Cultura & Attualità
Il ragazzo bello, ricco e sano...
Messaggio del 10-07-2011 alle ore 19:00:28
- Perché le ragazzine studiano quattroruote per vedere la quotazione delle macchine sulle quali viaggiamo?
- Perché guardano il ragazzo ben vestito, lindo e pulito?
- Perché lo preferiscono bello e sano, se poi si ammala più degli altri?
- Perché lo usano come se fosse una marionetta?
- Perché fanno un ampio uso di anticoncezionali?
- Chi li ha inventi questi anticoncezionali e perché?
Ecco le risposte a questi quesiti. Chi non ha tempo, non li legga, in modo tale che li ignorerà per sempre. A chi se li vuole leggere raccomando di andare prima da Marco per comprare una pizza bianca al prosciutto crudo (non al salmone che vi si mette sullo stomaco!) per poi tornare a casa e mangiarsela mentre si legge questo bellissimo articolo "finanziato" da Rockfeller, Ford e Standard Oil...
Buona lettura...
Il sogno di una razza migliore
Il Novecento si apre con l’affermarsi di una nuova dottrina, l’eugenetica, che rappresenta l’ulteriore sviluppo del darwinismo sociale, ovvero della teoria dell'evoluzionismo e della lotta per la sopravvivenza - grazie alla quale le razze più forti sopravvivono, alle più deboli - applicato al mondo degli uomini. Non a caso a coniare questo termine, già alla fine dell’Ottocento fu il britannico Francis Galton (1822-1911), cugino e discepolo di Charles Darwin (1809-1882). Galton si dedicò agli studi su ereditarietà e intelligenza, portando alle estreme conseguenze il pensiero darwiniano sulla selezione naturale. Secondo Darwin, infatti, gli uomini - come gli animali - tendono a riprodursi oltre i limiti fino a generare una lotta per la sopravvivenza, che vede vincitori i più forti e intelligenti, mentre le razze più deboli vengono lentamente spazzate via. Galton, poggiandosi anche sulla recente scoperta dell’ereditarietà dei geni, fa un passo ulteriore, si pone cioè la domanda se non sia il caso di “guidare” questa selezione in modo da migliorare la razza umana. Il pensiero è espresso molto chiaramente: «Se venisse speso in provvedimenti per il miglioramento della razza umana anche solo un ventesimo dei costi e dei sacrifici che si spendono per migliorare la razza dei cavalli e dei bovini, che galassia di genii potremmo creare! Potremmo introdurre nel mondo profeti e gran sacerdoti della civilizzazione così come ora possiamo moltiplicare gli idioti mettendo insieme i cretini. Uomini e donne della nostra epoca, rispetto a coloro che potremmo portare in vita, sono come i cani randagi che vagano per le strade di una città orientale rispetto alle nostre varietà (di cani) altamente selezionate» [1]. Galton, convinto dell’ereditarietà sia delle virtù sia dei vizi, pensa soprattutto a promuovere una eugenetica “positiva”, ovvero attraverso matrimoni selettivi privilegiando quelli tra gli elementi più intelligenti della società. Ma per far questo chiede che si attivino tutte le «agenzie per il controllo sociale con lo scopo di migliorare o indebolire le qualità razziali delle future generazioni, sia dal punto di vista fisico sia mentale» [2].
Galton teorizza anche l’inferiorità genetica di diverse razze, tra cui i neri e gli indiani d’America, e per garantire il proseguimento dei suoi studi fonda nel 1907 la Eugenics Education Society, che nei 1927 diviene più semplicemente la Eugenics Society (Società Eugenetica) e nel 1989 cambia ancora nome in Galton Institute. La Società Eugenetica aggrega molte personalità dell’epoca tra cui Lord William Henry Beveridge (1879-1963) - noto economista britannico che dal 1919 al 1937 è direttore della prestigiosa London School of Economics and Political Science - e John Maynard Keynes (1883-1946), certamente uno dei più influenti economisti del XX secolo.
Il passaggio dall’eugenetica “positiva” a quella “negativa” - cioè il divieto ai “deboli” di riprodursi - è breve e lo compie Leonard Darwin (1850-1943), figlio di Charles e successore di Galton alla guida della Società Eugenetica. Nel 1925 scrive un articolo per la «Eugenics Review» in cui teorizza la “segregazione”, destinata a separare i “sani” dagli “insani”, prevedendo di arrivare anche all’uso della forza per evitare il moltiplicarsi di geni “deboli”. È bene tenere presente che, all’epoca, queste non sono idee isolate, ma trovano vasto consenso nelle élite politiche del paese tanto che le troviamo anche all’origine del Partito Laburista [3].
Né il fenomeno rimane circoscritto alla sola Gran Bretagna. Al primo Congresso Internazionale di Eugenetica, tenuto nel 1912, partecipano delegati da Stati Uniti, India, Australia, Canada, Germania, Francia, Giappone, Mauritius, Kenya e Sudafrica. E certamente negli Stati Uniti il pensiero di Galton ha immediato impatto interpretando e interpretando le paure di molti bianchi che vedono minacciata la grande nazione americana dai rapidi cambiamenti economici e demografici (nei primi anni del Novecento c’è una forte immigrazione dall’Europa meridionale e orientale). Nel 1930 sono almeno una trentina gli stati americani dove sono in vigore leggi eugenetiche che autorizzano la sterilizzazione degli “insani”, ovvero criminali, epilettici, deficienti mentali, pervertiti sessuali e anche “non-bianchi”. La American Eugenics Society comunque viene ufficialmente istituita nei 1926 a opera di Harry Crampton, Harry H. Laughlin, Madison Grant, Henry Fairfield Osborn e nel giro di pochi mesi già può contare su oltre mille “selezionati” membri.
L’eugenetica incontra il femminismo
Tra questi troviamo Margaret Sanger (1883-1966), una dona che il settimanale «Time» - in una classifica stilata all’approssimarsi del 2000 - ha inserito tra i cento leader e rivoluzionari, più importanti del Novecento [4]. «La sua crociata per legalizzare il controllo delle nascite diede il via al movimento per la liberazione della donna», così la dipinge «Time» e nello stesso articolo viene citato lo storico e novellista H.G. Wells che nel 1931 scriveva: «Quando la storia della nostra civilizzazione sarà scritta, sarà una storia biologica, e Margaret Sanger sarà la sua eroina» [5]. Si tratta di due definizioni che danno l’idea di come eugenetica e femminismo radicale si siano fusi in Margaret Sanger, fondatrice prima della American Birth Control League (1916) e poi della International Planned Parenthood Federation (WI, 1952), organizzazione cresciuta al punto da essere oggi la principale partner (e ispiratrice) dell’UNFPA, il Fondo dell’ONU per la Popolazione. Per la Sanger, insomma, l’autodeterminazione della donna è un mezzo per controllare la selezione della razza. Infermiera, lavorando e promuovendo il controllo delle nascite nei quartieri poveri di New York si convince che il più grosso handicap dei poveri risieda nella loro eredità biologica. Da cui lo slogan lanciato nel 1919 dalle colonne della sua rivista «Birth Control Review»: «Più bambini dai sani, meno bambini dai deboli, questo è il principio del controllo delle nascite» [6]. Il suo entusiasmo eugenetico è testimoniato dal fatto che la troviamo membro della Eugenics Society sia americana sia britannica. Del resto basterebbe consultare i suoi numerosi scritti, in particolare i due libri Woman and the New Race (1920) e The Pivot of Civilization (1922). In quest’ultimo, per esempio, la Sanger se la prende con i “filantropi” che prestano assistenza gratuita alle donne povere incinte perché costringono «gli elementi più sani e più normali del mondo a prendersi il peso della fecondità irrazionale e indiscriminata degli altri... che porta con sé un peso morto di scarti umani. Invece di ridurre ed eliminare le specie che maggiormente compromettono l’avvenire e la razza del mondo, essi tendono a rendere queste specie pericolosamente dominanti» [7]. Nessuna sorpresa perciò se le cliniche per il controllo delle nascite (la prima fu fondata dalla Sanger nel 1916 e lo stesso termine “controllo delle nascite” è stato da lei coniato) si siano sviluppate quasi esclusivamente nelle zone povere delle grandi città occidentali e oggi continuano a moltiplicarsi nei paesi in via di sviluppo. Come afferma la stessa Sanger c’è il pericolo che «gli abitanti dei quartieri poveri, che si moltiplicano come conigli, debordino dai confini dei loro quartieri o dei loro paesi e trasmettano ai migliori elementi della società le loro malattie e i loro geni di qualità inferiore» [8]. In questo scenario che anticipa la letteratura catastrofista, si coglie la preoccupazioni comune all’élite wasp (White, Anglo-Saxon, Protestant) che domina la politica e l’economia americana e si sente minacciata dalla superiorità numerica delle classi più svantaggiate. Non a caso il movimento eugenetico e la Birth Control League vengono cospicuamente finanziate dai banchieri e dalle fondazioni anglossassoni [9], a cominciare da Rockefeller e Ford. E tutti insieme spingono verso la sterilizzazione forzata per gli “insani” e verso leggi restrittive in materia di immigrazione, essendo in forte crescita l’immigrazione dall’Europa meridionale e orientale e degli ebrei (una legge in questo senso fu effettivamente approvata nel 1924).
Vita parallela a Margaret Sanger è quella dell’inglese Mane Stopes (1880-198), che in Gran Bretagna segue lo stesso cammino. Fondatrice della prima clinica inglese per il controllo delle nascite (1920) e della Society for Constructive Birth Control and Racial Progress, scrive anche numerosi saggi su sesso e contraccezione presentandosi come la paladina del nuovo femminismo, ma soprattutto è una entusiasta sostenitrice del programma eugenetico al punto che disereda suo figlio Harry Stopes Roe per aver sposato una donna miope (il che costituisce una ereditarietà negativa). La Stopes, in linea con il movimento eugenetico internazionale, chiede ovviamente a gran voce l’applicazione della sterilizzazione forzata per tutte le categorie di “insani” [10]. Alla sua morte la Stopes lascia buona parte della sua eredità alla Eugenics Society che fonda la Marie Stopes Memorial Foundation e sostiene attivamente i programmi e le cliniche per il controllo delle nascite. Vale la pena ricordare che l’opera della femminista inglese continua anche con l’organizzazione Marie Stopes International, una delle più grandi promotrici dell’aborto nel mondo, e partner privilegiato della Commissione Europea, in particolare del Commissario per lo Sviluppo della UE [11].
