Cultura & Attualità
gli inglesi e il Polo Nord
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 05:43:59
...e mentre il Bel Paese, insieme a mezza Europa, affonda nella maglia euro-tedesca, c'è chi invece, prepara grandiosi progetti...
Polo Nord, il nuovo Eldorado del petrolio
i cambiamenti ambientali aprono nuove possibilità di sfruttamento
Profitti stimati in 100 miliardi di dollari tra gas e greggio nelle zone artiche
MILANO - Il trenta per cento delle riserve di gas del mondo, il 13% di quelle in petrolio. A tanto ammonta, secondo l’ente di studi geologici statunitense, il potenziale energetico dell’Artide. E sono dati che fanno gola in tempi di crisi. Al polo Nord infatti i profitti stimati dai Llyod’s di Londra in collaborazione con Chatham House, think tank britannico, «arriverebbero a superare i 100 miliardi di dollari,» come recita Arctic Opening: Opportunity and Risk in the High North, documento pubblicato dai ricercatori inglesi.
IL PROGETTO - Secondo lo studio, l’intera area sarà interessata da enormi cambiamenti ambientali in grado di aprire nuove possibilità per la creazione di infrastrutture e per l’estrazione delle materie prime. «Le nuove tecnologie e il cambiamento climatico apriranno l’accesso a nuove aree della zona artica, in particolare lungo quelle coste che interessano alle aziende petrolifere ed energetiche e alle compagnie navali», spiega Charles Emmerson, ricercatore presso Chatham House e autore della ricerca. Ma se l’obiettivo finale è quello di fare dell’Artide una novella Arabia Saudita o una sorta di canale panamense del nord, i tempi non sono ancora maturi. «Sicuramente il polo Nord è divenuto nel tempo meta per numerose compagnie che stanno cercando il modo migliore per estrarre petrolio dai ghiacci, ma i costi e i rischi ambientali sono ancora molto alti».
I RISCHI - E su questo punto gli inglesi sono cristallini: se qualcosa in Artide andasse storto, i danni sarebbero così gravi da far dimenticare la tragedia del Golfo del Messico. «Un incidente o una fuoriuscita di petrolio sarebbero devastanti sia per l’ambiente sia per la popolazione», afferma Emmerson. Rimane quindi necessario per le aziende investire in ricerca e sviluppare (sempre che sia possibile) tutti i mezzi necessari per contenere e diminuire il rischio. Fattibile? Dipenderà, dicono da Londra. «Non possiamo pensare di fare sviluppo sostenibile in una zona come l’Artide in dieci o vent'anni. Dobbiamo avere la pazienza di attendere. Sappiamo quali possibilità abbiamo, ma non possiamo rischiare. Anche a costo di aspettare un secolo» conclude il ricercatore. E ci sono zone dell’Artide dove i primi effetti della corsa al petrolio si sono fatti sentire, denunciati da Greenpeace. A marzo 2012 infatti, una spedizione di ricercatori dell'organizzazione ambientalista ha raccolto numerose testimonianze e immagini nella zona di Noyabrsk, località dell’Artide siberiana, dove Gazprom e Rosneft hanno stabilito alcuni siti per l’estrazione di petrolio.
LE DENUNCE - «Abbiamo raccolto dichiarazioni degli abitanti,» spiega Zhenya Belyakova di Greenpeace Russia «che raccontano l’enorme disparità tra le compensazioni economiche dovute dalle compagnie petrolifere per l’occupazione del suolo e i danni causati all’ambiente e alla comunità. Queste persone perdono terreni, perdono un’idea di futuro che non può essere monetizzata». Com’è accaduto a Vladimir Vello, allevatore locale che fino a cinque anni fa possedeva oltre 800 renne nella zona di Gubkinsky. «Ora invece ne abbiamo solamente 80-100, perché molte sono state abbattute proprio dai lavoratori delle aziende petrolifere. Ma nessuno di loro è mai stato punito per questo». Si aggiungono poi le problematiche legate ai terreni e ai corsi d’acqua, dove molti abitanti andavano a pescare e che «erano sempre ricchi di pesce. Oggi sono bloccati per via delle aziende petrolifere, che non hanno consultato la popolazione per capire dove costruire gli impianti di perforazione».
