suddividere il western "conservatore" di tutti i valori americani(patria, famiglia...), e anche razzista(gli indiani erano ovviamente i cattivi), da quello che è venuto fuori con venuto con la crisi dell'industria e la rivoluzione culturale degli anni 60(appunto il western "anarchico").
I primi film che mi vengono in mente sono "Sentieri selvaggi" di John Ford per il primo filone e "Il mucchio selvaggio" di Peckimpah per il secondo.
Sentieri selvaggi, tra l'altro amatissimo e citatissimo da Cimino, è la massima espressione del Western classico, molte inquadrature rimangono nella memoria, come l'ombra dell'indiano sioux che appare agli occhi della bambina, prima che la stessa venga rapita e indianizzata.
Sarebbe giusto suddividere il western "conservatore" di tutti i valori americani(patria, famiglia...), e anche razzista(gli indiani erano ovviamente i cattivi), da quello che è venuto fuori con venuto con la crisi dell'industria e la rivoluzione culturale degli anni 60(appunto il western "anarchico").
I primi film che mi vengono in mente sono "Sentieri selvaggi" di John Ford per il primo filone e "Il mucchio selvaggio" di Peckimpah per il secondo.
Sentieri selvaggi, tra l'altro amatissimo e citatissimo da Cimino, è la massima espressione del Western classico, molte inquadrature rimangono nella memoria, come l'ombra dell'indiano sioux che appare agli occhi della bambina, prima che la stessa venga rapita e indianizzata.
Messaggio del 14-04-2005 alle ore 01:31:44
C'è da dire ke il western è il "genere madre", cioè ha dato vita a tutti i generi tipici delgi anni 70, come l'action e il new horror. Film di Cimino, Siegel, Romero, Carpenter, hanno 1 componente western non trascurabile.
C'è da dire ke il western è il "genere madre", cioè ha dato vita a tutti i generi tipici delgi anni 70, come l'action e il new horror. Film di Cimino, Siegel, Romero, Carpenter, hanno 1 componente western non trascurabile.
Messaggio del 13-04-2005 alle ore 23:36:50
mi sono solo ora reso conto di aver fatto un semplicistico resoconto, ma di non aver citato film culto del genere....va bè se vi interessa ne possiamo parlare.....per esempio non hi citato il maestro del maestro DON SIEGEL, maestro appunto del maestro Peckinpah... vedetevi "Il pistolere" di Siegel , ultimo film di J.Waine in cui si celebra la fine di un mito (wayne) e la fine di tutto un modo di fare cinema oramai "passato"
mi sono solo ora reso conto di aver fatto un semplicistico resoconto, ma di non aver citato film culto del genere....va bè se vi interessa ne possiamo parlare.....per esempio non hi citato il maestro del maestro DON SIEGEL, maestro appunto del maestro Peckinpah... vedetevi "Il pistolere" di Siegel , ultimo film di J.Waine in cui si celebra la fine di un mito (wayne) e la fine di tutto un modo di fare cinema oramai "passato"
Messaggio del 13-04-2005 alle ore 23:18:04
grazi hell, sempre prezioso
grazi hell, sempre prezioso
Messaggio del 13-04-2005 alle ore 22:38:35
E’ davvero tanto che non scrivevo qualcosa di sensato, così dopo aver visto ieri sera El Dorado, mi è venuto voglia di scriverci su qualcosina da condividere con voi….(visto Atelkin je l’ho fatta a rimettermi sulla tastiera)…
C’è un genere cinematografico, che per molte persone è considerato bello che morto da decenni! Il WESTERN….
Cresciuto in quantità e qualità sino agli anni ’70 e divenuto il genere “principe” del cinema americano, è poi sparito sotto i colpi delle commedie e dei pulp-action.
Sinceramente ho iniziato anch’io ad apprezzare questo genere da poco, non disprezzandolo in passato, ma non lasciandomi mai trasportare a dovere, forse perché considerato un genere adatto ai nostri padri, se non dei nostri nonni, avendo il boom proprio negli anni 50-60-70, quando i nostri genitori, erano dei bei giovanotti.