L’ampio sostegno al nazismo
A proposito di sterilizzazione proprio pochi anni fa sono emersi documenti e testimonianze che dimostrano quanto in Europa fosse praticata negli anni ‘30 la sterilizzazione forzata per gli “insani”: handicappati, minorati mentali, ma anche analfabeti, miopi e così via. Il caso è scoppiato nell’estate del 1997 con rivelazioni riguardanti la Svezia, dove già nel 1922 il partito socialdemocratico aveva proposto provvedimenti eugenetici: ma la legge per la selezione della razza svedese entra in vigore effettivamente nel 1935 e - incredibilmente - viene abrogata soltanto nel 1976: in questo tempo tra le 60 e le 230 mila persone “con difetti generici” vengono: costrette a non avere figli [12]. A catena sono emerse altre rivelazioni su numerosi paesi del Nord e Centro Europa, ma anche dell’America e dell’Asia, che nello stesso periodo hanno applicato legislazioni analoghe [13].
In questo clima ben si capisce il favore con cui in Europa e America viene accolta l’ascesa del nazismo con i suoi esperimenti generici. E a dire il vero non si tratta soltanto di un giudizio benevolo, ma di fattiva collaborazione con gli architetti delle camere a gas. Non per niente i fondi della famiglia Rockefeller permettono al professore Ernst Rudin, psichiatra nazista e teorico delle leggi razziali di aprire a Monaco nel 1927 l’Istituto Kaiser Guglielmo per l’Antropologia, l’Eugenetica e la Genetica Umana. E nel Terzo Congresso Internazionale del Movimento Eugenetico (1932) si mettono a punto i programmi sulla razza e sulla popolazione che ci si aspetta veder realizzati dal movimento nazista [14]. Fino al 1940 la «Birth Control of Review» di Margaret Sanger ospita articoli che plaudono alle leggi naziste sulla sterilizzazione. Proprio un articolo di Ernst Rudin, in cui si chiede una crescente azione per “prevenire la moltiplicazione di cattive razze”, viene presentato con grande enfasi nel numero del 4 aprile 1933. Il titolo è significativo: Sterilizzazione eugenetica: un bisogno urgente.
Le complicità non si fermano qui: Hitler poteva contare anche sulla “benevolenza” di diversi leader politici europei per esempio Arthur Neville Chamberlain - che è primo ministro britannico alla vigilia della seconda guerra mondiale ed è ricordato per la sua politica arrendevole verso Hitler sfociata nell’Accordo di Monaco (1938) che apre la strada all’espansionismo nazista - è negli anni ‘30 membro della Eugenics Society; e della Società Eugenetica francese è membro Henri-Philippe Pétain, primo ministro “collaborazionista” a Parigi dopo la sconfitta subita dall’esercito francese nel 1940. Convinto eugenista è anche l’americano Charles Augustus Lindbergh, eroe del volo transatlantico e leadèr del movimento che si oppone all’ingresso degli Stati Uniti in guerra, sostenendo che essa avrebbe ucciso le persone sbagliate (cioè i figli della razza ariana).
Il catastrofismo come strategia
Il disastro della seconda guerra mondiale e la sconfitta del nazismo fanno ritenere finita l’era dell’eugenetica delle teorie sulla superiorità della razza e delle sterilizzazioni di massa, tanto è vero che oggi ben pochi sanno di cosa si tratti. In realtà così non è. Se in un primo momento si cerca di coprire gli imbarazzanti legami tra le società eugenetiche europee e americane con il nazismo, ben presto si ricompattano le fila per poi presentarsi con un nuovo volto. Un ruolo fondamentale in questo periodo è svolto dalla Fondazione Rockefeller il cui edificio diviene anche sede della Eugenics Society. Come dunque perseguire i soliti scopi evitando quella parola che tanto ricorda il nazismo? Applicando una «politica di cripto-eugenetica”, secondo l’espressione coniata da Carlos Paton Blacker, uno dei principali esponenti del movimento eugenetico britannico. Cosa vuol dire? Semplicemente che da ora in avanti saranno nascosti i veri obiettivi dietro scopi ben più accettabili. Eloquente a questo proposito è quanto afferma nel 1956 Frederick Osborn (1889- 1981), la figura più importante del movimento eugenetico americano del dopoguerra. In quell’anno, egli si trova in Inghilterra per tenere l’annuale conferenza (Galton Lecture) della Eugenics Society e il titolo dei suo intervento è “Galton re l’eugenetica a metà secolo”. Dice dunque Osborn: «...La parola eugenetica è caduta in disgrazia in alcuni ambienti. Ma io credo ancora nel sogno di Galton, così la maggior di voi. Dobbiamo dunque chiederci, dove abbiamo sbagliato? Io credo che abbiamo sottovalutato un tratto che è quasi universale e profondamente radicato in natura. Cioè le persone semplicemente non vogliono accettare che la base genetica che forma le loro caratteristiche è inferiore e non deve perciò essere ripetuta nella prossima generazione. Noi abbiamo chiesto a interi gruppi di persone di accettare questa idea e lo abbiamo chiesto anche a singoli individui. Loro hanno costantemente rifiutato.
La gente invece accetterà l’idea di uno specifico difetto ereditario. Andranno a una clinica per l’ereditarietà e chiederanno qual è il rischio di avere un bambino con qualche difetto. Calcoleranno il rischio rispetto alla possibilità di vere un bambino sano, e usciranno di solito con una sana decisione. Ma loro non accetteranno l’idea di essere di seconda classe. Perciò dobbiamo puntare su altre motivazioni.
A certe condizioni la gente avrà figli in rapporto alla propria capacità di prendersi cura di loro. Se si sentono economicamente sicuri, se sono contenti di assumersi responsabilità, se sono fisicamente forti e competenti, probabilmente avranno famiglie numerose, a patto di un significativo condizionamento psicologico verso questo scopo. Se invece non sono in grado di garantire il cibo ai propri figli, se hanno paura delle responsabilità, probabilmente non ne avranno molti. Se avranno metodi efficaci di pianificazione familiare certamente non ne avranno molti... Su questa base è possibile costruire un sistema di “selezione volontaria inconsapevole”. Ma i motivi avanzati devono essere generalmente accettabili. Smettiamo di dire alle persone che hanno una genetica inferiore, perché essi non accetteranno mai. Ma fondiamo le nostre proposte sulla desiderabilità di avere figli che nascano in case dove avranno una cura responsabile e affettuosa, e forse le nostre proposte saranno accettate» [15].
Possiamo solo notare come la “selezione volontaria inconsapevole” abbia un contenuto che coincida con quella che oggi viene in modo più accattivante chiamata “libertà di scelta”. L’idea è quella di incidere sulle leggi, sul costume e sulle aspettative sociali in modo che gli individui scelgano da soli se vogliono o meno avere figli; si introduce, perciò il concetto di bambini “voluti”.
A ogni modo le parole di Osborn spiegano chiaramente cosa avviene dopo la seconda guerra mondiale. Così nel 1952 nascono contemporaneamente l’International Planned Parenthood Federation (UPF) e il Population Council, ambedue finanziate dalla Fondazione Rockefeller e poi dalla Fondazione Ford, e con forti legami con le Eugenics Society americana e britannica.
L’lPPF viene formalmente istituita a Bombay il 29 novembre 1932 da otto associazioni per la pianificazione familiare, tra cui la Planned Parenthood Federation of America, erede della Birth Control League di Margaret Sanger. La stessa Sanger è primo presidente dell’IPPF, che nasce nella convinzione che «la pianificazione familiare sia un diritto umano fondamentale e che l’equilibrio tra la popolazione del mondo e le sue risorse naturali e la produttività sia una condizione necessaria per la felicità dell’uomo, per la prosperità e per la pace» [16]. In questa formula ci sono già le basi per concetti divenuti popolari negli anni ‘90, come lo “sviluppo sostenibile” e la “qualità di vita”. Oltre alla propagazione delle politiche di controllo delle nascite, l’IPPF - attualmente presente in oltre 180 paesi [17] si dedica subito al finanziamento della ricerca per un contraccettivo orale ricerca che era già iniziata a cura della Planned Parenthood americana. In effetti, in pochi anni viene sviluppata una prima pillola contraccettiva, l’Enovid, e dal 1956 viene testata su un cospicuo numero di donne a Porto Rico, stato che fin dagli anni ‘30 era stato un obiettivo della Eugenics Society, che vi aveva condotto una massiccia campagna per la sterilizzazione. La pillola viene definitivamente approvata dalla Food and Drug Administration (l’ente americano che sovrintende alla commercializzazione dei medicinali) nel 1960. Parallelamente all’IPPF viene fondato a Williamsburg, in Virginia, il Population Council a opera soprattutto di John D. Rockefeller III, che ne sarà anche presidente fino al 1937. L’inizio dell’attività si concentra sull’assegnazione di borse di studio per la ricerca demografica e biomedica, ma anche sullo sviluppo di contraccettivi. Finanzia dapprima la ricerca sulla pillola, ma poi si concentra sulla spirale (IUD, Intra Uterine Device). In pochi anni il Population Council diventa una delle più potenti organizzazioni per il controllo delle nascite e nei paesi in via di sviluppo finanzia programmi che si caratterizzano per la loro aggressività, come per esempio in India, Indonesia, Thailandia, Iran e Nicaragua [18].
Sia l’IPPF sia il Population Council vedono tra i fondatori e tra i sostenitori numerosi personaggi di primo piano delle società eugenetiche, come C.C. Little, William Shockley, Carlos Paton Blacker, Fairfieid e Frederick Osborn, Guy Irving Burch (fondatore nel 1929 anche del Population Refece Bureau), Detlew W. Bronk, Hugh Moore. Cenno a merita il dottor Alan Guttmacher, per alcuni anni presidente dell’IPPF dopo essere stato vice presidente dell’American Eugenics Society; in suo onore nel 1968 verrà fondato Guttmacher Institute (AGI), che diventerà (e lo è tuttora) il braccio scientifico dell’IPPF. Anche i finanziatori sono sostanzialmente gli stessi delle società eugenetiche oltre ai citati Rockefeller e Ford, troviamo Mellon, Du Pont, Standard Oil, Shell. Insomma, stessi soldi, stessi leader, stesse attività, ma con un nuovo volto.
