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NEO-NATI
Messaggio del 28-06-2011 alle ore 18:56:24
“Centomila neonati possono essere uccisi senza che essi provino una quantità di sofferenza uguale a quella che si prova generalmente quando ci si cava un dente” (J. Bentham, Theory of Legislation)
Per Bentham, padre dell’utilitarismo liberale inglese dell’Ottocento, poiché un neonato ha una ridottissima sensibilità al dolore rispetto ad un adulto, la sua vita può essere sempre lecitamente soppressa senza alcuna remora morale, perché la sofferenza causatagli sarà pochissima, meno di quella provata da un adulto che va dal dentista. Di conseguenza il valore della vita di un bambino non è paragonabile al valore della vita di un adulto, che è molto più ricettivo al piacere e al dolore, e la cui morte provocherebbe per questo ben maggior sofferenza, tanto in lui quanto negli altri. Ne discende che bambino ed adulto non hanno uguali diritti e vanno trattati diversamente dalla legge.
Ma Bentham non si ferma qui. Egli non condanna mai l’omicidio in quanto tale (in qualche caso considera doveroso e lodevole uccidere), ma solo quando può provocare terrore fra la popolazione, e quindi dolore. Ma nel caso di un infanticidio questo non accade, perché gli altri neonati non sono in grado di comprendere il dolore arrecato ad uno di loro; quindi l’infanticidio è, secondo il filosofo inglese, addirittura meno dannoso e più approvabile rispetto a qualunque altro omicidio. E difatti - da buon borghese - arriva a giustificarlo quando ad esempio è necessario far sparire le “prove materiali” di un’infedeltà extraconiugale: in questo caso il danno alla reputazione provocherebbe un dolore negli adulti coinvolti ben maggiore della soppressione di un essere ipo-senziente come un inconsistente neonato.
“Centomila neonati possono essere uccisi senza che essi provino una quantità di sofferenza uguale a quella che si prova generalmente quando ci si cava un dente” (J. Bentham, Theory of Legislation)
Per Bentham, padre dell’utilitarismo liberale inglese dell’Ottocento, poiché un neonato ha una ridottissima sensibilità al dolore rispetto ad un adulto, la sua vita può essere sempre lecitamente soppressa senza alcuna remora morale, perché la sofferenza causatagli sarà pochissima, meno di quella provata da un adulto che va dal dentista. Di conseguenza il valore della vita di un bambino non è paragonabile al valore della vita di un adulto, che è molto più ricettivo al piacere e al dolore, e la cui morte provocherebbe per questo ben maggior sofferenza, tanto in lui quanto negli altri. Ne discende che bambino ed adulto non hanno uguali diritti e vanno trattati diversamente dalla legge.
Ma Bentham non si ferma qui. Egli non condanna mai l’omicidio in quanto tale (in qualche caso considera doveroso e lodevole uccidere), ma solo quando può provocare terrore fra la popolazione, e quindi dolore. Ma nel caso di un infanticidio questo non accade, perché gli altri neonati non sono in grado di comprendere il dolore arrecato ad uno di loro; quindi l’infanticidio è, secondo il filosofo inglese, addirittura meno dannoso e più approvabile rispetto a qualunque altro omicidio. E difatti - da buon borghese - arriva a giustificarlo quando ad esempio è necessario far sparire le “prove materiali” di un’infedeltà extraconiugale: in questo caso il danno alla reputazione provocherebbe un dolore negli adulti coinvolti ben maggiore della soppressione di un essere ipo-senziente come un inconsistente neonato.
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