Scrivo queste poche righe, perché mi farebbe piacere che qualcuno di voi, iniziasse ad interessarsi alle avventure del mitico west americano, avendo la certezza che dopo la visione di alcuni film che citerò, molti eroi del cinema moderno, vi sembreranno checche viziate….(scherzo ovviamente, ogni tempo ha i suoi eroi, ma io personalmente preferisco l’eroe impolverato, triste, furbo e figlio di pu**ana, all’eroe in pelle nera iper lucida, gelatinato con missuperfiga al fianco).
Certamente il western ha vissuto periodi difficili, soprattutto a cavallo degli anni 50-60, quando dal classico western mitologico da frontiera, si ha un’evoluzione graduale del genere dapprima in quantità, poi per fortuna in qualità, caratterizzato da un’anarchia propria che diverrà il marchio di fabbrica se non per tutto il genere (si pensi al blocco dei western ultra-commerciali), ma sicuramente per i maggiori esponenti. Di questi ultimi fanno sicuramente parte Sergio Leone, Sam Peckinpah, Robert Aldrich, Clint Eastwood. Detto cambiamento è avvenuto dapprima attraverso i noti spaghetti-western, per poi spingersi in america, dove sono nettamente visibili nel cinema del maestro Peckinpah. Per capire la differenza tra le due categorie basta vedere le differenze che passano tra il migliore (a mio avviso) western “moderno”, Il Mucchio selvaggio (USA-1969), ed un grande classico che potrebbe essere Il fiume rosso oppure El Dorado di Howard Hawks. In questi ultimi troviamo immensi paesaggi, formalismo tecnico, eventi inquadrati in precisi contesti storici, eroi tutto azione (duelli, conflitti), mentre in Peckinpah, la classicità viene impedita sia dalla tecnica che dalla morale dei protagonisti, non più rappresentante dell’uomo moderno che supera qualsiasi sconfitta, ma avventuriero virile, violento, corrotto, immorale e quant’altro basta a renderlo il più umano possibile.
Mentre in america il genere storico-mitico si rinnova attraverso l’apparente malinconia e la violenza, in Italia si lasciano i soliti scenari della frontiera e degli indiani, per entrare in un mondo fatto di villaggi anonimi e claustrofobici, nessuna prateria, il duello come unica legge ed i soliti temi della vendetta.
Altro tema fondamentale, svanito nel tempo, è stato appunto l’ambientazione data dai paesaggi, che sono stati protagonisti principali nei soggetti ma che è andata via via scemando, tornando però a riappropriarsi del genere in due bei film come Balla coi lupi e L’ultimo dei moichani.
Ci sono poi film che esulano da tutti questi discorsi, che nonostante siano riconducibili al western, per molti aspetti sono a se stanti, o forse sono solo l’ultima evoluzione del genere che si sta imponendo, parlo de I cancelli del cielo di Michael Cimino (vai Skin…..), oppure del bellissimo Dead Man di Jim Jarmusch, con un finale che forse può essere preso da spunto per finire questa mia chiacchierata, dove nel finale appunto, William Blake (Jhonny Depp), adagiato morto su una canoa, si dirige sul fiume ripercorrendo a ritroso il viaggio verso Oriente da cui tutto era iniziato.
Cosa dire, consiglio la visione a tutti e vi lascio con una chicca Pronti a morire western firmato Sam Raimi, un omaggio a Sergio Leone ed agli spaghetti western…
E’ davvero tanto che non scrivevo qualcosa di sensato, così dopo aver visto ieri sera El Dorado, mi è venuto voglia di scriverci su qualcosina da condividere con voi….(visto Atelkin je l’ho fatta a rimettermi sulla tastiera)…
C’è un genere cinematografico, che per molte persone è considerato bello che morto da decenni! Il WESTERN….