È comunque in questo. periodo e da questo gruppo di personaggi che nasce la “strategia del catastrofismo”. Come abbiamo visto, già da molti anni gli eugenetici agivano convinti che senza un intervento drastico con l’obiettivo di selezionare la razza, l’umanità sarebbe andata verso il disastro. Ma ora si pone il problema di come convincere la gente alla “selezione volontaria inconsapevole” e perciò deve essere trovata una forma di comunicazione vincente, capace di indurre la gente a cambiare comportamenti. Negli anni ‘50 siamo in piena Guerra Fredda, nei 1953 termina la guerra di Coreana ma la situazione è lungi dall’essere risolta, Unione Sovietica, e Stati Uniti sono impegnati nella corsa al riarmo e nella costruzione di bombe atomiche. Per gli americani la grande paura di questo periodo non è la fame o il rischio di un’invasione, quanto la possibilità di una bomba nucleare sganciata dai sovietici. Così il Fondo Hugh Moore pensa di lanciare l’allarme della “bomba demografica”, e a metà degli anni ‘50 esce The Population Bomb (nel 1968 Paul Erlich scriverà un volume con lo stesso titolo destinato a diventare una sorta di Bibbia degli antinatalisti), un libretto scritto effettivamente da T.O. Greissemer, che sfrutta questa paura degli americani: «La bomba demografica minaccia di provocare un’esplosione così distruttiva e pericolosa quanto quella di un’atomica, e con le stesse conseguenze in prospettiva per il progresso o per il disastro, per la guerra o per la pace». Hugh Moore invia questo pamphlet a un migliaio di leader nel mondo degli affari e nelle varie professioni, poi a un altro milione e mezzo di personaggi “selezionati” [19].
Proprio Hugh Moore diventa il personaggio chiave che negli anni successivi legherà strettamente il movimento per il controllo delle nascite ai gruppi ambientalisti, legame che raggiunge il culmine con la celebrazione della prima Giornata della Terra nel 1970.
Le radici dell’ecologismo
A questo proposito dobbiamo però ricordare che anche le radici dell’ecologismo affondano nell’eugenetica. Non a caso la stessa parola “ecologia” viene coniata da un discepolo di Darwin, Ernst Haeckel (1834-1919), considerato anche il padre fondatore e teorico della nuova scienza. Egli stesso definisce l’ecologia come “conoscenza dell’economia della natura”, ovvero “lo studio di quelle complesse interradiazioni che Darwin chiamava la lotta per l’esistenza” [20]. Sul fatto che Haeckel fosse razzista non ci sono dubbi, visto che il suo modello di “selezione artificiale” era Sparta: «Tutti i bambini deboli, ammalati o in qualche modo fisicamente inidonei venivano soppressi... In questo modo la razza spartana non solo conservò la propria forza e le virtù naturali, ma con ogni generazione ne aumentò la perfezione» [21]. E nel libro L’enigma della vita (1904), Haeckel attualizzava il concetto: «Che vantaggio trae l’umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno vengono al mondo, dai sordi e dai muti, dagli idioti e dagli affetti da malattie ereditarie incurabili, tenuti in vita artificialmente fino a raggiungere l’età adulta?... Quale immenso grumo di sofferenza e dolore tale squallore comporta per gli stessi sfortunati malati, quale incalcolabile somma di preoccupazione e dolore per le loro famiglie, quale perdita in termini di risorse private e costi per lo stato a scapito dei sani! Quante sofferenze e quante di queste perdite potrebbero venire evitate se si decidesse finalmente di liberare i totalmente incurabili dalle loro indescrivibili sofferenze con una dose di morfina» [22]. Non ci sono già qui le basi teoriche per l’eutanasia?
Ma nello stesso tempo Haeckel creò il “monismo”, ovvero una teoria filosofica globale - ovviamente fondata sul darwinismo - secondo cui “uno spirito è in tutto”, per cui tutto il mondo conoscibile «esiste e si sviluppa secondo una logica fondamentale comune» [23]. Da qui l’impossibilità di stabilire un confine esatto tra i diversi elementi della natura, tra regno vegetale e regno animale, tra regno animale e mondo umano. Affermava Haeckel: «il perfezionamento lento e incessante che la vita civile ha realizzato nell’anima umana durante il corso dei secoli non si è compiuto senza lasciar tracce nei nostri mammiferi più evoluti, in particolare i cani e i cavalli. In stretta comunanza di vita con l’uomo e sotto l’influenza della sua educazione, associazioni d’idee sempre più elevate si sono sviluppate nel loro cervello, così come un giudizio più perfetto» [24]. Le fondamenta teoriche del movimento animalista contemporaneo sono state gettate.
Haeckel non fu il solo, tanto è vero che movimento eugenetico e movimento “conservazionista” sono cresciuti di pari passo. Non a caso i leader della prima associazione conservazionista, Boone and Crockett Club (B&C) fondata nel 1887, sono gli stessi della Società di Eugenetica, ben noti anche per il loro razzismo e antisemitismo: Henry Fairfield Osborn, Madison Grant e Charles B. Davenport. Il motivo di tale connubio è nella relazione che viene posta tra miglioramento della razza e disponibilità delle risorse. Se nelle teorie di Malthus e Darwin le risorse sono limitate, la loro disponibilità non riesce a crescere al passo dell’aumento della popolazione ed è necessaria la selezione, allora ne consegue che tali risorse vanno tutelate e conservate ma solo in funzione di quella parte di umanità che merita di riprodursi.
Se le radici sono dunque comuni, fino agli anni ‘60 non si assiste però a una vera e propria saldatura tra movimento per il controllo delle nascite, femminismo radicale e ambientalismo; piuttosto i movimenti procedono parallelamente, anche perché fino a questo punto - pur potendo contare sull’attivismo di potenti fondazioni e uomini d’affari - le diverse correnti riconducibili al pensiero eugenetico non hanno ancora grande influenza sull’opinione pubblica e sui governi. Questo. però comincia a cambiare negli anni ‘60, in parte proprio grazie al grande attivismo di Hugh Moore, che oltre a presiedere l’omonimo Fondo, è diventato nel frattempo segretario del Population Reference Bureau, dopo essere stato presidente dell’Association for Voluntary Sterilization. Moore anzitutto si impegna a fondo per convincere la Casa Bianca della necessità di politiche di controllo della popolazione: dopo una serie di passi importanti è con la presidenza di Lyndon Johnson, nel 1965, che avviene la prima svolta: «Cinque dollari investiti nel controllo della popolazione, ne valgono cento in crescita economica», è lo slogan coniato dal presidente americano. Nello stesso anno ancora Hugh Moore, insieme al generale William Draper jr., fonda il Population Crisis Committee, con lo scopo di inserire il controllo della popolazione nei programmi di aiuto allo sviluppo promossi dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite. E l’infiltrazione nelle varie agenzie dell’ONU è anche la strategia che in questi anni segue l’IPPF. Lo strumento principale di questa infiltrazione è l’ottenimento dello “statuto consultivo”, con cui le singole agenzie permettono a delle organizzazioni non governative (ONG) la partecipazione ai lavori dell’ONU. Il primo “statuto consultivo” è del 1965, all’ECOSOC; seguono poi l’UNICEF (il Fondo per l’Infanzia), l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), l’UNESCO, la FAO e soprattutto l’UNFPA (il Fondo per la Popolazione) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) [25]. L’esito di questa strategia è l’effettivo cambiamento di indirizzo nelle politiche di queste agenzie, che tendono a convergere verso le politiche di controllo della popolazione, e a inserirle nei loro programmi. Il caso forse più clamoroso è quello dell’UNICEF, che ha gradualmente spostato i propri obiettivi dalla difesa, dei bambini alla promozione di obiettivi femministi, come ha recentemente dimostrato un Libro Bianco pubblicato dai Catholic Family & Hutnan Rights Institute [26].
Ma è ancora Hugh Moore a segnare un punto decisivo quando coglie la grande occasione che si presenta nel 1970 come abbiamo già accennato - con la prima Giornata della Terra. Se negli anni precedenti aveva conquistato il cuore del governo americano e delle agenzie dell'ONU, ora inizia a far presa sulla società civile, a cominciare dai gruppi ambientalisti. La diffusione a tappeto dei solito pamphlet (The Population Bomb) si unisce alla creazione di uno slogan fortunato: “La popolazione inquina”. Da questo momento le diverse correnti eugenetiche si ritrovano e fanno azione comune. Nel giro di dieci anni tutte le principali organizzazioni ambientaliste americane Sierra Club, National Wildlife Federation, Worldwatch Institute, Natural Resources Defense Council, Environmental Action per citare le maggiori - fanno causa comune con il Population Crisis Committee, Population Reference Bureau, Planned Parenthood, Zero Population Growth, nel chiedere al Congresso un piano nazionale per fermare la crescita della popolazione [27]. E da questo momento movimenti antinatalisti e ambientalisti parlano lo stesso linguaggio: da una parte troviamo, per esempio, un Wemer Fornos - figura di spicco del movimento per il controllo delle nascite e presidente del Population Institute - che indica “la crescita incontrollata della popolazione” come la causa della “scomparsa delle foreste, l’erosione del suolo, la desertificazione, la scomparsa delle specie e l’allargamento del buco dell’ozono [28] dall’altra troviamo l’ambientalista Lester Brown - presidente del Worldwatch Institute - che ogni anno pubblica un rapporto (State of the World, lo Stato del Mondo) in cui si descrivono una serie di calamità imminenti sempre dovute alla crescita della popolazione. Anzi, si può dire che da questo momento le motivazioni della difesa della natura e dell’ambiente - che maggiormente fanno presa sull’opinione pubblica occidentale - prendono decisamente il sopravvento, così che l’annuncio di catastrofi prossime venture (peraltro sempre smentite dalla storia) diventa la strada maestra per giustificare ogni decisione mirante a limitare l’attività e la stessa presenza dell’uomo: dalla condanna dello sviluppo senza limiti alla promozione di aborto ed eutanasia un unico filo rosso lega le principali politiche gobali. Il successo di gruppi come Greenpeace e WWF si spiega in questo orizzonte.
