Cultura & Attualità

Un presidente sempre presente :rofl
Messaggio del 23-09-2009 alle ore 20:42:38
[url=http://silvioperilnobel.sitonline.it/]Al ridicolo non c'è fine[/url]

a quando la santità ?

tra parentesi ho ascoltato l'inno e mi sono scompisciato dalle risate, ma temo che la maggior parte degli italiani abbia completamente perso il senso del ridicolo
Messaggio del 23-09-2009 alle ore 20:45:17
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Messaggio del 23-09-2009 alle ore 21:03:47
Ho aperto un post tempo fa

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Messaggio del 23-09-2009 alle ore 21:19:08
infatti, ma la novità è l'inno che ho sentito a radio 24
Messaggio del 23-09-2009 alle ore 21:24:38


godete anke voi
Messaggio del 23-09-2009 alle ore 22:11:11
Siamo all'esaltazione staliniana stile piccolo padre
Messaggio del 25-09-2009 alle ore 11:02:00
approfitto per farvi leggere un pezzo da "Le Monde":


Per cogliere bene la situazione italiana, bisogna immaginare un uomo politico francese che sia allo stesso tempo proprietario di TF1, di France 2 e di M6, capace di nominare i suoi fedeli a capo di Radio France e del resto del servizio pubblico. A questo bisogna aggiungere qualche quisquilia come Hachette, Le Point, Le Figaro e un patrimonio personale, valutato da Forbes, che ammonta a 6,5 miliardi di dollari. Impensabile? A Parigi, forse, ma non a Roma.

I lettori mi scuseranno se chiedo loro ancora uno sforzo d’immaginazione: bisogna accettare l’idea che un miliardario come quello che ho appena descritto sia eletto presidente della Repubblica e che, dall’ Eliseo, lanci una raffica di querele contro i giornali d’opposizione, faccia sparire dalla tv ogni voce critica (anche quelle dei comici) e , per di più, scateni una campagna di calunnie contro il direttore del quotidiano dei vescovi con l’intento di obbligarlo alle dimissioni.

Se tutto questo sembra una misera sceneggiatura, che verrebbe rifiutata da qualunque produttore cinematografico per la sua mancanza di credibilità, è perché la realtà italiana sfida l’immaginazione: non erano ancora trascorse 48 ore dalla pubblicazione dell’articolo del direttore de La Repubblica, Ezio Mauro, in queste colonne (Le Monde del 3 settembre), che Berlusconi si aggiudicava già una nuova vittoria nella sua personale guerra contro la libertà di stampa.

Il 3 settembre, Dino Boffo, il direttore di Avvenire, il giornale della Conferenza Episcopale Italiana, dava le sue dimissioni dopo un attacco de Il Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi. L’ attacco è stato definito “disgustoso” dal cardinale Bagnasco. Ahimé, l’allarme di Mauro – “L’uomo più ricco e potente d’Italia ha deciso di innescare l’offensiva finale contro i giornali che criticano il suo esercizio del potere” – sembra oggi del tutto giustificato.

Indubbiamente, c’ è una trasformazione del regime di Berlusconi verso una forma di democrazia “alla Putin”, dove le elezioni sono organizzate regolarmente, ma dove il risultato è distorto in anticipo per l’influenza del denaro e il controllo rigoroso dei media. Il fatto che i soli due leader al mondo che Berlusconi considera come suoi cari amici, dalla fine del mandato di Bush, siano Putin e Gheddafi non ha niente di casuale.

Lui prova una simpatia istintiva per i leader che non si preoccupano delle “formalità” e non soffrono di “lentezza” nelle loro decisioni. Il Primo Ministro (ed ex presidente) russo e la sua famiglia ricevono regolarmente inviti nelle numerose ville del Presidente del Consiglio italiano.

Il lato buffone di Berlusconi nei suoi incontri internazionali maschera una realtà che non ha nulla di divertente: dal suo ingresso in politica, nel 1994, lavora per consolidare la sua posizione sull’insieme di stampa, editoria e televisione. Ci si dimentica troppo facilmente che nel 1991 Berlusconi è diventato proprietario della più grande casa editrice italiana, Mondadori, comprando un giudice attraverso il suo avvocato, Previti, anch’egli condannato per corruzione a causa di questa stessa vicenda (sentenza confermata dalla Corte di Cassazione nel 2007).

Berlusconi ha debuttato in politica come proprietario di tutti i canali nazionali di tv privata, una posizione che in Francia non gli si avrebbe mai concesso di acquisire. I suoi tre canali non si limitano a proporre programmi di varietà, telepromozioni e vecchi film americani. Vanno ben oltre: i telegiornali di Canale 5, Italia 1 e Rete 4 sono la punta di diamante della propaganda del suo partito, Forza Italia, nel frattempo ribattezzato Popolo delle Libertà. I quotridiani Il Giornale, Il Foglio, Libero, come il settimanale Panorama, attaccano instancabilmente non solo i leader dell’opposizione, ma in ugual misura anche ogni voce dissenziente: intellettuali, Chiesa e Commissione europea.

