Cultura & Attualità

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Messaggio del 28-10-2008 alle ore 11:55:55
La fabbrica dei docenti

di Francesco Giavazzi

La situazione nelle nostre università è paradossale. Studenti e professori protestano contro una riforma che non esiste; il ministro, preoccupato dalle proteste, non si decide a spiegare quel che intende fare per riformare l'università. L'unica certezza è che nei prossimi mesi si svolgeranno nuovi concorsi per 2.000 posti di ricercatore e 4.000 posti di professore ordinario e associato, ai quali seguiranno, entro breve, altri 1.000 posti di ricercatore. In tutto 7.000 posti, più del dieci per cento dei docenti oggi di ruolo.

I 4.000 posti di professore saranno semplicemente promozioni di persone che sono dentro l'università. Le promozioni avverranno secondo le vecchie regole, cioè con concorsi finti. E' assolutamente inutile che un giovane ricercatore che consegue il dottorato a Chicago o a Heidelberg faccia domanda: di ciascun concorso già si conosce il vincitore. I 3.000 concorsi per ricercatore assicureranno un posto a vita ad altrettanti dottorandi che lamentano la loro condizione di precari. In tutte le università del mondo ad un certo punto si ottiene un posto a vita, ma ciò avviene solo dopo aver dimostrato ripetutamente di saper conseguire risultati nella ricerca.

Qui invece si chiede la stabilizzazione per decreto senza neppure che sia necessario aver conseguito il dottorato. Il ministro ha ereditato questi concorsi dal suo predecessore e non pare aver la forza per cambiarli e assegnare i posti secondo criteri di merito piuttosto che di fedeltà. Gli studenti ignorano tutto ciò e sembrano non capire l'importanza di meccanismi di selezione rigorosi, in assenza dei quali le università che frequentano vendono favole. In quanto ai professori, buoni, buoni, zitti, zitti. Se questi concorsi andranno in porto ogni discussione sulla riforma dell'università sarà d'ora in poi vana: per dieci anni non ci sarà più posto per nessuno e ai nostri studenti migliori non rimarrà altra via che l'emigrazione.

La legge finanziaria dispone un taglio ai fondi all'università che è significativo, ma non drammatico: in media il 3% l'anno (1,4 miliardi in 5 anni su una spesa complessiva di circa 10 miliardi l'anno). Si parte da tagli quasi nulli nel 2009, mentre poi le riduzioni diverranno via via crescenti per raggiungere la media del 3% nell' arco di un quinquennio. Il taglio non è terribile, anche considerando che la stessa Conferenza dei rettori ammette che in Italia la spesa per studente è più alta che in Francia e in Gran Bretagna. Comunque reperire risorse è sempre possibile: ad esempio, si potrebbero cancellare le regole sull' età di pensionamento approvate dal governo Prodi, ritornare alla legge Maroni e investire i denari così risparmiati nella ricerca e nell'università. Né mi parrebbe osceno far pagare tasse universitarie più elevate alle famiglie ricche e usare il ricavo in parte per compensare i tagli, in parte per finanziare borse di studio per i più poveri.

Come spiega Roberto Perotti in un libro che chiunque si occupa dell'università dovrebbe leggere («L'università truccata», Einaudi, 2008) tasse uguali per tutti sono un modo per trasferire reddito dai poveri ai ricchi. I dati dell'indagine sulle famiglie della Banca d'Italia, citati da Perotti, mostrano che il 24% degli studenti universitari proviene dal 20% più ricco delle famiglie; solo l'8% proviene dal 20% più povero. Nel Sud la disparità è ancora più ampia: 28% contro 4%. Il ministro Gelmini afferma che il suo modello è Barack Obama: forse il ministro non sa quanto costa a una famiglia americana mandare il figlio in una buona università. In una delle migliori, il Massachusetts Institute of Technology, la frequenza costa 50.100 dollari l'anno (40.000 euro), ma il 64% degli studenti che frequentano il primo livello di laurea riceve una borsa di studio.
Messaggio del 28-10-2008 alle ore 12:25:57
io ne penso che non ho nessun cazzo di voglia di leggerlo, così come credo, dal numero esorbitante di interventi, che ugualmente non ne abbia un cazzo di nessun altro utente.

se hai voglia di passare il tempo, mettiti a fare la calza o il merletto.

lascia le questioni serie a persone serie, della mia stregua.