L’eugenetica alla conquista del mondo
Non si deve neanche sottovalutare il contributo del movimento socialista, soprattutto nord-europeo, al successo dell'eugenismo in tutte le sue forme [29]. Abbiamo già accennato alla vicenda delle sterilizzazioni forzate in Svezia e altrove. Ed è ancora una personalità socialdemocratica a determinare l’ulteriore svolta che avviene negli anni ‘80. Stiamo parlando di Gro Harlem Brundtland, ex primo ministro della Norvegia, chiamata dal segretario generale dell’ONU Perez Cuellar nel 1983 a presiedere la Commissione Internazionale su Ambiente e Sviluppo. In quel momento la signora Brundtland è il capo dell’opposizione laburista in Norvegia dopo essere stata già primo ministro nel 1981. Il curriculum della Brundtland non lascia dubbi: in Norvegia aveva acquistato popolarità grazie alla battaglia per la legalizzazione dell'aborto (avvenuta nel 1976) e per aver condotto battaglie ecologiste. Il rapporto finale della Commissione Brundtland (Our Common Future, il nostro comune futuro) viene pubblicato nel 1987 e codifica il concetto di “sviluppo sostenibile” (come vedremo più dettagliatamente nella sezione dedicata allo “sviluppo sostenibile”), figlio di un condensato di teorie neo-malthusiane. L’obiettivo del rapporto è comunque dare «una visione complessiva del nesso esistente tra popolazione, ambiente e sviluppo» [30]. In altre parole la crescita della popolazione viene indicata chiaramente come responsabile del sottosviluppo e del degrado dell’ambiente. Come si afferma nel capitolo dedicato a Popolazione e Risorse Umane: «Ogni anno il numero di esseri umani aumenta, ma l’ammontare di risorse naturali con cui sostenere questa popolazione, e migliorare la qualità di vita nonché eliminare la povertà di massa, resta definita. Gli attuali tassi di crescita della popolazione non possono continuare. Essi già compromettono la capacità di molti, governi di provvedere l’istruzione, i servizi sanitari e la sicurezza alimentare per la popolazione, per non parlare della possibilità di elevare il tenore di vita. Questa divisione tra numeri e risorse è oltretutto rafforzata dal fatto che la maggior parte della crescita della popolazione è concentrata in paesi a basso reddito e in regioni ecologicamente svantaggiate» [31].
Sulle conseguenze di questo approccio torneremo più avanti; qui preme sottolineare invece due importanti conseguenze del Rapporto della Commissione Brundtland: l’inizio di un ciclo di grandi Conferenze Internazionali dell’ONU e la promulgazione della Carta della Terra.
Una delle raccomandazioni contenute in Our Common Future è quella di convocare un vertice mondiale sull’ambiente, che viene infatti tenuto a Rio de Janeiro nel 1992. È l’inizio di una serie di Conferenze internazionali dell’ONU che si snoderanno per cinque anni: sui Diritti umani (Vienna 1993); su Popolazione e Sviluppo (Cairo 1994); sullo Sviluppo sociale (Copenhagen 199); sulla Donna (Pechino 1995); sull’Habitat (Istanbul 1996); sull’Alimentazione (Roma 1996). L’insieme dei Piani di Azione approvati in queste
circostanze ha contribuito a creare una sorta di Costituzione mondiale sui generis che, costruita attorno ad alcune idee forti - a cominciare dallo “sviluppo sostenibile” -, si dimostra capace di influenzare e modificare sostanzialmente la legislazione di molti paesi. Ultimo esempio è la Costituzione Europea che nel tanto discusso preambolo fa esplicito riferimento ai contenuti dello “sviluppo sostenibile” [32]. In ogni caso l’approccio ai temi dello sviluppo e dell’ambiente che unifica le Conferenze - ricordiamo che tutti i paesi, salvo poche eccezioni, hanno firmato l’adesione a quei Programmi di Azione - è esattamente quello voluto dal Rapporto del la Commissione Brundtland. E per capirne la portata si deve comprendere l’importanza delle agenzie dell’ONU, il cui potere effettivo è aumentato a dismisura in questi anni, con capacità di pressione e coercizione che vengono generalmente sottovalutate. Pressione e coercizione sono rese possibili dal fatto che queste agenzie - guidate da un’élite burocratica che sfugge a un vero controllo da parte dei governi - servono allo scopo di grandi potenze (politiche, economiche e culturali), e anche dal fatto che la maggior parte dei paesi del mondo è fortemente ricattabile di fronte alla forza economica di agenzie - comprese Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale - da cui la sopravvivenza di molti di loro dipende. Per fare solo un esempio: se fino all’inizio degli anni ‘90 la Banca Mondiale era costretta a una serie di espedienti per ricattare i governi dei paesi in via di sviluppo bisognosi di un prestito al fine di far loro promuovere politiche di controllo delle nascite, oggi la stessa Banca può tranquillamente vincolare, e alla luce del sole, qualsiasi prestito o forma di assistenza all’adozione e all’effettiva realizzazione di quelle politiche [33].
Il vertice dei successi del movimento ecologista anche a livello mass-mediatico arriva comunque con una successiva Conferenza, quella del ‘97 sui cambiamenti climatici, a Kyoto, dove, viene firmato il “Protocollo di Kyoto” che cola i paesi sviluppati a ridurre drasticamente l’emissione dei cosiddetti gas-serra (vedi la sezione: sul riscaldamento globale)...
C’è comunque una seconda conseguenza importante dei Rapporto della Commissione Brundtland: sempre qui infatti si auspica di stilare una Carta della Terra al fine di «consolidare ed estendere i principi legali rilevanti», creando «nuove norme necessarie per mantenere i mezzi di sostentamento e la vita sul pianeta che condividiamo e per guidare i comportamenti delle nazioni durante la transizione verso uno sviluppo sostenibile». Appare evidente in queste parole un certo richiamo alla tradizione socialista che sta portando le relazioni internazionali verso una sorta di “statalismo globale”, in cui la sovranità dei singoli stati viene via via limitata a favore di un “sovra potere” internazionale che tende a regolare tutte le attività umane di ogni popolo nonché gli indirizzi politici di ciascun governo. E il centro politico di questo “sovrapotere” si trova proprio nelle agenzie dell’ONU.
A ogni modo già nella Conferenza Internazionale di Rio de Janeiro sull’Ambiente (1992) si cerca di varare una Carta della Terra, ma senza successo. L’iniziativa viene rilanciata nel 1994 sotto la guida di Maurice Strong - che era stato il segretario della Conferenza di Rio, poi diventato presidente del neocostituito Earth Council prima di essere promosso negli anni successivi da Kofi Annan a capo della riforma che ha accentrato il potere delle agenzie dell’ONU e di Mikhail Gorbaciov, ex capo di stato sovietico e ora presidente di Green Cross International.
La Carta della Terra è infine promulgata nel marzo 2000. Tale iniziativa, come dicono gli stessi promotori spiegandone il senso, «fa parte del movimento mondiale di etica globale che cerca di identificare obiettivi comuni e valori condivisi che trascendono i confini culturali, religiosi e nazionali. Sul suo sviluppo ha influito la sempre più vasta letteratura in materia di etica globale. Negli ultimi tre decenni la pratica del dialogo multiculturale e interreligioso si è andata ampiamente estendendo ed esiste la consapevolezza sempre maggiore che le genti di tradizioni differenti condividono la fede in molti valori fondamentali». La Carta della Terra, in realtà, è caratterizzata da un certo panteismo, con un riferimento a una generica “comunità di vita” di cui l’uomo è parte insieme ad animali e vegetali.
In questa marcia trionfale verso l’affermazione di questo potere globale - che inorridisce per le manipolazioni genetiche sui vegetali ma incentiva quelle sugli embrioni - si inserisce però una pietra d’inciampo: le elezioni presidenziali americane del novembre 2000 vedono infatti l’affermazione di George W. Bush che per una manciata di voti sconfigge Al Gore, ex vice del presidente Bill Clinton e ambientalista radicale. Bush blocca immediatamente le politiche abortiste del suo predecessore e taglia i fondi alle organizzazioni internazionali - quali l’UNFPA e l’IPPF - accusate di promuovere nel mondo programmi coercitivi di controllo delle nascite.
Stessa sorte tocca ai movimenti ecologisti, costretti a incassare invece il rifiuto della ratifica del Protocollo di Kyoto, considerato un modo per minare l’economia occidentale senza nessun reale vantaggio per l’ambiente. La posizione decisa della nuova amministrazione americana - che si estende fino al divieto della donazione umana - porta scompiglio nelle fila delle diverse correnti in cui si articola il movimento eugenista, e a poco serve la rabbiosa campagna internazionale di propaganda condotta contro Bush. Lo di mostra il sostanziale stop all’agenda del movimento Verde che si registra nel 2002 in occasione del Vertice di Johannesburg sullo Sviluppo sostenibile (si tratta di Rio +10, ovvero la verifica decennale dei Piano d’Azione approvato alla Conferenza sull’Ambiente) e la decisione dell’ONU di non tenere nel 2004 il Vertice Cairo +10, proprio per evitare di farsi rimettere in discussione dall’amministrazione Bush quei principi la cui approvazione tanto deve al predecessore Clinton [34]. Prendono invece coraggio quelle voci - soprattutto dei mondo scientifico - che cercano di smascherare la mistificazione compiuta in nome di interessi ideologici.
Nei capitoli che seguono cercheremo anche noi di smontare, dati alla mano, i principali luoghi comuni che hanno reso diffusa l’attesa di catastrofi e la convinzione che l’uomo sia “il cancro del pianeta”.
- Perché le ragazzine studiano quattroruote per vedere la quotazione delle macchine sulle quali viaggiamo?
- Perché guardano il ragazzo ben vestito, lindo e pulito?
- Perché lo preferiscono bello e sano, se poi si ammala più degli altri?
- Perché lo usano come se fosse una marionetta?
- Perché fanno un ampio uso di anticoncezionali?
- Chi li ha inventi questi anticoncezionali e perché?
Ecco le risposte a questi quesiti. Chi non ha tempo, non li legga, in modo tale che li ignorerà per sempre. A chi se li vuole leggere raccomando di andare prima da Marco per comprare una pizza bianca al prosciutto crudo (non al salmone che vi si mette sullo stomaco!) per poi tornare a casa e mangiarsela mentre si legge questo bellissimo articolo "finanziato" da Rockfeller, Ford e Standard Oil...
Buona lettura...
