La Piazza
a leggenda del pianista è abruzzese
Messaggio del 30-03-2009 alle ore 12:23:58
Scine crasso.ci stanne qiu' culure.si vede ca'si fatte la Palizzi
ci mitte lu' core a' scrive si post
Scine crasso.ci stanne qiu' culure.si vede ca'si fatte la Palizzi


Messaggio del 30-03-2009 alle ore 12:21:10


il mio post je chiu bell


il mio post je chiu bell

Messaggio del 30-03-2009 alle ore 12:05:36
Che cacchio crasso,arisvijete qiu' preste la matine se n'n vu' arriva' seconde
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Editato da Bobrock il 30/03/2009 alle 12:07:43
Che cacchio crasso,arisvijete qiu' preste la matine se n'n vu' arriva' seconde

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Editato da Bobrock il 30/03/2009 alle 12:07:43
Messaggio del 30-03-2009 alle ore 11:51:30
già ho fatto un post
clicca qui
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Editato da Luzy il 30/03/2009 alle 11:52:10
già ho fatto un post
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Editato da Luzy il 30/03/2009 alle 11:52:10
Messaggio del 30-03-2009 alle ore 11:32:35
Emigrato nel 1979, ora e' una celebrità
New York, è un artigiano italiano il «mago dei pianoforti» in vetrina. Si chiama Sante Auriti ed è abruzzese. In questi giorni lavora «a vista» nella centralissima sede della Steinway
NEW YORK - La leggenda del «pianista» sulla Cinquantasettesima. In questi giorni a New York, nella prestigiosa sala di esposizione Steinway Hall, nel cuore della città, è il momento d’oro di Sante Auriti, italiano sbarcato nella Grande Mela trent’anni fa. Nato a Orsogna (Chieti), classe 1951, vive a New York dal 1979. Lo chiamano «Piano man» ma non è un musicista: costruisce strumenti ad Astoria, nel Queens, nella celebre fabbrica di pianoforti Steinway & Sons. Ci lavora da quando ha toccato terra americana per seguire la fidanzata, poi, la scorsa settimana, il salto di qualità: per farsi pubblicità, la ditta gli ha chiesto di intagliare il legno del suo ultimo pianoforte (Luigi XV, il modello) dietro una vetrina, a Manhattan, nel lussuoso showroom sulla Cinquasettesima strada, tra le boutique della Fifth Avenue e i teatri di Broadway.
IL SUCCESSO - A colpi di scalpello, è arrivato il successo. Una pagina sul New York Daily News, foto sul New York Times e svariati articoli online. «Il giorno di St. Patrick (lo scorso 17 marzo, ndr) si saranno fermate a guardarmi quattrocento persone», racconta Sante, mentre di fronte alla vetrina i passanti sostano in continuazione, osservano, scattano foto. Alcuni sono turisti curiosi, altri musicisti esperti, qualcuno saluta perché è già passato di qui e ama tornarci. Chi vuole entra e chiede spiegazioni, e allora «Piano man» li accompagna tra le sale dell’esposizione e mostra alcuni degli strumenti che lui stesso ha costruito. «Questo è in noce, quest’altro in legno di rosa», spiega, e intanto i visitatori attraversano con lui una galleria di memorabilia che racconta un secolo e mezzo di storia della musica: lettere (dei pianisti Paderewski e Rachmaninoff, tra gli altri), disegni e premi raccolti dal 1853 a oggi.
LA FABBRICA – A metà dell’Ottocento un altro immigrato, Heinrich Engelhard Steinweg, nato in una famiglia povera della working class tedesca, decise di americanizzare il suo nome in Henry E. Steinway e di fondare «Steinway & Sons», diventata in seguito una delle più importanti fabbriche di pianoforti da concerto nel mondo. Oggi la ditta produce circa 500 strumenti all’anno e conta su oltre 1.200 artisti che, sulle orme Stravinskij, Duke Ellington e Cole Porter, suonano esclusivamente uno Steinway. Come Steinweg, anche l’italiano Auriti si è fatto da solo, arrivando passo dopo passo all’incarico più prestigioso: casemaker e craftman, ovvero l’artigiano che costruisce la cassa