I MILITARI - E proprio dalla Russia è partita la seconda tendenza che negli ultimi mesi si sta delineando in Artide: l’aumento della presenza militare. Con un terzo della superficie nel circolo polare artico, la nazione di Putin si è fatta via via strada per la conquista delle zone ad alto tasso di petrolio e gas, come ha scritto in un recente studio Rob Huebert, direttore del centro di studi militari dell’università di Calgary. Secondo le ricerche pubblicate dal centro canadese, gli accordi stabiliti dal 1996 tra i Paesi del Consiglio artico (Svezia, Finlandia, Islanda, Canada, Danimarca, Norvegia, Russia e Stati Uniti) sono ancora stabili, ma queste nazioni stanno provvedendo a spostare un numero crescente di forze militari in Artide, a difesa di risorse energetiche così importanti. Come se non bastasse, anche la Cina ha fatto capolino all’ultima assemblea del consiglio, su invito della Svezia, che la vorrebbe osservatore permanente. Nell’area artica continuano esercitazioni specifiche per il combattimento tra i ghiacci e la difesa da attacchi terroristici, ma, per fortuna, analisti accreditati come i ricercatori del Sipri (International Peace Research Institute) di Stoccolma, hanno lanciato messaggi più rassicuranti: «È vero che c’è una crescita delle forze militari in Artide, ma siamo ancora lontani da una vera e propria destabilizzazione dell’area», ha dichiarato Siemon Wezeman, ricercatore presso l’istituto.
Chiara Caprio 10 maggio 2012
fonte
...
dopo aver saccheggiato mari, montagne, terre e sabbie, giustamente non restava altro che i ghiacci...
...e mentre il Bel Paese, insieme a mezza Europa, affonda nella maglia euro-tedesca, c'è chi invece, prepara grandiosi progetti...
Polo Nord, il nuovo Eldorado del petrolio
i cambiamenti ambientali aprono nuove possibilità di sfruttamento
Profitti stimati in 100 miliardi di dollari tra gas e greggio nelle zone artiche
MILANO - Il trenta per cento delle riserve di gas del mondo, il 13% di quelle in petrolio. A tanto ammonta, secondo l’ente di studi geologici statunitense, il potenziale energetico dell’Artide. E sono dati che fanno gola in tempi di crisi. Al polo Nord infatti i profitti stimati dai Llyod’s di Londra in collaborazione con Chatham House, think tank britannico, «arriverebbero a superare i 100 miliardi di dollari,» come recita Arctic Opening: Opportunity and Risk in the High North, documento pubblicato dai ricercatori inglesi.
IL PROGETTO - Secondo lo studio, l’intera area sarà interessata da enormi cambiamenti ambientali in grado di aprire nuove possibilità per la creazione di infrastrutture e per l’estrazione delle materie prime. «Le nuove tecnologie e il cambiamento climatico apriranno l’accesso a nuove aree della zona artica, in particolare lungo quelle coste che interessano alle aziende petrolifere ed energetiche e alle compagnie navali», spiega Charles Emmerson, ricercatore presso Chatham House e autore della ricerca. Ma se l’obiettivo finale è quello di fare dell’Artide una novella Arabia Saudita o una sorta di canale panamense del nord, i tempi non sono ancora maturi. «Sicuramente il polo Nord è divenuto nel tempo meta per numerose compagnie che stanno cercando il modo migliore per estrarre petrolio dai ghiacci, ma i costi e i rischi ambientali sono ancora molto alti».
I RISCHI - E su questo punto gli inglesi sono cristallini: se qualcosa in Artide andasse storto, i danni sarebbero così gravi da far dimenticare la tragedia del Golfo del Messico. «Un incidente o una fuoriuscita di petrolio sarebbero devastanti sia per l’ambiente sia per la popolazione», afferma Emmerson. Rimane quindi necessario per le aziende investire in ricerca e sviluppare (sempre che sia possibile) tutti i mezzi necessari per contenere e diminuire il rischio. Fattibile? Dipenderà, dicono da Londra. «Non possiamo pensare di fare sviluppo sostenibile in una zona come l’Artide in dieci o vent'anni. Dobbiamo avere la pazienza di attendere. Sappiamo quali possibilità abbiamo, ma non possiamo rischiare. Anche a costo di aspettare un secolo» conclude il ricercatore. E ci sono zone dell’Artide dove i primi effetti della corsa al petrolio si sono fatti sentire, denunciati da Greenpeace. A marzo 2012 infatti, una spedizione di ricercatori dell'organizzazione ambientalista ha raccolto numerose testimonianze e immagini nella zona di Noyabrsk, località dell’Artide siberiana, dove Gazprom e Rosneft hanno stabilito alcuni siti per l’estrazione di petrolio.