Dopo ogni vittoria elettorale, [Berlusconi] ha obbligato la RAI, la rete televisiva pubblica, a cambiare i direttori dei canali e dei telegiornali, che sono ormai alla sua mercé. Solo Rai 3 e il suo telegiornale hanno potuto finora mantenere una certa sensibilità “di sinistra”, ma dal mese di agosto anche loro sono entrati nel mirino. I suoi avvocati, che Berlusconi ha fatto eleggere in Parlamento e che talvolta ha nominato Ministri, si battono da 15 anni nei tribunali italiani: prima per proteggerlo dalle conseguenze penali delle sue operazioni, ora, per ridurre al silenzio ogni opposizione.

E così, hanno fatto causa a L’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci nel 1924, e a La Repubblica, il giornale indipendente di centro sinistra che, dal 14 maggio, ogni giorno pone al Primo Ministro dieci domande sui comportamenti che hanno attirato su di lui l’attenzione della stampa internazionale (non è roba da tutti i giorni che un Presidente del Consiglio in carica venga registrato in casa sua da una escort nel momento in cui dice :” Aspettami nel lettone di Putin”.)

L’assenza di solidarietà verso L’Unità e La Repubblica da parte degli altri importanti giornali italiani dimostra che la strategia funziona: il resto della stampa tratta la questione in maniera molto marginale.

Si ipotizza che Berlusconi voglia citare in giudizio la stampa estera per aver fatto notare le sue stravaganze. L’obiettivo principale è il settimanale francese Le Nouvel Observateur, seguito dallo spagnolo El Pais a da numerosi quotidiani inglesi. Vi è una gran dose di megalomania in tutto questo: è difficile vedere un giudice francese o inglese che condanna dei giornalisti per aver posto domande a un politico. E a Parigi, che si sappia, il crimine di lesa maestà è stato cancellato nel 1832. Ma il lato folkloristico del personaggio e le buffonate di cui si rende responsabile a ogni incontro internazionale mascherano una forte presa sul potere.

Gli attacchi contro la stampa non hanno realmente lo scopo di ottenere i risarcimenti che egli chiede nei dossier giudiziari: la strategia mira a intimidire gli altri giornali indipendenti con la minaccia delle battaglie giudiziarie che durerebbero anni e anni, come il caso dello scontro tra William Westmoreland et la CBS sulla guerra in Vietnam. La questione, cominciata con un documentario mandato in onda nel 1982, non terminò che nel 2001, con la retromarcia del generale: i processi civili in Italia vanno avanti con la stessa velocità.

Inoltre, in primavera, Berlusconi ha chiesto agli imprenditori italiani riuniti in congresso di non comparire più in spazi pubblicitari nelle pagine de La Repubblica, per il solo fatto che il giornale haosato criticarlo. Di nuovo, purtroppo, è la prima volta in Occidente che un uomo politico tenta di manipolare il mercato per strangolare un giornale che non gli piace. Certo, non siamo ancora al sistema Putin per sbarazzarsi dei reporter fastidiosi…

Thomas Jefferson, l’autore della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, amava dire che “ogni uomo ha due patrie, la propria, e la Francia”. Sarebbe dunque il momento di aprire un dibattito nella stampa francese, per rispondere a una domanda molto semplice: l’Europa di Jean Monnet, di Robert Schuman e di Altiero Spinelli può tollerare che la democrazia stia agonizzando in uno dei paesi che l’ha creata, l’Italia?

Fabrizio Tonello è docente di scienze politiche a Padova, autore de “Il nazionalismo americano”.

Messaggio del 25-09-2009 alle ore 13:40:25

Thomas Jefferson, l’autore della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, amava dire che “ogni uomo ha due patrie, la propria, e la Francia”. Sarebbe dunque il momento di aprire un dibattito nella stampa francese, per rispondere a una domanda molto semplice: l’Europa di Jean Monnet, di Robert Schuman e di Altiero Spinelli può tollerare che la democrazia stia agonizzando in uno dei paesi che l’ha creata, l’Italia?



no infatti.. con l'italia bisogna fare come in iraq e afghanistan, importare un po' di democrazia



Messaggio del 25-09-2009 alle ore 13:48:55
Be hanno fatto bene a postare l'articolo del times ,tanto per ricordare , nel caso a qualcuno fosse sfuggito qualcosa

Nuova reply all'argomento:

Un presidente sempre presente :rofl

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