Cresciuto in quantità e qualità sino agli anni ’70 e divenuto il genere “principe” del cinema americano, è poi sparito sotto i colpi delle commedie e dei pulp-action.
Sinceramente ho iniziato anch’io ad apprezzare questo genere da poco, non disprezzandolo in passato, ma non lasciandomi mai trasportare a dovere, forse perché considerato un genere adatto ai nostri padri, se non dei nostri nonni, avendo il boom proprio negli anni 50-60-70, quando i nostri genitori, erano dei bei giovanotti.
Scrivo queste poche righe, perché mi farebbe piacere che qualcuno di voi, iniziasse ad interessarsi alle avventure del mitico west americano, avendo la certezza che dopo la visione di alcuni film che citerò, molti eroi del cinema moderno, vi sembreranno checche viziate….(scherzo ovviamente, ogni tempo ha i suoi eroi, ma io personalmente preferisco l’eroe impolverato, triste, furbo e figlio di pu**ana, all’eroe in pelle nera iper lucida, gelatinato con missuperfiga al fianco).
Certamente il western ha vissuto periodi difficili, soprattutto a cavallo degli anni 50-60, quando dal classico western mitologico da frontiera, si ha un’evoluzione graduale del genere dapprima in quantità, poi per fortuna in qualità, caratterizzato da un’anarchia propria che diverrà il marchio di fabbrica se non per tutto il genere (si pensi al blocco dei western ultra-commerciali), ma sicuramente per i maggiori esponenti. Di questi ultimi fanno sicuramente parte Sergio Leone, Sam Peckinpah, Robert Aldrich, Clint Eastwood. Detto cambiamento è avvenuto dapprima attraverso i noti spaghetti-western, per poi spingersi in america, dove sono nettamente visibili nel cinema del maestro Peckinpah. Per capire la differenza tra le due categorie basta vedere le differenze che passano tra il migliore (a mio avviso) western “moderno”, Il Mucchio selvaggio (USA-1969), ed un grande classico che potrebbe essere Il fiume rosso oppure El Dorado di Howard Hawks. In questi ultimi troviamo immensi paesaggi, formalismo tecnico, eventi inquadrati in precisi contesti storici, eroi tutto azione (duelli, conflitti), mentre in Peckinpah, la classicità viene impedita sia dalla tecnica che dalla morale dei protagonisti, non più rappresentante dell’uomo moderno che supera qualsiasi sconfitta, ma avventuriero virile, violento, corrotto, immorale e quant’altro basta a renderlo il più umano possibile.
Mentre in america il genere storico-mitico si rinnova attraverso l’apparente malinconia e la violenza, in Italia si lasciano i soliti scenari della frontiera e degli indiani, per entrare in un mondo fatto di villaggi anonimi e claustrofobici, nessuna prateria, il duello come unica legge ed i soliti temi della vendetta.
Altro tema fondamentale, svanito nel tempo, è stato appunto l’ambientazione data dai paesaggi, che sono stati protagonisti principali nei soggetti ma che è andata via via scemando, tornando però a riappropriarsi del genere in due bei film come Balla coi lupi e L’ultimo dei moichani.
Ci sono poi film che esulano da tutti questi discorsi, che nonostante siano riconducibili al western, per molti aspetti sono a se stanti, o forse sono solo l’ultima evoluzione del genere che si sta imponendo, parlo de I cancelli del cielo di Michael Cimino (vai Skin…..), oppure del bellissimo Dead Man di Jim Jarmusch, con un finale che forse può essere preso da spunto per finire questa mia chiacchierata, dove nel finale appunto, William Blake (Jhonny Depp), adagiato morto su una canoa, si dirige sul fiume ripercorrendo a ritroso il viaggio verso Oriente da cui tutto era iniziato.
Cosa dire, consiglio la visione a tutti e vi lascio con una chicca Pronti a morire western firmato Sam Raimi, un omaggio a Sergio Leone ed agli spaghetti western…
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