Messaggio del 28-10-2008 alle ore 12:27:30
io aspetto qualche commento sinistro
Messaggio del 28-10-2008 alle ore 13:52:46
che strano, i sinistri si astengono
Messaggio del 28-10-2008 alle ore 13:55:02
mavaff..

forcaioli...

Vanno bene di questo tenore, oppure parliamo di qualcosa di serio?
Messaggio del 28-10-2008 alle ore 13:57:50
Vuoi un commento sinistro?

Eccoti accontentato.

Da An a Rifondazione e Cgil: l'abitudine di cavalcare i malumori della scuola
La caccia bipartisan ai consensi facili
Destra-sinistra, 9 anni fa l'alleanza contro Berlinguer. E Fini inneggiava alla piazza

Dilaga la rivolta nelle scuole? Tutti voti guadagnati. La battuta non è di Walter Veltroni, Antonio Di Pietro o Paolo Ferrero. La battuta è di Gianfranco Fini. E fu fatta in occasione dell'ultimo grande "incendio" scolastico prima dell'attuale. Quello scoppiato nel 2000 contro la svolta meritocratica tentata da Luigi Berlinguer. Disse proprio così, come ricorda una notizia Ansa, l'allora presidente di Alleanza Nazionale: «Dovrei ringraziare la Bindi e il suo collega Berlinguer, perché da medici e insegnanti verrà un consenso nuovo e fresco al Polo». E non si trattava di una strambata estemporanea. Il giorno in cui i professori ribelli erano calati a Roma «per dire no al concorso per gli aumenti di merito», il primo a portare la sua solidarietà ai manifestanti era stato lui, l'attuale presidente della Camera. Opinione solitaria? Per niente: l'onda dei contestatori, allora, fu cavalcata (fatta eccezione per la Lega, che non aveva ancora ricucito del tutto col Polo e preferì una posizione più defilata) da tutta la destra. Dall'inizio alla fine. Lascia quindi sbalorditi sentire oggi Mariastella Gelmini dire che «il disastro dell'istruzione in Italia è figlio delle logiche culturali della sinistra contro il merito e la competitività », che «per decenni scuola e università sono state usate come distributori di posti di lavoro, di clientele e magari di illusioni » e che la sola sinistra ha la responsabilità d'avere seminato «l'illusione che lo Stato possa provvedere a dare posti fissi in modo indipendente dalla situazione economica e dal debito pubblico».

Sia chiaro: la sinistra e il sindacato hanno responsabilità enormi, nel degrado non solo della scuola e dell'università, ma dell'intera macchina pubblica italiana. Fin dai tempi in cui lo psiuppino Lucio Libertini teorizzava che «l'attivo della bilancia dei pagamenti e la consistenza delle riserve non sono dati positivi in assoluto» e il segretario comunista Luigi Longo tuonava che «non è lecito al governo trincerarsi dietro le difficoltà finanziarie ». La caricatura feticista del garantismo che ha permesso di restare in cattedra a professori che insegnano voltando le spalle agli alunni o sono stati condannati per essersi fregati i soldi delle gite scolastiche è frutto di una deriva sindacalese. E così la nascita delle «scodellatrici » che devono dar da mangiare ai bambini perché «non spetta» alle bidelle. E tante altre cose inaccettabili. Che la situazione sia tutta colpa della sinistra e solo della sinistra, però, è falso. E lo scaricabarile, oltre a essere indecoroso, impedisce a una destra moderna di fare i conti fino in fondo con la storia, con i problemi del Paese e con se stessa. Perché forse è una forzatura polemica quella di Enrico Panini, segretario nazionale Cgil-scuola, quando dice che i precari «erano il serbatoio e lo spasso della Dc».

Ma le sanatorie per i professori non le ha inventate la sinistra: la prima porta la firma di Vittorio Emanuele II nel 1859. «In eccezione alla regola del concorso... ». Hanno radici profonde, i mali della nostra scuola: «Dal 1860 ci sono stati 33 ministri della Pubblica Istruzione, ciascuno desideroso di distinguersi rovesciando l'opera del predecessore. Il danaro è stato lesinato; e lo Stato e i Comuni, prodighi in ogni altra cosa, hanno fatta economia nel più fruttifero degl'investimenti nazionali», scrivevano nel 1901 H. Bolton King e Thomas Okey nel libro L'Italia di oggi. Cosa c'entra la sinistra se perfino Giovanni Gentile, del quale gli stessi antifascisti più antifascisti riconoscono la statura, durò come ministro della Pubblica istruzione solo una ventina di mesi? Se addirittura Benito Mussolini fu costretto a cambiare in quel ruolo più ministri di quanti allenatori abbia cambiato Maurizio Zamparini? Se la Dc per mezzo secolo ha mollato quel ministero-chiave solo rarissime volte e mai a un uomo di sinistra? Se la sanatoria più massiccia fu voluta dalla democristiana Franca Falcucci che nel 1982 propose alle Camere di inquadrare nel ruolo i precari della scuola e a chi le chiese quanto sarebbe costata rispose 31 miliardi e 200 milioni di lire l'anno, cifra che si sarebbe rivelata presto 53 volte più bassa del reale?

