Cinema, Teatro, Arte, Spettacolo
Jhonny il Libertino
Messaggio del 14-02-2006 alle ore 11:49:20
Relegato ai margini della letteratura Inglese del Seicento, John Wilmot è rappresentato nel film dell'esordiente Dunmore come un Jim Morrison seicentesco, dedito all'alcool e malato di sifilide (afferma di aver passato 5 anni di fila senza essere mai sobrio).
Il “libertino” Wilmot è un revolté, anticipa di circa un paio di secoli la tendenza di moda alla fine dell'Ottocento, nella Francia “bohemienne” di Baudelaire e di Rimbaud. Peraltro, nel suo “essere fuori dagli schemi” lascia intendere ad un certo punto del film di “essere pronto a sperimentare” a tal punto da dimostrare anche un neppur troppo velato complesso edipico. L'ottimo Johnny Depp, in alcuni momenti sembra ricalcare addirittura il ritratto che Val Kilmer ha fatto di Morrison nel film The Doors di Oliver Stone, talmente ne assume gli atteggiamenti e le espressioni.
Infatti dichiara: “devo sperimentare l'eccesso per sentirmi vivo!”.
Dunmore, scova nei meandri della letteratura Inglese questa figura “attualissima” e ne fa il ritratto della decadenza. Crea un film stilisticamente molto valido, la cinepresa gira attorno agli attori e sembra quasi respirargli attorno, ne inquadra e ne scruta i volti, realisticamente sporchi e non curati, come dovevano essere i volti nel Seicento. Splendido è il ritratto della Londra invasa dal fango, dalla povertà, dalla nebbia e dai topi.
Grandissime sono le scene del Prologo, nel quale Wilmot dichiara di non “voler piacere” e dell'Epilogo, nel quale Wilmot si domanda se alla fine della sua esperienza piaccia o meno ai suoi lettori.
Il punto più alto del film, stilisticamente parlando, a mio avviso è toccato nella scena visionaria che si svolge in St.James's Park, dove Wilmot, ubriaco, vaga fra la nebbia e assiste a scene di sesso collettivo, nella Londra “liberata” dalla schiavitù del Puritanesimo.
Unica pecca del film è probabilmente il ritmo, che risulta un po' lento, nonostante alcuni picchi di brillantezza.
Relegato ai margini della letteratura Inglese del Seicento, John Wilmot è rappresentato nel film dell'esordiente Dunmore come un Jim Morrison seicentesco, dedito all'alcool e malato di sifilide (afferma di aver passato 5 anni di fila senza essere mai sobrio).
Il “libertino” Wilmot è un revolté, anticipa di circa un paio di secoli la tendenza di moda alla fine dell'Ottocento, nella Francia “bohemienne” di Baudelaire e di Rimbaud. Peraltro, nel suo “essere fuori dagli schemi” lascia intendere ad un certo punto del film di “essere pronto a sperimentare” a tal punto da dimostrare anche un neppur troppo velato complesso edipico. L'ottimo Johnny Depp, in alcuni momenti sembra ricalcare addirittura il ritratto che Val Kilmer ha fatto di Morrison nel film The Doors di Oliver Stone, talmente ne assume gli atteggiamenti e le espressioni.
Infatti dichiara: “devo sperimentare l'eccesso per sentirmi vivo!”.
Dunmore, scova nei meandri della letteratura Inglese questa figura “attualissima” e ne fa il ritratto della decadenza. Crea un film stilisticamente molto valido, la cinepresa gira attorno agli attori e sembra quasi respirargli attorno, ne inquadra e ne scruta i volti, realisticamente sporchi e non curati, come dovevano essere i volti nel Seicento. Splendido è il ritratto della Londra invasa dal fango, dalla povertà, dalla nebbia e dai topi.
Grandissime sono le scene del Prologo, nel quale Wilmot dichiara di non “voler piacere” e dell'Epilogo, nel quale Wilmot si domanda se alla fine della sua esperienza piaccia o meno ai suoi lettori.
Il punto più alto del film, stilisticamente parlando, a mio avviso è toccato nella scena visionaria che si svolge in St.James's Park, dove Wilmot, ubriaco, vaga fra la nebbia e assiste a scene di sesso collettivo, nella Londra “liberata” dalla schiavitù del Puritanesimo.
Unica pecca del film è probabilmente il ritmo, che risulta un po' lento, nonostante alcuni picchi di brillantezza.
