Cultura & Attualità

L'ISTRUTTORIA
Messaggio del 27-09-2009 alle ore 14:40:13
"il lager rimane dentro di noi"




Messaggio del 28-09-2009 alle ore 08:44:16
La resa dei conti
con l'informazione

di CURZIO MALTESE

Comincia nel peggiore dei modi la settimana della difesa della libertà di stampa che si chiuderà con la manifestazione di sabato in Piazza del Popolo. Comincia con Berlusconi che, liquidato con due vecchie e sciocche battute l'incontro con Obama e signora, torna sulla sua ossessiva battaglia per far chiudere le "gazzette della sinistra" e i pochi programmi televisivi che danno ancora voce a mezzo Paese. Con un governo che, per iniziativa del ministro Scajola, pretende contro la legge di stabilire direttamente i palinsesti della tv pubblica. Con una destra che, dalle colonne dei due giornali più diffusi e obbedienti al premier, Giornale e Libero, lancia una campagna per boicottare gli abbonamenti Rai.

La posta in gioco non è la sopravvivenza di Annozero, cui neppure i record di ascolti garantiranno la messa in onda giovedì prossimo. Piuttosto la sopravvivenza economica e politica nell'Italia berlusconiana di un'informazione critica e di opposizione. Ovvero l'essenza di una democrazia. Se qualcuno o addirittura la maggioranza pensa ancora che tutto questo sia normale, allora significa che la democrazia in Italia non ha un gran futuro. Il presente è già inquietante.

Non è normale in nessuna democrazia che un governo rivendichi la concessione di nullaosta per questo o quel programma della tv pubblica. Per la verità, sarebbe illegale anche da noi, visto che la vigilanza sulla Rai spetta di diritto alla commissione parlamentare. Che è sempre presieduta da un esponente dell'opposizione, proprio per garantire l'indipendenza della tv pubblica dal potere esecutivo. Così era quando la destra era all'opposizione. Ma ora che è al governo, Berlusconi ha deciso che le garanzie non valgono più e deve essere il governo a vigilare sulla Rai, su se stesso, su tutto, e a decidere quali programmi mandare in onda. Per farlo ha mandato in campo il ministro dello Sviluppo Economico, Scajola, il quale, invece di occuparsi di uno sviluppo che non c'è, apre un'inchiesta sull'ultima puntata di Annozero. Accusata dal medesimo di spargere "spazzatura, vergogna, infamia, porcherie".

L'accusa è talmente generica che si ha quasi voglia di dar ragione al ministro. In effetti nell'ultima puntata di Santoro hanno parlato quasi soltanto voci del centrodestra: il presidente del Consiglio, il ministro Renato Brunetta, il direttore del Giornale, Vittorio Feltri, l'ex opinionista di corte Filippo Facci e la famosa Patrizia D'Addario, che come qualcuno forse non ricorda, oltre a essere un'amante del premier, è stata candidata del centrodestra alle elezioni amministrative della primavera scorsa. Sono questi "spazzatura, vergogna, infamia, porcherie"? Può darsi, Ma si tratta di spazzatura portata sulla scena pubblica da Berlusconi, compreso l'amico Giampaolo Tarantini, oggetto del ben documentato monologo di Marco Travaglio.

Ma si tratta appena di un pretesto. Con la sua iniziativa Berlusconi, attraverso il ministro Scajola, vuol imporre qualcosa di ancora peggio di una censura. Vuole stabilire un precedente sulla base del quale da ora in poi sarà il governo, cioè il premier, a stabilire i palinsesti Rai. Contro la legge, la decenza (Berlusconi è sempre il padrone di Mediaset) e la celebre volontà popolare, certificata dal primato di audience, della quale all'occorrenza il plebiscitario leader dimostra di fregarsene altamente.

Non bastasse, il padrone ha dato ordine ai giornali sottostanti, Giornale e Libero all'unisono, di lanciare una campagna contro il canone Rai. Anche questa indecente e illegale, perfino per una maggioranza amica degli evasori fiscali, coccolati con infiniti condoni. Come vogliamo chiamarla, ministro Scajola, porcheria o infamia? Qualcuno poi dovrebbe spiegare come mai il ministro dello Sviluppo, il sottosegretario alle Comunicazioni, la stessa Rai, perfino il cacciatore di fannulloni Brunetta, non aprono una bella inchiesta sui collaboratori di Giornale e Libero che con la sinistra lestamente prendono lauti stipendi da viale Mazzini e con la destra firmano per giornali impegnati nel boicottaggio della Rai. Tanto per non far nomi, il neo vice direttore di RaiUno, Gianluigi Paragone, autore di un editoriale che campeggia nella prima pagina di Libero dedicata a "come non pagare il canone". Non solo la destra ha piazzato nella mangiatoia della tv pubblica lottizzati d'infimo profilo, ma pretende pure che a pagarli siano i soli elettori del centrosinistra.