Il sogno di una razza migliore
Il Novecento si apre con l’affermarsi di una nuova dottrina, l’eugenetica, che rappresenta l’ulteriore sviluppo del darwinismo sociale, ovvero della teoria dell'evoluzionismo e della lotta per la sopravvivenza - grazie alla quale le razze più forti sopravvivono, alle più deboli - applicato al mondo degli uomini. Non a caso a coniare questo termine, già alla fine dell’Ottocento fu il britannico Francis Galton (1822-1911), cugino e discepolo di Charles Darwin (1809-1882). Galton si dedicò agli studi su ereditarietà e intelligenza, portando alle estreme conseguenze il pensiero darwiniano sulla selezione naturale. Secondo Darwin, infatti, gli uomini - come gli animali - tendono a riprodursi oltre i limiti fino a generare una lotta per la sopravvivenza, che vede vincitori i più forti e intelligenti, mentre le razze più deboli vengono lentamente spazzate via. Galton, poggiandosi anche sulla recente scoperta dell’ereditarietà dei geni, fa un passo ulteriore, si pone cioè la domanda se non sia il caso di “guidare” questa selezione in modo da migliorare la razza umana. Il pensiero è espresso molto chiaramente: «Se venisse speso in provvedimenti per il miglioramento della razza umana anche solo un ventesimo dei costi e dei sacrifici che si spendono per migliorare la razza dei cavalli e dei bovini, che galassia di genii potremmo creare! Potremmo introdurre nel mondo profeti e gran sacerdoti della civilizzazione così come ora possiamo moltiplicare gli idioti mettendo insieme i cretini. Uomini e donne della nostra epoca, rispetto a coloro che potremmo portare in vita, sono come i cani randagi che vagano per le strade di una città orientale rispetto alle nostre varietà (di cani) altamente selezionate» [1]. Galton, convinto dell’ereditarietà sia delle virtù sia dei vizi, pensa soprattutto a promuovere una eugenetica “positiva”, ovvero attraverso matrimoni selettivi privilegiando quelli tra gli elementi più intelligenti della società. Ma per far questo chiede che si attivino tutte le «agenzie per il controllo sociale con lo scopo di migliorare o indebolire le qualità razziali delle future generazioni, sia dal punto di vista fisico sia mentale» [2].
Galton teorizza anche l’inferiorità genetica di diverse razze, tra cui i neri e gli indiani d’America, e per garantire il proseguimento dei suoi studi fonda nel 1907 la Eugenics Education Society, che nei 1927 diviene più semplicemente la Eugenics Society (Società Eugenetica) e nel 1989 cambia ancora nome in Galton Institute. La Società Eugenetica aggrega molte personalità dell’epoca tra cui Lord William Henry Beveridge (1879-1963) - noto economista britannico che dal 1919 al 1937 è direttore della prestigiosa London School of Economics and Political Science - e John Maynard Keynes (1883-1946), certamente uno dei più influenti economisti del XX secolo.
Il passaggio dall’eugenetica “positiva” a quella “negativa” - cioè il divieto ai “deboli” di riprodursi - è breve e lo compie Leonard Darwin (1850-1943), figlio di Charles e successore di Galton alla guida della Società Eugenetica. Nel 1925 scrive un articolo per la «Eugenics Review» in cui teorizza la “segregazione”, destinata a separare i “sani” dagli “insani”, prevedendo di arrivare anche all’uso della forza per evitare il moltiplicarsi di geni “deboli”. È bene tenere presente che, all’epoca, queste non sono idee isolate, ma trovano vasto consenso nelle élite politiche del paese tanto che le troviamo anche all’origine del Partito Laburista [3].
Né il fenomeno rimane circoscritto alla sola Gran Bretagna. Al primo Congresso Internazionale di Eugenetica, tenuto nel 1912, partecipano delegati da Stati Uniti, India, Australia, Canada, Germania, Francia, Giappone, Mauritius, Kenya e Sudafrica. E certamente negli Stati Uniti il pensiero di Galton ha immediato impatto interpretando e interpretando le paure di molti bianchi che vedono minacciata la grande nazione americana dai rapidi cambiamenti economici e demografici (nei primi anni del Novecento c’è una forte immigrazione dall’Europa meridionale e orientale). Nel 1930 sono almeno una trentina gli stati americani dove sono in vigore leggi eugenetiche che autorizzano la sterilizzazione degli “insani”, ovvero criminali, epilettici, deficienti mentali, pervertiti sessuali e anche “non-bianchi”. La American Eugenics Society comunque viene ufficialmente istituita nei 1926 a opera di Harry Crampton, Harry H. Laughlin, Madison Grant, Henry Fairfield Osborn e nel giro di pochi mesi già può contare su oltre mille “selezionati” membri.
L’eugenetica incontra il femminismo
Tra questi troviamo Margaret Sanger (1883-1966), una dona che il settimanale «Time» - in una classifica stilata all’approssimarsi del 2000 - ha inserito tra i cento leader e rivoluzionari, più importanti del Novecento [4]. «La sua crociata per legalizzare il controllo delle nascite diede il via al movimento per la liberazione della donna», così la dipinge «Time» e nello stesso articolo viene citato lo storico e novellista H.G. Wells che nel 1931 scriveva: «Quando la storia della nostra civilizzazione sarà scritta, sarà una storia biologica, e Margaret Sanger sarà la sua eroina» [5]. Si tratta di due definizioni che danno l’idea di come eugenetica e femminismo radicale si siano fusi in Margaret Sanger, fondatrice prima della American Birth Control League (1916) e poi della International Planned Parenthood Federation (WI, 1952), organizzazione cresciuta al punto da essere oggi la principale partner (e ispiratrice) dell’UNFPA, il Fondo dell’ONU per la Popolazione. Per la Sanger, insomma, l’autodeterminazione della donna è un mezzo per controllare la selezione della razza. Infermiera, lavorando e promuovendo il controllo delle nascite nei quartieri poveri di New York si convince che il più grosso handicap dei poveri risieda nella loro eredità biologica. Da cui lo slogan lanciato nel 1919 dalle colonne della sua rivista «Birth Control Review»: «Più bambini dai sani, meno bambini dai deboli, questo è il principio del controllo delle nascite» [6]. Il suo entusiasmo eugenetico è testimoniato dal fatto che la troviamo membro della Eugenics Society sia americana sia britannica. Del resto basterebbe consultare i suoi numerosi scritti, in particolare i due libri Woman and the New Race (1920) e The Pivot of Civilization (1922). In quest’ultimo, per esempio, la Sanger se la prende con i “filantropi” che prestano assistenza gratuita alle donne povere incinte perché costringono «gli elementi più sani e più normali del mondo a prendersi il peso della fecondità irrazionale e indiscriminata degli altri... che porta con sé un peso morto di scarti umani. Invece di ridurre ed eliminare le specie che maggiormente compromettono l’avvenire e la razza del mondo, essi tendono a rendere queste specie pericolosamente dominanti» [7]. Nessuna sorpresa perciò se le cliniche per il controllo delle nascite (la prima fu fondata dalla Sanger nel 1916 e lo stesso termine “controllo delle nascite” è stato da lei coniato) si siano sviluppate quasi esclusivamente nelle zone povere delle grandi città occidentali e oggi continuano a moltiplicarsi nei paesi in via di sviluppo. Come afferma la stessa Sanger c’è il pericolo che «gli abitanti dei quartieri poveri, che si moltiplicano come conigli, debordino dai confini dei loro quartieri o dei loro paesi e trasmettano ai migliori elementi della società le loro malattie e i loro geni di qualità inferiore» [8]. In questo scenario che anticipa la letteratura catastrofista, si coglie la preoccupazioni comune all’élite wasp (White, Anglo-Saxon, Protestant) che domina la politica e l’economia americana e si sente minacciata dalla superiorità numerica delle classi più svantaggiate. Non a caso il movimento eugenetico e la Birth Control League vengono cospicuamente finanziate dai banchieri e dalle fondazioni anglossassoni [9], a cominciare da Rockefeller e Ford. E tutti insieme spingono verso la sterilizzazione forzata per gli “insani” e verso leggi restrittive in materia di immigrazione, essendo in forte crescita l’immigrazione dall’Europa meridionale e orientale e degli ebrei (una legge in questo senso fu effettivamente approvata nel 1924).
Vita parallela a Margaret Sanger è quella dell’inglese Mane Stopes (1880-198), che in Gran Bretagna segue lo stesso cammino. Fondatrice della prima clinica inglese per il controllo delle nascite (1920) e della Society for Constructive Birth Control and Racial Progress, scrive anche numerosi saggi su sesso e contraccezione presentandosi come la paladina del nuovo femminismo, ma soprattutto è una entusiasta sostenitrice del programma eugenetico al punto che disereda suo figlio Harry Stopes Roe per aver sposato una donna miope (il che costituisce una ereditarietà negativa). La Stopes, in linea con il movimento eugenetico internazionale, chiede ovviamente a gran voce l’applicazione della sterilizzazione forzata per tutte le categorie di “insani” [10]. Alla sua morte la Stopes lascia buona parte della sua eredità alla Eugenics Society che fonda la Marie Stopes Memorial Foundation e sostiene attivamente i programmi e le cliniche per il controllo delle nascite. Vale la pena ricordare che l’opera della femminista inglese continua anche con l’organizzazione Marie Stopes International, una delle più grandi promotrici dell’aborto nel mondo, e partner privilegiato della Commissione Europea, in particolare del Commissario per lo Sviluppo della UE [11].
L’ampio sostegno al nazismo
A proposito di sterilizzazione proprio pochi anni fa sono emersi documenti e testimonianze che dimostrano quanto in Europa fosse praticata negli anni ‘30 la sterilizzazione forzata per gli “insani”: handicappati, minorati mentali, ma anche analfabeti, miopi e così via. Il caso è scoppiato nell’estate del 1997 con rivelazioni riguardanti la Svezia, dove già nel 1922 il partito socialdemocratico aveva proposto provvedimenti eugenetici: ma la legge per la selezione della razza svedese entra in vigore effettivamente nel 1935 e - incredibilmente - viene abrogata soltanto nel 1976: in questo tempo tra le 60 e le 230 mila persone “con difetti generici” vengono: costrette a non avere figli [12]. A catena sono emerse altre rivelazioni su numerosi paesi del Nord e Centro Europa, ma anche dell’America e dell’Asia, che nello stesso periodo hanno applicato legislazioni analoghe [13].