Messaggio del 09-02-2006 alle ore 10:30:56
brava nduvinato
brava nduvinato
Messaggio del 09-02-2006 alle ore 10:05:35
ciammamida ???
sta per ciammaica???
ciammamida ???
sta per ciammaica???
Messaggio del 08-02-2006 alle ore 17:40:45
ciammamida
ciammamida
Messaggio del 08-02-2006 alle ore 17:39:47
non avrei saputo pensare ad un attore più adatto di johnny depp per il ruolo descritto!!!!!
non avrei saputo pensare ad un attore più adatto di johnny depp per il ruolo descritto!!!!!
Messaggio del 08-02-2006 alle ore 17:33:17
LINK CORRELATI
Scandaloso Johnny Depp
paladino della libertà sessuale
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Ascesa e decadenza del conte di Rochester, alla corte di Carlo II
Scandaloso Johnny Depp
paladino della libertà sessuale
L'attore nei panni di una sorta di rockstar ante litteram, tra alcol
erotismo e poemi scurrili. E poi lo rivedremo pirata caraibico...
di CLAUDIA MORGOGLIONE
Johnny Depp nel film
ROMA - Scandaloso, provocatorio, eccessivo. E bello, molto bello, visto che a incarnarlo, sullo schermo, è un divo affascinante come Johnny Depp. Arriva nelle nostre sale uno dei più celebri seduttori di tutti i tempi: il conte di Rochester, l'uomo che nella seconda metà del Seicento, in Inghilterra, celebrò la libertà sessuale, la scurrilità (nella vita e in letteratura), la passione fisica. Prima di finire - come una sorta di John Belushi, di Jim Morrison dell'epoca - vittima delle sue stesse abitudini: l'alcol, la sifilide.
La pellicola in questione si chiama Libertine, è diretta dall'esordiente Laurence Dunmore, e arriva venerdì nelle nostre sale con distribuzione Mediafilm. Una storia in costume, dai risvolti un po' boccacceschi, che si inserisce in un filone ben preciso: quello, per intenderci, che annovera opere come Le relazioni pericolose o Sade.
La differenza è che qui tutta la carica vitalistica e libertina della vicenda si concentra sul personaggio principale: il conte che durante la Restaurazione - il regno di Carlo II, che seguì il periodo puritano - incarnò, più di ogni altro, la voglia di trasgressione della società londinese. Dopo la repressione dei costumi del regime precedente.
E infatti è lo stesso sovrano (interpretato da John Malkovich) a proteggere Rochester, a perdonargli ogni marachella piccola e grande: dai poemi scurrili che mettono alla berlina proprio lui, il re, fino al rapimento della fanciulla che poi diventa sua moglie. Questo perché Carlo II coltiva progetti ambiziosi: vuole che il suo amico libertino diventi quello che Shakespeare fu per Elisabetta I. Che scriva, grazie al suo indubbio talento, un'opera letteraria immortale.
Ma il conte non ha affatto voglia di mettere nero su bianco un poema così "istituzionale". Anche perché ha trovato un passatempo che lo stimola di più: si è invaghito di un'attrice in apparenza mediocre (Samantha Morton), ed è deciso a trasformarla in una grande diva del palcoscenico. E in effetti la giovane donna, che nel frattempo è diventata la sua amante, col suo aiuto riesce a sfondare.
Proprio nel momento del trionfo, però, arriva la decadenza. Vittima delle sue pulsioni eccessive e delle sue tendenze autodistruttive, schiavo dell'alcol e tormentato dalla sifilide, il nostro eroe - sempre più dark, sfigurato dalla malattia - finisce per perdere il controllo, per lasciarsi andare. Anche se prima di morire si concederà un ultimo "bel gesto".
Insomma, davvero una sorta di rockstar della Restaurazione. Un personaggio fatto apposta per sembrare carismatico: "Io non ho nessuna intenzione di piacervi e non vi piacerò", dice guardando dritto la telecamera, a inizio film. Ma si capisce che poi tutto il resto della storia è costruito per farci stare dalla sua parte: la moglie è di un'ingenuità sconcertante, l'amante in fondo un'approfittatrice, il re un uomo senza troppo polso.
