Messaggio del 03-02-2010 alle ore 16:14:44
La Dolce Vita ha 50 anni: un capovaloro accolto alla prima con fischi e sputi
di Costanzo Costantini
ROMA (3 gennaio) - Atteso con enorme curiosità per quel che ne dicevano i critici e i giornalisti che erano stati invitati alle proiezioni private, La dolce vita esce in prima nazionale il 3 febbraio 1960 al Fiamma di Roma, il cinema in cui vengono proiettati solitamente i film di Federico Fellini.
Al termine della proiezione, il pubblico esplode in applausi scroscianti, che si protraggono per circa venti minuti, pur se non mancano fischi e voci di dissenso. Ma alla proiezione in serata di gala che ha luogo il 5 febbraio al Capitol di Milano, i fischi e le voci di dissenso superano di gran lunga gli applausi. Nelle scene finali del film gli spettatori si abbandonano a scena aperta a furiose reazioni di protesta, gridando in coro: “Basta!”, “Vergogna!”, “E uno“schifo!”. Quando lasciano la sala, Fellini e Mastroianni vengono insultati a sangue, “vigliacchi”. “debosciati”, “comunisti”; Fellini riceve anche uno sputo sul collo. Alcuni degli spettatori buttano giù la porta del cinema e il prefetto minaccia di sequestrare il film per motivi di ordine pubblico. Nei giorni successivi i cinema in cui lo si proietta a Roma, a Milano e in altre città vengono presi letteralmente d’assalto da coloro che vogliono vederlo. A Napoli i biglietti vengono venduti alla borsa nera.
Ma il Vaticano attacca il film con tale violenza da suscitare conflitti al suo interno, come
quello fra gli arcivescovi di Milano e di Genova, Montini e Siri. Un giornale cattolico lo ribattezza “La schifosa vita”, L’Osservatore Romano gli dedica ben sette articoli, l’uno più pesante dell’altro, il direttore dell’organo vaticano, conte Giuseppe Della Torre, dichiara che si guarderà bene dal vedere quella “porcheria”, quote:
i vescovi veneti proclamano che non assolveranno in confessione i fedeli che oseranno vederlo
, le associazioni cattoliche chiedono che il film venga sequestrato e il negativo dato alle fiamme, esponenti del Msi e della Dc presentano interrogazioni in Parlamento, i più oltranzisti premono perché Fellini venga privato del passaporto come se fosse un delinquente comune che potesse sottrarsi all’arresto riparando all’estero, la televisione di Stato si rifiuta di programmare il fillm.
Il padre gesuita Angelo Arpa promuove, con altri due padri gesuiti, proiezioni al Centro Culturale San Fedele di Milano e all’Istituto Arecco di Genova. I giudizi degli spettatori sono in genere positivi sia a Milano che a Genova, ma le reazioni in Vaticano del tutto negative e punitive per i padri gesuiti. Alla proiezione presso l’Istituto Arecco è presente anche l’arcivescovo della città, cardinale Giuseppe Siri, il quale esprime sul film un giudizio sostanzialmente positivo.
L’indomani il suo giudizio viene ripreso dal quotidiano cattolico genovese Il Nuovo Cittadino, che definisce La dolce vita “un documento sociale” e “un film morale”, riconoscendo a Fellini il merito di aver compiuto «un grande atto di bonifica umana e sociale». La recensione del Nuovo Cittadino, apparsa il 6 febbraio, suscita le ire di Montini, il quale, pur ammettendo di non aver visto il film e di non avere intenzione di vederlo, il 9 febbraio scrive di suo pugno a Siri, suo futuro rivale nella cosa al pontificato, una lettera che dice: «Io ricevo suppliche e proteste molto gravi, quasi si tratti d’un film "di tale immoralità e di tale cattivo esempio della depravazione umana", che si vorrebbe qualche intervento dell’autorità ecclesiastica per farlo togliere dagli schermi».
Gli risponde il I3 febbraio Siri: «E’un film è veritiero, ed è perché colpisce orribilmente la vita di molti , che taluni hanno reagito anche sulla stampa: vi si sono visti descritti ed hanno avuto paura di se stessi» (le due lettere sono state ritrovate dallo storico Paolo Cheda).
L’intransigenza di Montini turba profondamente Fellini, che è cattolico e figlio d’una cattolica religiosissima e pia, la romana Ida Barbiani. Nella speranza di attenuarne il rigore, il regista si reca a Milano, ma dopo due ore di attesa, durante le quali si consulta per telefono con il potente prefetto del Sant’Uffizio cardinale Ottaviani, suo sostenitore nella corsa al pontificato, Montini lo fa mettere alla porta.
La dolce vita ottiene la Palma d’oro a Cannes e viene considerata, secondo una classifica della Bbc, una delle cento opere più geniali del ventesimo secolo nel campo della creatività artistica. Alcuni giudizi? Arthur Miller: «Un monumento». Costa Gavras: «Un film memorabile». Oliver Stone. «Uno dei film più potenti che io abbia mai visto». Robert Altman: «Un film stupendo». Woody Allen: «La dolce vita ha sconvolto la nostra concezione della realtà, il mondo non sarebbe com’è se non fosse esistito Federico Fellini».