La verità è che sulla scuola, il precariato, il mito clientelare del posto pubblico hanno giocato, per motivi di bottega, praticamente tutti. E che l'egualitarismo insensato di un pezzo della sinistra e del sindacato si è saldato nei decenni col sistema clientelare democristiano e socialista, socialdemocratico e liberale e infine cuffariano e destrorso. Fino all'annientamento dell'idea stessa del merito. Annientamento condiviso per quieto vivere da tutti. Trasversalmente. L'ultima dimostrazione, come dicevamo, risale nella scuola a nove anni fa. Quando Luigi Berlinguer riuscì a recuperare 1.200 miliardi di lire per dare aumenti di merito ai professori più bravi: uno su cinque sarebbe stato premiato con 6 milioni lordi l'anno in più in busta paga. Uno su cinque era troppo poco? Può darsi. Dovevano essere definiti meglio i criteri? Può darsi. Il sistema dei quiz non era l'ideale? Può darsi. Ma l'obiettivo del ministro era chiaro: «Va introdotto il concetto di merito. Chi vale di più deve avere di più».

Fu fatto a pezzi. Dai sindacati e dalla "sua" sinistra, per cominciare. Basti ricordare il rifondarolo Giovanni Russo Spena («meglio distribuire i soldi a tutti e concedere a tutti un anno sabbatico a rotazione »), il verde Paolo Cento, la ministra cossuttiana Katia Bellillo («no alla selezione meritocratica dei docenti») o il leader dei Cobas Piero Vernocchi, deciso a far la guerra «contro ogni tipo di gerarchizzazione del sistema scolastico». Ma anche la destra cavalcò le proteste. Alla grande. Francesco Bevilacqua, di An, attaccò al Senato il ministro accusandolo di avere «stabilito per legge che il 20% dei docenti in Italia è bravo e che gli altri lo sono meno o non lo sono affatto ». Il suo camerata Fortunato Aloi sostenne alla Camera che quel «concorsaccio non poteva assolutamente non mortificare coloro i quali operano nel mondo della scuola» i quali avevano «giustamente mobilitato le piazze». Lo Snals, che certo non era un sindacato rosso, fu nettissimo. Punto uno: «Rifiuto di ogni forma di selezione fra gli insegnanti ». Punto due: «Riconoscimento della professionalità di tutti i docenti». E i primi ad appoggiare la lotta, con un documento che intimava al governo di «sospendere immediatamente il concorso», furono l'allora casiniano e oggi berlusconiano Carlo Giovanardi, la responsabile Scuola di An Angela Napoli e la responsabile Scuola di Forza Italia Valentina Aprea. La quale, vinta la battaglia contro il concorso meritocratico per i professori, ne scatenò subito un'altra sui dirigenti scolastici: «Sconfitto sul fronte dei docenti ora Berlinguer vuole prendersi una rivincita con i capi di istituto. I discutibili criteri di valutazione rimangono inalterati, con la conseguenza di creare il battaglione del 20% di super-presidi e conferendo la patente di mediocrità al restante 80%».

Parole inequivocabili. Dove non erano contestate solo le modalità ma l'idea stessa degli aumenti di merito che pure dovrebbe essere cara a chi si proclama liberale. Come sia finita, quella volta, si sa. Luigi Berlinguer fu costretto a rinunciare, dovette mollare la carica di ministro e il suo naufragio è stato la pietra tombale di ogni ipotesi meritocratica. E noi ci ritroviamo, dieci anni dopo, alle prese con gli stessi temi. Aggravati. Vale per la destra, vale per la sinistra. Le quali, come accusa uno studio di «Tuttoscuola » (www.tuttoscuola.com), non si fanno troppi scrupoli di cavalcare ciascuno la propria tigre anche «addomesticando » i numeri. Che senso ha? Come spiega il dossier della rivista di Giovanni Vinciguerra, «al nostro Paese serve un recupero di qualità del confronto politico e sociale in un momento di così profonda crisi del ruolo e della legittimazione sociale del sistema educativo nazionale, non guerre sui dati o sui grembiuli».