Se riesca o meno, a far appassionare alle sue vicende, lo decideranno gli spettatori. Per un'opera approdata al cinema grazie alla determinazione di John Malkovich: l'attore infatti ha intepretato Rochester in una piéce teatrale. E ha convinto l'autore della commedia, Stephen Jeffreys, a trarne una sceneggiatura. Sullo schermo, però, Malkovich non poteva certo incarnare un uomo morto a soli 33 anni. E allora ecco scritturato un divo bello (nonché ex maledetto nella vita ): Johnny Depp, reduce dai successi di Neverland e della Fabbrica di cioccolato. E pronto a invadere gli schermi di mezzo mondo, nel ruolo di pirata caraibico, nel sequel della Maledizione della prima luna: il debutto a luglio, nei cinema degli Stati Uniti
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Ascesa e decadenza del conte di Rochester, alla corte di Carlo II
Scandaloso Johnny Depp
paladino della libertà sessuale
L'attore nei panni di una sorta di rockstar ante litteram, tra alcol
erotismo e poemi scurrili. E poi lo rivedremo pirata caraibico...
di CLAUDIA MORGOGLIONE
Johnny Depp nel film
ROMA - Scandaloso, provocatorio, eccessivo. E bello, molto bello, visto che a incarnarlo, sullo schermo, è un divo affascinante come Johnny Depp. Arriva nelle nostre sale uno dei più celebri seduttori di tutti i tempi: il conte di Rochester, l'uomo che nella seconda metà del Seicento, in Inghilterra, celebrò la libertà sessuale, la scurrilità (nella vita e in letteratura), la passione fisica. Prima di finire - come una sorta di John Belushi, di Jim Morrison dell'epoca - vittima delle sue stesse abitudini: l'alcol, la sifilide.
La pellicola in questione si chiama Libertine, è diretta dall'esordiente Laurence Dunmore, e arriva venerdì nelle nostre sale con distribuzione Mediafilm. Una storia in costume, dai risvolti un po' boccacceschi, che si inserisce in un filone ben preciso: quello, per intenderci, che annovera opere come Le relazioni pericolose o Sade.
La differenza è che qui tutta la carica vitalistica e libertina della vicenda si concentra sul personaggio principale: il conte che durante la Restaurazione - il regno di Carlo II, che seguì il periodo puritano - incarnò, più di ogni altro, la voglia di trasgressione della società londinese. Dopo la repressione dei costumi del regime precedente.
E infatti è lo stesso sovrano (interpretato da John Malkovich) a proteggere Rochester, a perdonargli ogni marachella piccola e grande: dai poemi scurrili che mettono alla berlina proprio lui, il re, fino al rapimento della fanciulla che poi diventa sua moglie. Questo perché Carlo II coltiva progetti ambiziosi: vuole che il suo amico libertino diventi quello che Shakespeare fu per Elisabetta I. Che scriva, grazie al suo indubbio talento, un'opera letteraria immortale.
Ma il conte non ha affatto voglia di mettere nero su bianco un poema così "istituzionale". Anche perché ha trovato un passatempo che lo stimola di più: si è invaghito di un'attrice in apparenza mediocre (Samantha Morton), ed è deciso a trasformarla in una grande diva del palcoscenico. E in effetti la giovane donna, che nel frattempo è diventata la sua amante, col suo aiuto riesce a sfondare.
Proprio nel momento del trionfo, però, arriva la decadenza. Vittima delle sue pulsioni eccessive e delle sue tendenze autodistruttive, schiavo dell'alcol e tormentato dalla sifilide, il nostro eroe - sempre più dark, sfigurato dalla malattia - finisce per perdere il controllo, per lasciarsi andare. Anche se prima di morire si concederà un ultimo "bel gesto".
Insomma, davvero una sorta di rockstar della Restaurazione. Un personaggio fatto apposta per sembrare carismatico: "Io non ho nessuna intenzione di piacervi e non vi piacerò", dice guardando dritto la telecamera, a inizio film. Ma si capisce che poi tutto il resto della storia è costruito per farci stare dalla sua parte: la moglie è di un'ingenuità sconcertante, l'amante in fondo un'approfittatrice, il re un uomo senza troppo polso.
Se riesca o meno, a far appassionare alle sue vicende, lo decideranno gli spettatori. Per un'opera approdata al cinema grazie alla determinazione di John Malkovich: l'attore infatti ha intepretato Rochester in una piéce teatrale. E ha convinto l'autore della commedia, Stephen Jeffreys, a trarne una sceneggiatura. Sullo schermo, però, Malkovich non poteva certo incarnare un uomo morto a soli 33 anni. E allora ecco scritturato un divo bello (nonché ex maledetto nella vita ): Johnny Depp, reduce dai successi di Neverland e della Fabbrica di cioccolato. E pronto a invadere gli schermi di mezzo mondo, nel ruolo di pirata caraibico, nel sequel della Maledizione della prima luna: il debutto a luglio, nei cinema degli Stati Uniti
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