LE DENUNCE - «Abbiamo raccolto dichiarazioni degli abitanti,» spiega Zhenya Belyakova di Greenpeace Russia «che raccontano l’enorme disparità tra le compensazioni economiche dovute dalle compagnie petrolifere per l’occupazione del suolo e i danni causati all’ambiente e alla comunità. Queste persone perdono terreni, perdono un’idea di futuro che non può essere monetizzata». Com’è accaduto a Vladimir Vello, allevatore locale che fino a cinque anni fa possedeva oltre 800 renne nella zona di Gubkinsky. «Ora invece ne abbiamo solamente 80-100, perché molte sono state abbattute proprio dai lavoratori delle aziende petrolifere. Ma nessuno di loro è mai stato punito per questo». Si aggiungono poi le problematiche legate ai terreni e ai corsi d’acqua, dove molti abitanti andavano a pescare e che «erano sempre ricchi di pesce. Oggi sono bloccati per via delle aziende petrolifere, che non hanno consultato la popolazione per capire dove costruire gli impianti di perforazione».
I MILITARI - E proprio dalla Russia è partita la seconda tendenza che negli ultimi mesi si sta delineando in Artide: l’aumento della presenza militare. Con un terzo della superficie nel circolo polare artico, la nazione di Putin si è fatta via via strada per la conquista delle zone ad alto tasso di petrolio e gas, come ha scritto in un recente studio Rob Huebert, direttore del centro di studi militari dell’università di Calgary. Secondo le ricerche pubblicate dal centro canadese, gli accordi stabiliti dal 1996 tra i Paesi del Consiglio artico (Svezia, Finlandia, Islanda, Canada, Danimarca, Norvegia, Russia e Stati Uniti) sono ancora stabili, ma queste nazioni stanno provvedendo a spostare un numero crescente di forze militari in Artide, a difesa di risorse energetiche così importanti. Come se non bastasse, anche la Cina ha fatto capolino all’ultima assemblea del consiglio, su invito della Svezia, che la vorrebbe osservatore permanente. Nell’area artica continuano esercitazioni specifiche per il combattimento tra i ghiacci e la difesa da attacchi terroristici, ma, per fortuna, analisti accreditati come i ricercatori del Sipri (International Peace Research Institute) di Stoccolma, hanno lanciato messaggi più rassicuranti: «È vero che c’è una crescita delle forze militari in Artide, ma siamo ancora lontani da una vera e propria destabilizzazione dell’area», ha dichiarato Siemon Wezeman, ricercatore presso l’istituto.
Chiara Caprio 10 maggio 2012
fonte
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dopo aver saccheggiato mari, montagne, terre e sabbie, giustamente non restava altro che i ghiacci...
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 06:01:46
non faranno in tempo a saccheggiare perchè prima dell'uomo sarà la natura a ribellarsi
non faranno in tempo a saccheggiare perchè prima dell'uomo sarà la natura a ribellarsi
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 07:17:47
lo credo anch'io.
prima che qualcuno mi faccia notare che gli inglesi non c'entrano niente, che sono i russi, gli scandinavi e gli americani, è chiaro già da ora che metteranno lo zampino anche loro, soprattutto anche loro...
ma si trivellate, devastate e saccheggiate anche il Polo Nord, cacciate via le popolazioni locali. evidentemente hanno un piano di fuga su di un'altro pianeta e non ne siamo a conoscenza.
lo credo anch'io.
prima che qualcuno mi faccia notare che gli inglesi non c'entrano niente, che sono i russi, gli scandinavi e gli americani, è chiaro già da ora che metteranno lo zampino anche loro, soprattutto anche loro...
ma si trivellate, devastate e saccheggiate anche il Polo Nord, cacciate via le popolazioni locali. evidentemente hanno un piano di fuga su di un'altro pianeta e non ne siamo a conoscenza.
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 08:47:20
loro decidono le mappe
loro decidono le mappe
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 09:03:42
Bene, si potrà tornare a coltivare grano e uva più a nord, come si faceva intorno all'anno mille
Bene, si potrà tornare a coltivare grano e uva più a nord, come si faceva intorno all'anno mille
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 09:17:45
lu sole è sempre quello
lu sole è sempre quello
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 09:26:19
ci fanno un'isola artifiale e se la compra elton john
ci fanno un'isola artifiale e se la compra elton john
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 11:07:23
...è un'altra provocazione alla Russia, come l'infiltrazione di bande armate e il finanziamento ai terroristi in Siria... almeno questa, per ora, non fa strage quotidiana di bambini,
come in Siria...
...è un'altra provocazione alla Russia, come l'infiltrazione di bande armate e il finanziamento ai terroristi in Siria... almeno questa, per ora, non fa strage quotidiana di bambini,
come in Siria...
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 20:39:18
mi sa che la Russia se nzi stanno attenti da qui un secolo le fa scumparì dalla faccia della Terra
mi sa che la Russia se nzi stanno attenti da qui un secolo le fa scumparì dalla faccia della Terra
Messaggio del 14-06-2012 alle ore 20:58:24
alla Libia ià rimaste angore caccose sci
alla Libia ià rimaste angore caccose sci
Messaggio del 15-06-2012 alle ore 03:25:47
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