Gian Antonio Stella
28 ottobre 2008

Messaggio del 28-10-2008 alle ore 14:42:10
L' articolo non c'entra minimamente con il contenuto del decreto Tremonti-Gelmini.


Che cavolo c'entra l'articolo del "volenteroso" col fatto che il numero degli studenti per classe verrà portato a 35 unità alle superiori?

Cosa c'entra col fatto che saranno chiuse le scuole di montagna o dei piccoli plessi e che i sindaci dovranno provvedere al trasporto degli alunni presso le sedi più vicine, facendo ricadere le spese sulle famiglie e facendo sopportare ogni genere di disagio ai bambini?

Cosa c'entra l'articolo del "bocconiano" col fatto che tutti i curricoli saranno ridotti a 30 ore o 24, cancellando, di fatto, ogni sperimentazione nelle scuole e facendo fare un passo di 50 anni indietro alla didattica?

Il "volenteroso" non ha mai capito un cazzo di economia (come va predicando il Foglio da diverso tempo) e adesso vorrebbe fare la "primadonna" anche in campo scolastico.

Non capisce ( o forse il "vanesio" l'ha capito molto bene) che lo scopo principale di quella che viene propugnata come una riforma dell'istruzione è, in realtà, attuare una manovra meramente economica.

La parola d'ordine è di Tremonti e recita: "tagliare, tagliare, tagliare".

Per chi non crede, il mio invito è la lettura della 133.








Messaggio del 28-10-2008 alle ore 19:24:17
Gl'italiani sono un popolo di asini. È asino Berlusconi, che ha la bocca larga quanto una cloaca; è asino Veltroni, che è falso più della notte senza luna; è falso Fini, che non fa altro che farsi i cazzi suoi; è falso D'Alema, che è un presuntuoso della madonna; è cafone Di Pietro, che meglio produrrebbe nella cava della breccia; è falso Casini che dice di essere cattolico e va a mignotte.
Tuttavia tutte queste persone ignobili sono molto migliori degli elettori che li hanno eletti. Governare gl'italiani non è solo difficile, è anche stupido.
Fa bene Phar Lap a non votare. Anche se trovassimo una decina di uomini politici eccezionali, chi dovrebbero governare? Un popolo di asini e mafiosi?
Messaggio del 28-10-2008 alle ore 19:52:13
Ecce asinus




Messaggio del 28-10-2008 alle ore 20:09:05
Tu in 40 anni non ti sei evoluto
Messaggio del 28-10-2008 alle ore 20:09:56
allora gli anglosassoni sono migliori?
Messaggio del 28-10-2008 alle ore 20:22:48
Con te gli argomenti diventano inutili




Messaggio del 28-10-2008 alle ore 21:54:07
Tu ragli
Messaggio del 28-10-2008 alle ore 22:16:57
Vatti a fare quattro figure a morra cinese




Messaggio del 29-10-2008 alle ore 08:23:55
Quote:
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Gl'italiani sono un popolo di asini. È asino Berlusconi, che ha la bocca larga quanto una cloaca; è asino Veltroni, che è falso più della notte senza luna; è falso Fini, che non fa altro che farsi i cazzi suoi; è falso D'Alema, che è un presuntuoso della madonna; è cafone Di Pietro, che meglio produrrebbe nella cava della breccia; è falso Casini che dice di essere cattolico e va a mignotte.
Tuttavia tutte queste persone ignobili sono molto migliori degli elettori che li hanno eletti. Governare gl'italiani non è solo difficile, è anche stupido.
Fa bene Phar Lap a non votare. Anche se trovassimo una decina di uomini politici eccezionali, chi dovrebbero governare? Un popolo di asini e mafiosi?
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Anch'io non sostengo nessuna razza....bravo Adonai....

Messaggio del 29-10-2008 alle ore 08:28:57
Maledetto edit

A livello nazionale, purtroppo, é così...cosa diversa é, se dovessimo individuare risorse locali, meritevoli di candidatura e soprattutto dargli tanta, tanta fiducia; 'ai più' sconosciuti, ma con un'enorme voglia di far del bene al territorio Frentano

At Salut.
Messaggio del 29-10-2008 alle ore 08:36:24
Cicero pro domo sua




Messaggio del 29-10-2008 alle ore 08:41:46
Ki, mi dispiace, ma chi ha il paraocchi sei proprio Tu

At Salut.

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