In questo clima ben si capisce il favore con cui in Europa e America viene accolta l’ascesa del nazismo con i suoi esperimenti generici. E a dire il vero non si tratta soltanto di un giudizio benevolo, ma di fattiva collaborazione con gli architetti delle camere a gas. Non per niente i fondi della famiglia Rockefeller permettono al professore Ernst Rudin, psichiatra nazista e teorico delle leggi razziali di aprire a Monaco nel 1927 l’Istituto Kaiser Guglielmo per l’Antropologia, l’Eugenetica e la Genetica Umana. E nel Terzo Congresso Internazionale del Movimento Eugenetico (1932) si mettono a punto i programmi sulla razza e sulla popolazione che ci si aspetta veder realizzati dal movimento nazista [14]. Fino al 1940 la «Birth Control of Review» di Margaret Sanger ospita articoli che plaudono alle leggi naziste sulla sterilizzazione. Proprio un articolo di Ernst Rudin, in cui si chiede una crescente azione per “prevenire la moltiplicazione di cattive razze”, viene presentato con grande enfasi nel numero del 4 aprile 1933. Il titolo è significativo: Sterilizzazione eugenetica: un bisogno urgente.
Le complicità non si fermano qui: Hitler poteva contare anche sulla “benevolenza” di diversi leader politici europei per esempio Arthur Neville Chamberlain - che è primo ministro britannico alla vigilia della seconda guerra mondiale ed è ricordato per la sua politica arrendevole verso Hitler sfociata nell’Accordo di Monaco (1938) che apre la strada all’espansionismo nazista - è negli anni ‘30 membro della Eugenics Society; e della Società Eugenetica francese è membro Henri-Philippe Pétain, primo ministro “collaborazionista” a Parigi dopo la sconfitta subita dall’esercito francese nel 1940. Convinto eugenista è anche l’americano Charles Augustus Lindbergh, eroe del volo transatlantico e leadèr del movimento che si oppone all’ingresso degli Stati Uniti in guerra, sostenendo che essa avrebbe ucciso le persone sbagliate (cioè i figli della razza ariana).
Il catastrofismo come strategia
Il disastro della seconda guerra mondiale e la sconfitta del nazismo fanno ritenere finita l’era dell’eugenetica delle teorie sulla superiorità della razza e delle sterilizzazioni di massa, tanto è vero che oggi ben pochi sanno di cosa si tratti. In realtà così non è. Se in un primo momento si cerca di coprire gli imbarazzanti legami tra le società eugenetiche europee e americane con il nazismo, ben presto si ricompattano le fila per poi presentarsi con un nuovo volto. Un ruolo fondamentale in questo periodo è svolto dalla Fondazione Rockefeller il cui edificio diviene anche sede della Eugenics Society. Come dunque perseguire i soliti scopi evitando quella parola che tanto ricorda il nazismo? Applicando una «politica di cripto-eugenetica”, secondo l’espressione coniata da Carlos Paton Blacker, uno dei principali esponenti del movimento eugenetico britannico. Cosa vuol dire? Semplicemente che da ora in avanti saranno nascosti i veri obiettivi dietro scopi ben più accettabili. Eloquente a questo proposito è quanto afferma nel 1956 Frederick Osborn (1889- 1981), la figura più importante del movimento eugenetico americano del dopoguerra. In quell’anno, egli si trova in Inghilterra per tenere l’annuale conferenza (Galton Lecture) della Eugenics Society e il titolo dei suo intervento è “Galton re l’eugenetica a metà secolo”. Dice dunque Osborn: «...La parola eugenetica è caduta in disgrazia in alcuni ambienti. Ma io credo ancora nel sogno di Galton, così la maggior di voi. Dobbiamo dunque chiederci, dove abbiamo sbagliato? Io credo che abbiamo sottovalutato un tratto che è quasi universale e profondamente radicato in natura. Cioè le persone semplicemente non vogliono accettare che la base genetica che forma le loro caratteristiche è inferiore e non deve perciò essere ripetuta nella prossima generazione. Noi abbiamo chiesto a interi gruppi di persone di accettare questa idea e lo abbiamo chiesto anche a singoli individui. Loro hanno costantemente rifiutato.
La gente invece accetterà l’idea di uno specifico difetto ereditario. Andranno a una clinica per l’ereditarietà e chiederanno qual è il rischio di avere un bambino con qualche difetto. Calcoleranno il rischio rispetto alla possibilità di vere un bambino sano, e usciranno di solito con una sana decisione. Ma loro non accetteranno l’idea di essere di seconda classe. Perciò dobbiamo puntare su altre motivazioni.
A certe condizioni la gente avrà figli in rapporto alla propria capacità di prendersi cura di loro. Se si sentono economicamente sicuri, se sono contenti di assumersi responsabilità, se sono fisicamente forti e competenti, probabilmente avranno famiglie numerose, a patto di un significativo condizionamento psicologico verso questo scopo. Se invece non sono in grado di garantire il cibo ai propri figli, se hanno paura delle responsabilità, probabilmente non ne avranno molti. Se avranno metodi efficaci di pianificazione familiare certamente non ne avranno molti... Su questa base è possibile costruire un sistema di “selezione volontaria inconsapevole”. Ma i motivi avanzati devono essere generalmente accettabili. Smettiamo di dire alle persone che hanno una genetica inferiore, perché essi non accetteranno mai. Ma fondiamo le nostre proposte sulla desiderabilità di avere figli che nascano in case dove avranno una cura responsabile e affettuosa, e forse le nostre proposte saranno accettate» [15].
Possiamo solo notare come la “selezione volontaria inconsapevole” abbia un contenuto che coincida con quella che oggi viene in modo più accattivante chiamata “libertà di scelta”. L’idea è quella di incidere sulle leggi, sul costume e sulle aspettative sociali in modo che gli individui scelgano da soli se vogliono o meno avere figli; si introduce, perciò il concetto di bambini “voluti”.
A ogni modo le parole di Osborn spiegano chiaramente cosa avviene dopo la seconda guerra mondiale. Così nel 1952 nascono contemporaneamente l’International Planned Parenthood Federation (UPF) e il Population Council, ambedue finanziate dalla Fondazione Rockefeller e poi dalla Fondazione Ford, e con forti legami con le Eugenics Society americana e britannica.
L’lPPF viene formalmente istituita a Bombay il 29 novembre 1932 da otto associazioni per la pianificazione familiare, tra cui la Planned Parenthood Federation of America, erede della Birth Control League di Margaret Sanger. La stessa Sanger è primo presidente dell’IPPF, che nasce nella convinzione che «la pianificazione familiare sia un diritto umano fondamentale e che l’equilibrio tra la popolazione del mondo e le sue risorse naturali e la produttività sia una condizione necessaria per la felicità dell’uomo, per la prosperità e per la pace» [16]. In questa formula ci sono già le basi per concetti divenuti popolari negli anni ‘90, come lo “sviluppo sostenibile” e la “qualità di vita”. Oltre alla propagazione delle politiche di controllo delle nascite, l’IPPF - attualmente presente in oltre 180 paesi [17] si dedica subito al finanziamento della ricerca per un contraccettivo orale ricerca che era già iniziata a cura della Planned Parenthood americana. In effetti, in pochi anni viene sviluppata una prima pillola contraccettiva, l’Enovid, e dal 1956 viene testata su un cospicuo numero di donne a Porto Rico, stato che fin dagli anni ‘30 era stato un obiettivo della Eugenics Society, che vi aveva condotto una massiccia campagna per la sterilizzazione. La pillola viene definitivamente approvata dalla Food and Drug Administration (l’ente americano che sovrintende alla commercializzazione dei medicinali) nel 1960. Parallelamente all’IPPF viene fondato a Williamsburg, in Virginia, il Population Council a opera soprattutto di John D. Rockefeller III, che ne sarà anche presidente fino al 1937. L’inizio dell’attività si concentra sull’assegnazione di borse di studio per la ricerca demografica e biomedica, ma anche sullo sviluppo di contraccettivi. Finanzia dapprima la ricerca sulla pillola, ma poi si concentra sulla spirale (IUD, Intra Uterine Device). In pochi anni il Population Council diventa una delle più potenti organizzazioni per il controllo delle nascite e nei paesi in via di sviluppo finanzia programmi che si caratterizzano per la loro aggressività, come per esempio in India, Indonesia, Thailandia, Iran e Nicaragua [18].
Sia l’IPPF sia il Population Council vedono tra i fondatori e tra i sostenitori numerosi personaggi di primo piano delle società eugenetiche, come C.C. Little, William Shockley, Carlos Paton Blacker, Fairfieid e Frederick Osborn, Guy Irving Burch (fondatore nel 1929 anche del Population Refece Bureau), Detlew W. Bronk, Hugh Moore. Cenno a merita il dottor Alan Guttmacher, per alcuni anni presidente dell’IPPF dopo essere stato vice presidente dell’American Eugenics Society; in suo onore nel 1968 verrà fondato Guttmacher Institute (AGI), che diventerà (e lo è tuttora) il braccio scientifico dell’IPPF. Anche i finanziatori sono sostanzialmente gli stessi delle società eugenetiche oltre ai citati Rockefeller e Ford, troviamo Mellon, Du Pont, Standard Oil, Shell. Insomma, stessi soldi, stessi leader, stesse attività, ma con un nuovo volto.
È comunque in questo. periodo e da questo gruppo di personaggi che nasce la “strategia del catastrofismo”. Come abbiamo visto, già da molti anni gli eugenetici agivano convinti che senza un intervento drastico con l’obiettivo di selezionare la razza, l’umanità sarebbe andata verso il disastro. Ma ora si pone il problema di come convincere la gente alla “selezione volontaria inconsapevole” e perciò deve essere trovata una forma di comunicazione vincente, capace di indurre la gente a cambiare comportamenti. Negli anni ‘50 siamo in piena Guerra Fredda, nei 1953 termina la guerra di Coreana ma la situazione è lungi dall’essere risolta, Unione Sovietica, e Stati Uniti sono impegnati nella corsa al riarmo e nella costruzione di bombe atomiche. Per gli americani la grande paura di questo periodo non è la fame o il rischio di un’invasione, quanto la possibilità di una bomba nucleare sganciata dai sovietici. Così il Fondo Hugh Moore pensa di lanciare l’allarme della “bomba demografica”, e a metà degli anni ‘50 esce The Population Bomb (nel 1968 Paul Erlich scriverà un volume con lo stesso titolo destinato a diventare una sorta di Bibbia degli antinatalisti), un libretto scritto effettivamente da T.O. Greissemer, che sfrutta questa paura degli americani: «La bomba demografica minaccia di provocare un’esplosione così distruttiva e pericolosa quanto quella di un’atomica, e con le stesse conseguenze in prospettiva per il progresso o per il disastro, per la guerra o per la pace». Hugh Moore invia questo pamphlet a un migliaio di leader nel mondo degli affari e nelle varie professioni, poi a un altro milione e mezzo di personaggi “selezionati” [19].