L'obiettivo di imbavagliare la stampa d'opposizione viene perseguito con questi metodi frettolosamente sgangherati, quasi provocatori, da servitù affannata per esaudire, in un modo o nell'altro, i desideri del capo. L'urgenza di Berlusconi di nascondere la sua vera "storia di un italiano" è tale che non c'è più tempo per mediazioni, per i ricami diplomatici di un Letta o i cavilli giuridici di un Ghedini. Il potere berlusconiano va avanti di spada per tagliare l'ultimo nodo democratico, la stampa d'opposizione, che lo separa dall'egemonia assoluta. Si tratta di un disegno tanto chiaro che potrebbe capirlo perfino l'opposizione politica, pur nel suo marasma ideologico. Un'opposizione cui ormai il premier, nel delirio polemico, attribuisce finanche le scritte sui muri di Milano contro i parà uccisi. Se passano questi sistemi, non ci sarà più margine di trattativa, ma una disonorevole resa. Si gioca molto o tutto in pochi giorni, da qui a sabato. Poi rimane solo il cartello di fine trasmissioni.
(28 settembre 2009)






Messaggio del 28-09-2009 alle ore 08:46:33
Le Monde 20 settembre 2009

“Il diritto di sapere del pubblico include inevitabilmente il diritto dei media a porre delle domande.”Rivolta a Silvio Berlusconi, il capo del Governo italiano, la nota è firmata dal rappresentante dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) per la libertà dei media. In una lettera indirizzata a Berlusconi, domenica 20 settembre, Miklos Haraszti gli chiede di ritirare le sue querele contro La Repubblica e L’Unità, due giornali che il primo ministro italiano accusa di diffamazione.

Haraszti si inquieta particolarmente per la somma – tre milioni di euro – richiesta ai due giornali di sinistra dal capo del Governo, tra l’altro considerato come la prima fortuna d’Italia.

La querela contro La Repubblica riguarda le domande pubblicate dal giornale ogni giorno da più mesi a proposito degli scandali sessuali che riguardano la vita privata del Cavaliere.” Il porre domande in modo continuativo, anche partigiano, è uno strumento della funzione correttiva dei media”, insiste il rappresentante OSCE in un comunicato. Sottolinea anche che i dirigenti politici devono accettare un più alto livello di critica rispetto al cittadino ordinario a causa delle funzioni che essi occupano, citando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

“El Pais” e il “Nouvel Obs” nel mirino

La Repubblica chiede tra l’altro al capo del Governo di dare spiegazioni sulle sue relazioni con la giovane Noemi Letizia, il numero degli incontri che ha avuto con la ragazza e dove essi hanno avuto luogo. Il quotidiano vuole anche sapere se Silvio Berlusconi era al corrente della professione esercitata dalle giovani donne invitate ad alcune delle sue feste, tra cui l’escort Patrizia D’Addario. Gli chiede ancora di assicurare che le “sue frequentazioni non hanno compromesso” il buon funzionamento degli affari di Stato. L’Unità è invece perseguito per aver accusato il Cavaliere di minacciare la libertà di stampa.
Silvio Berlusconi ha anche annunciato azioni giudiziarie contro il quotidiano spagnolo El Pais e il settimanale francese le Nouvel Observateur. I dirigenti del giornale spagnolo, che ha pubblicato alcune foto di feste [tenutesi, N.d.T.] nella residenza di Berlusconi in Sardegna dove appaiono donne nude, hanno recentemente annunciato di non aver avuto notizie dagli avvocati del Cavaliere.
Messaggio del 28-09-2009 alle ore 08:50:50

Giurisprudenza violata.
Nino Rizzo Nervo, consigliere
d’a m m i n i s t ra z i o n e
della Rai per il Pd, non sa se
ridere o piangere: quel che
sa per certo è che il passo
annunciato dal ministro delle
Attività produttive (ministero
che ingloba anche le
Comunicazioni) “viola
t re n t ’anni di giurisprudenza
della Corte costituzionale,
nonché il contratto di servizio
tra Rai e governo. Fin
dagli anni 70 la Consulta stabilisce
che il governo non ha
alcun potere di controllo
sulla Rai. L’editore è il Parlamento,
infatti 8 membri
del Cda su 9 sono nominati
dalla commissione parlamentare
di Vigilanza. E le
eventuali violazioni del contratto
di servizio sono competenza
dell’Autorità delle
comunicazioni, non di Scajola”.

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