Proprio Hugh Moore diventa il personaggio chiave che negli anni successivi legherà strettamente il movimento per il controllo delle nascite ai gruppi ambientalisti, legame che raggiunge il culmine con la celebrazione della prima Giornata della Terra nel 1970.
Le radici dell’ecologismo
A questo proposito dobbiamo però ricordare che anche le radici dell’ecologismo affondano nell’eugenetica. Non a caso la stessa parola “ecologia” viene coniata da un discepolo di Darwin, Ernst Haeckel (1834-1919), considerato anche il padre fondatore e teorico della nuova scienza. Egli stesso definisce l’ecologia come “conoscenza dell’economia della natura”, ovvero “lo studio di quelle complesse interradiazioni che Darwin chiamava la lotta per l’esistenza” [20]. Sul fatto che Haeckel fosse razzista non ci sono dubbi, visto che il suo modello di “selezione artificiale” era Sparta: «Tutti i bambini deboli, ammalati o in qualche modo fisicamente inidonei venivano soppressi... In questo modo la razza spartana non solo conservò la propria forza e le virtù naturali, ma con ogni generazione ne aumentò la perfezione» [21]. E nel libro L’enigma della vita (1904), Haeckel attualizzava il concetto: «Che vantaggio trae l’umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno vengono al mondo, dai sordi e dai muti, dagli idioti e dagli affetti da malattie ereditarie incurabili, tenuti in vita artificialmente fino a raggiungere l’età adulta?... Quale immenso grumo di sofferenza e dolore tale squallore comporta per gli stessi sfortunati malati, quale incalcolabile somma di preoccupazione e dolore per le loro famiglie, quale perdita in termini di risorse private e costi per lo stato a scapito dei sani! Quante sofferenze e quante di queste perdite potrebbero venire evitate se si decidesse finalmente di liberare i totalmente incurabili dalle loro indescrivibili sofferenze con una dose di morfina» [22]. Non ci sono già qui le basi teoriche per l’eutanasia?
Ma nello stesso tempo Haeckel creò il “monismo”, ovvero una teoria filosofica globale - ovviamente fondata sul darwinismo - secondo cui “uno spirito è in tutto”, per cui tutto il mondo conoscibile «esiste e si sviluppa secondo una logica fondamentale comune» [23]. Da qui l’impossibilità di stabilire un confine esatto tra i diversi elementi della natura, tra regno vegetale e regno animale, tra regno animale e mondo umano. Affermava Haeckel: «il perfezionamento lento e incessante che la vita civile ha realizzato nell’anima umana durante il corso dei secoli non si è compiuto senza lasciar tracce nei nostri mammiferi più evoluti, in particolare i cani e i cavalli. In stretta comunanza di vita con l’uomo e sotto l’influenza della sua educazione, associazioni d’idee sempre più elevate si sono sviluppate nel loro cervello, così come un giudizio più perfetto» [24]. Le fondamenta teoriche del movimento animalista contemporaneo sono state gettate.
Haeckel non fu il solo, tanto è vero che movimento eugenetico e movimento “conservazionista” sono cresciuti di pari passo. Non a caso i leader della prima associazione conservazionista, Boone and Crockett Club (B&C) fondata nel 1887, sono gli stessi della Società di Eugenetica, ben noti anche per il loro razzismo e antisemitismo: Henry Fairfield Osborn, Madison Grant e Charles B. Davenport. Il motivo di tale connubio è nella relazione che viene posta tra miglioramento della razza e disponibilità delle risorse. Se nelle teorie di Malthus e Darwin le risorse sono limitate, la loro disponibilità non riesce a crescere al passo dell’aumento della popolazione ed è necessaria la selezione, allora ne consegue che tali risorse vanno tutelate e conservate ma solo in funzione di quella parte di umanità che merita di riprodursi.
Se le radici sono dunque comuni, fino agli anni ‘60 non si assiste però a una vera e propria saldatura tra movimento per il controllo delle nascite, femminismo radicale e ambientalismo; piuttosto i movimenti procedono parallelamente, anche perché fino a questo punto - pur potendo contare sull’attivismo di potenti fondazioni e uomini d’affari - le diverse correnti riconducibili al pensiero eugenetico non hanno ancora grande influenza sull’opinione pubblica e sui governi. Questo. però comincia a cambiare negli anni ‘60, in parte proprio grazie al grande attivismo di Hugh Moore, che oltre a presiedere l’omonimo Fondo, è diventato nel frattempo segretario del Population Reference Bureau, dopo essere stato presidente dell’Association for Voluntary Sterilization. Moore anzitutto si impegna a fondo per convincere la Casa Bianca della necessità di politiche di controllo della popolazione: dopo una serie di passi importanti è con la presidenza di Lyndon Johnson, nel 1965, che avviene la prima svolta: «Cinque dollari investiti nel controllo della popolazione, ne valgono cento in crescita economica», è lo slogan coniato dal presidente americano. Nello stesso anno ancora Hugh Moore, insieme al generale William Draper jr., fonda il Population Crisis Committee, con lo scopo di inserire il controllo della popolazione nei programmi di aiuto allo sviluppo promossi dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite. E l’infiltrazione nelle varie agenzie dell’ONU è anche la strategia che in questi anni segue l’IPPF. Lo strumento principale di questa infiltrazione è l’ottenimento dello “statuto consultivo”, con cui le singole agenzie permettono a delle organizzazioni non governative (ONG) la partecipazione ai lavori dell’ONU. Il primo “statuto consultivo” è del 1965, all’ECOSOC; seguono poi l’UNICEF (il Fondo per l’Infanzia), l’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), l’UNESCO, la FAO e soprattutto l’UNFPA (il Fondo per la Popolazione) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) [25]. L’esito di questa strategia è l’effettivo cambiamento di indirizzo nelle politiche di queste agenzie, che tendono a convergere verso le politiche di controllo della popolazione, e a inserirle nei loro programmi. Il caso forse più clamoroso è quello dell’UNICEF, che ha gradualmente spostato i propri obiettivi dalla difesa, dei bambini alla promozione di obiettivi femministi, come ha recentemente dimostrato un Libro Bianco pubblicato dai Catholic Family & Hutnan Rights Institute [26].
Ma è ancora Hugh Moore a segnare un punto decisivo quando coglie la grande occasione che si presenta nel 1970 come abbiamo già accennato - con la prima Giornata della Terra. Se negli anni precedenti aveva conquistato il cuore del governo americano e delle agenzie dell'ONU, ora inizia a far presa sulla società civile, a cominciare dai gruppi ambientalisti. La diffusione a tappeto dei solito pamphlet (The Population Bomb) si unisce alla creazione di uno slogan fortunato: “La popolazione inquina”. Da questo momento le diverse correnti eugenetiche si ritrovano e fanno azione comune. Nel giro di dieci anni tutte le principali organizzazioni ambientaliste americane Sierra Club, National Wildlife Federation, Worldwatch Institute, Natural Resources Defense Council, Environmental Action per citare le maggiori - fanno causa comune con il Population Crisis Committee, Population Reference Bureau, Planned Parenthood, Zero Population Growth, nel chiedere al Congresso un piano nazionale per fermare la crescita della popolazione [27]. E da questo momento movimenti antinatalisti e ambientalisti parlano lo stesso linguaggio: da una parte troviamo, per esempio, un Wemer Fornos - figura di spicco del movimento per il controllo delle nascite e presidente del Population Institute - che indica “la crescita incontrollata della popolazione” come la causa della “scomparsa delle foreste, l’erosione del suolo, la desertificazione, la scomparsa delle specie e l’allargamento del buco dell’ozono [28] dall’altra troviamo l’ambientalista Lester Brown - presidente del Worldwatch Institute - che ogni anno pubblica un rapporto (State of the World, lo Stato del Mondo) in cui si descrivono una serie di calamità imminenti sempre dovute alla crescita della popolazione. Anzi, si può dire che da questo momento le motivazioni della difesa della natura e dell’ambiente - che maggiormente fanno presa sull’opinione pubblica occidentale - prendono decisamente il sopravvento, così che l’annuncio di catastrofi prossime venture (peraltro sempre smentite dalla storia) diventa la strada maestra per giustificare ogni decisione mirante a limitare l’attività e la stessa presenza dell’uomo: dalla condanna dello sviluppo senza limiti alla promozione di aborto ed eutanasia un unico filo rosso lega le principali politiche gobali. Il successo di gruppi come Greenpeace e WWF si spiega in questo orizzonte.
L’eugenetica alla conquista del mondo
Non si deve neanche sottovalutare il contributo del movimento socialista, soprattutto nord-europeo, al successo dell'eugenismo in tutte le sue forme [29]. Abbiamo già accennato alla vicenda delle sterilizzazioni forzate in Svezia e altrove. Ed è ancora una personalità socialdemocratica a determinare l’ulteriore svolta che avviene negli anni ‘80. Stiamo parlando di Gro Harlem Brundtland, ex primo ministro della Norvegia, chiamata dal segretario generale dell’ONU Perez Cuellar nel 1983 a presiedere la Commissione Internazionale su Ambiente e Sviluppo. In quel momento la signora Brundtland è il capo dell’opposizione laburista in Norvegia dopo essere stata già primo ministro nel 1981. Il curriculum della Brundtland non lascia dubbi: in Norvegia aveva acquistato popolarità grazie alla battaglia per la legalizzazione dell'aborto (avvenuta nel 1976) e per aver condotto battaglie ecologiste. Il rapporto finale della Commissione Brundtland (Our Common Future, il nostro comune futuro) viene pubblicato nel 1987 e codifica il concetto di “sviluppo sostenibile” (come vedremo più dettagliatamente nella sezione dedicata allo “sviluppo sostenibile”), figlio di un condensato di teorie neo-malthusiane. L’obiettivo del rapporto è comunque dare «una visione complessiva del nesso esistente tra popolazione, ambiente e sviluppo» [30]. In altre parole la crescita della popolazione viene indicata chiaramente come responsabile del sottosviluppo e del degrado dell’ambiente. Come si afferma nel capitolo dedicato a Popolazione e Risorse Umane: «Ogni anno il numero di esseri umani aumenta, ma l’ammontare di risorse naturali con cui sostenere questa popolazione, e migliorare la qualità di vita nonché eliminare la povertà di massa, resta definita. Gli attuali tassi di crescita della popolazione non possono continuare. Essi già compromettono la capacità di molti, governi di provvedere l’istruzione, i servizi sanitari e la sicurezza alimentare per la popolazione, per non parlare della possibilità di elevare il tenore di vita. Questa divisione tra numeri e risorse è oltretutto rafforzata dal fatto che la maggior parte della crescita della popolazione è concentrata in paesi a basso reddito e in regioni ecologicamente svantaggiate» [31].
Sulle conseguenze di questo approccio torneremo più avanti; qui preme sottolineare invece due importanti conseguenze del Rapporto della Commissione Brundtland: l’inizio di un ciclo di grandi Conferenze Internazionali dell’ONU e la promulgazione della Carta della Terra.
Una delle raccomandazioni contenute in Our Common Future è quella di convocare un vertice mondiale sull’ambiente, che viene infatti tenuto a Rio de Janeiro nel 1992. È l’inizio di una serie di Conferenze internazionali dell’ONU che si snoderanno per cinque anni: sui Diritti umani (Vienna 1993); su Popolazione e Sviluppo (Cairo 1994); sullo Sviluppo sociale (Copenhagen 199); sulla Donna (Pechino 1995); sull’Habitat (Istanbul 1996); sull’Alimentazione (Roma 1996). L’insieme dei Piani di Azione approvati in queste
circostanze ha contribuito a creare una sorta di Costituzione mondiale sui generis che, costruita attorno ad alcune idee forti - a cominciare dallo “sviluppo sostenibile” -, si dimostra capace di influenzare e modificare sostanzialmente la legislazione di molti paesi. Ultimo esempio è la Costituzione Europea che nel tanto discusso preambolo fa esplicito riferimento ai contenuti dello “sviluppo sostenibile” [32]. In ogni caso l’approccio ai temi dello sviluppo e dell’ambiente che unifica le Conferenze - ricordiamo che tutti i paesi, salvo poche eccezioni, hanno firmato l’adesione a quei Programmi di Azione - è esattamente quello voluto dal Rapporto del la Commissione Brundtland. E per capirne la portata si deve comprendere l’importanza delle agenzie dell’ONU, il cui potere effettivo è aumentato a dismisura in questi anni, con capacità di pressione e coercizione che vengono generalmente sottovalutate. Pressione e coercizione sono rese possibili dal fatto che queste agenzie - guidate da un’élite burocratica che sfugge a un vero controllo da parte dei governi - servono allo scopo di grandi potenze (politiche, economiche e culturali), e anche dal fatto che la maggior parte dei paesi del mondo è fortemente ricattabile di fronte alla forza economica di agenzie - comprese Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale - da cui la sopravvivenza di molti di loro dipende. Per fare solo un esempio: se fino all’inizio degli anni ‘90 la Banca Mondiale era costretta a una serie di espedienti per ricattare i governi dei paesi in via di sviluppo bisognosi di un prestito al fine di far loro promuovere politiche di controllo delle nascite, oggi la stessa Banca può tranquillamente vincolare, e alla luce del sole, qualsiasi prestito o forma di assistenza all’adozione e all’effettiva realizzazione di quelle politiche [33].
Il vertice dei successi del movimento ecologista anche a livello mass-mediatico arriva comunque con una successiva Conferenza, quella del ‘97 sui cambiamenti climatici, a Kyoto, dove, viene firmato il “Protocollo di Kyoto” che cola i paesi sviluppati a ridurre drasticamente l’emissione dei cosiddetti gas-serra (vedi la sezione: sul riscaldamento globale)...
C’è comunque una seconda conseguenza importante dei Rapporto della Commissione Brundtland: sempre qui infatti si auspica di stilare una Carta della Terra al fine di «consolidare ed estendere i principi legali rilevanti», creando «nuove norme necessarie per mantenere i mezzi di sostentamento e la vita sul pianeta che condividiamo e per guidare i comportamenti delle nazioni durante la transizione verso uno sviluppo sostenibile». Appare evidente in queste parole un certo richiamo alla tradizione socialista che sta portando le relazioni internazionali verso una sorta di “statalismo globale”, in cui la sovranità dei singoli stati viene via via limitata a favore di un “sovra potere” internazionale che tende a regolare tutte le attività umane di ogni popolo nonché gli indirizzi politici di ciascun governo. E il centro politico di questo “sovrapotere” si trova proprio nelle agenzie dell’ONU.
A ogni modo già nella Conferenza Internazionale di Rio de Janeiro sull’Ambiente (1992) si cerca di varare una Carta della Terra, ma senza successo. L’iniziativa viene rilanciata nel 1994 sotto la guida di Maurice Strong - che era stato il segretario della Conferenza di Rio, poi diventato presidente del neocostituito Earth Council prima di essere promosso negli anni successivi da Kofi Annan a capo della riforma che ha accentrato il potere delle agenzie dell’ONU e di Mikhail Gorbaciov, ex capo di stato sovietico e ora presidente di Green Cross International.
La Carta della Terra è infine promulgata nel marzo 2000. Tale iniziativa, come dicono gli stessi promotori spiegandone il senso, «fa parte del movimento mondiale di etica globale che cerca di identificare obiettivi comuni e valori condivisi che trascendono i confini culturali, religiosi e nazionali. Sul suo sviluppo ha influito la sempre più vasta letteratura in materia di etica globale. Negli ultimi tre decenni la pratica del dialogo multiculturale e interreligioso si è andata ampiamente estendendo ed esiste la consapevolezza sempre maggiore che le genti di tradizioni differenti condividono la fede in molti valori fondamentali». La Carta della Terra, in realtà, è caratterizzata da un certo panteismo, con un riferimento a una generica “comunità di vita” di cui l’uomo è parte insieme ad animali e vegetali.
In questa marcia trionfale verso l’affermazione di questo potere globale - che inorridisce per le manipolazioni genetiche sui vegetali ma incentiva quelle sugli embrioni - si inserisce però una pietra d’inciampo: le elezioni presidenziali americane del novembre 2000 vedono infatti l’affermazione di George W. Bush che per una manciata di voti sconfigge Al Gore, ex vice del presidente Bill Clinton e ambientalista radicale. Bush blocca immediatamente le politiche abortiste del suo predecessore e taglia i fondi alle organizzazioni internazionali - quali l’UNFPA e l’IPPF - accusate di promuovere nel mondo programmi coercitivi di controllo delle nascite.
Stessa sorte tocca ai movimenti ecologisti, costretti a incassare invece il rifiuto della ratifica del Protocollo di Kyoto, considerato un modo per minare l’economia occidentale senza nessun reale vantaggio per l’ambiente. La posizione decisa della nuova amministrazione americana - che si estende fino al divieto della donazione umana - porta scompiglio nelle fila delle diverse correnti in cui si articola il movimento eugenista, e a poco serve la rabbiosa campagna internazionale di propaganda condotta contro Bush. Lo di mostra il sostanziale stop all’agenda del movimento Verde che si registra nel 2002 in occasione del Vertice di Johannesburg sullo Sviluppo sostenibile (si tratta di Rio +10, ovvero la verifica decennale dei Piano d’Azione approvato alla Conferenza sull’Ambiente) e la decisione dell’ONU di non tenere nel 2004 il Vertice Cairo +10, proprio per evitare di farsi rimettere in discussione dall’amministrazione Bush quei principi la cui approvazione tanto deve al predecessore Clinton [34]. Prendono invece coraggio quelle voci - soprattutto dei mondo scientifico - che cercano di smascherare la mistificazione compiuta in nome di interessi ideologici.
Nei capitoli che seguono cercheremo anche noi di smontare, dati alla mano, i principali luoghi comuni che hanno reso diffusa l’attesa di catastrofi e la convinzione che l’uomo sia “il cancro del pianeta”.
Messaggio del 10-07-2011 alle ore 19:01:47
Per la cronaca gli autori di questo articolo sono due giornalisti di Avvenire.
Per la cronaca gli autori di questo articolo sono due giornalisti di Avvenire.
Messaggio del 10-07-2011 alle ore 19:57:49
Messaggio del 10-07-2011 alle ore 20:01:58
One,
che chiov d filmat!
Sei andato a prendere la pizza bianca al prosciutto crudo?
One,
che chiov d filmat!
Sei andato a prendere la pizza bianca al prosciutto crudo?
Messaggio del 10-07-2011 alle ore 21:30:48
e infine:
- perché i contemporanei hanno la fissa dei soldi e del sesso (più dei soldi che del sesso)?
e infine:
- perché i contemporanei hanno la fissa dei soldi e del sesso (più dei soldi che del sesso)?
Messaggio del 11-07-2011 alle ore 09:11:48
Se i soldi non fanno la felicità, figurete la truscia, che cazze po fa!
Se i soldi non fanno la felicità, figurete la truscia, che cazze po fa!
Messaggio del 11-07-2011 alle ore 09:18:50
Messaggio del 11-07-2011 alle ore 14:57:42
san francesco d'assisi era povero e felice come lo era anche san pio. se vuoi posso farti milioni di esempi, ma se non sei disposto a fare un cammino cristiano (decisione che rispetto) è tutto inutile.
san francesco d'assisi era povero e felice come lo era anche san pio. se vuoi posso farti milioni di esempi, ma se non sei disposto a fare un cammino cristiano (decisione che rispetto) è tutto inutile.
Messaggio del 11-07-2011 alle ore 15:07:10
Eh, peccato che poi la chiesa li ha fatti rigirare nella tomba per le porcherie che ha fatto e per il merchandising che ha messo su, grazie al loro nome.
Eh, peccato che poi la chiesa li ha fatti rigirare nella tomba per le porcherie che ha fatto e per il merchandising che ha messo su, grazie al loro nome.
Messaggio del 11-07-2011 alle ore 15:34:27
Io pure sono povera e felice!
Io pure sono povera e felice!
Messaggio del 11-07-2011 alle ore 15:42:15
Messaggio del 12-07-2011 alle ore 00:02:45
io sono povero e bello invece
io sono povero e bello invece
Nuova reply all'argomento:
Il ragazzo bello, ricco e sano...
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