del piano. Dopo trent’anni a New York, racconta una storia d’immigrazione felice, spesa lavorando all’ombra della sua fabbrica: «Abito ancora adesso ad Astoria, vicino alla ditta -. Mi sono trovato bene, ci hanno sempre trattato con rispetto e impegnandomi seriamente sono andato avanti nella carriera». Nostalgia dell’Italia? «In Abruzzo c’è ancora tutta la mia famiglia, ci vado ogni anno nonostante il viaggio sia costoso. Tornare, però, non credo. E’ difficile dopo tanti anni, e in Italia la vita è molto cara». A New York, poi, adesso tocca a Marco, il figlio di 23 anni che qui è nato e già lavora, dopo aver studiato International business. E, ovviamente, anche l’italiano.
Emigrato nel 1979, ora e' una celebrità
New York, è un artigiano italiano il «mago dei pianoforti» in vetrina. Si chiama Sante Auriti ed è abruzzese. In questi giorni lavora «a vista» nella centralissima sede della Steinway
NEW YORK - La leggenda del «pianista» sulla Cinquantasettesima. In questi giorni a New York, nella prestigiosa sala di esposizione Steinway Hall, nel cuore della città, è il momento d’oro di Sante Auriti, italiano sbarcato nella Grande Mela trent’anni fa. Nato a Orsogna (Chieti), classe 1951, vive a New York dal 1979. Lo chiamano «Piano man» ma non è un musicista: costruisce strumenti ad Astoria, nel Queens, nella celebre fabbrica di pianoforti Steinway & Sons. Ci lavora da quando ha toccato terra americana per seguire la fidanzata, poi, la scorsa settimana, il salto di qualità: per farsi pubblicità, la ditta gli ha chiesto di intagliare il legno del suo ultimo pianoforte (Luigi XV, il modello) dietro una vetrina, a Manhattan, nel lussuoso showroom sulla Cinquasettesima strada, tra le boutique della Fifth Avenue e i teatri di Broadway.
IL SUCCESSO - A colpi di scalpello, è arrivato il successo. Una pagina sul New York Daily News, foto sul New York Times e svariati articoli online. «Il giorno di St. Patrick (lo scorso 17 marzo, ndr) si saranno fermate a guardarmi quattrocento persone», racconta Sante, mentre di fronte alla vetrina i passanti sostano in continuazione, osservano, scattano foto. Alcuni sono turisti curiosi, altri musicisti esperti, qualcuno saluta perché è già passato di qui e ama tornarci. Chi vuole entra e chiede spiegazioni, e allora «Piano man» li accompagna tra le sale dell’esposizione e mostra alcuni degli strumenti che lui stesso ha costruito. «Questo è in noce, quest’altro in legno di rosa», spiega, e intanto i visitatori attraversano con lui una galleria di memorabilia che racconta un secolo e mezzo di storia della musica: lettere (dei pianisti Paderewski e Rachmaninoff, tra gli altri), disegni e premi raccolti dal 1853 a oggi.
LA FABBRICA – A metà dell’Ottocento un altro immigrato, Heinrich Engelhard Steinweg, nato in una famiglia povera della working class tedesca, decise di americanizzare il suo nome in Henry E. Steinway e di fondare «Steinway & Sons», diventata in seguito una delle più importanti fabbriche di pianoforti da concerto nel mondo. Oggi la ditta produce circa 500 strumenti all’anno e conta su oltre 1.200 artisti che, sulle orme Stravinskij, Duke Ellington e Cole Porter, suonano esclusivamente uno Steinway. Come Steinweg, anche l’italiano Auriti si è fatto da solo, arrivando passo dopo passo all’incarico più prestigioso: casemaker e craftman, ovvero l’artigiano che costruisce la cassa del piano. Dopo trent’anni a New York, racconta una storia d’immigrazione felice, spesa lavorando all’ombra della sua fabbrica: «Abito ancora adesso ad Astoria, vicino alla ditta -. Mi sono trovato bene, ci hanno sempre trattato con rispetto e impegnandomi seriamente sono andato avanti nella carriera». Nostalgia dell’Italia? «In Abruzzo c’è ancora tutta la mia famiglia, ci vado ogni anno nonostante il viaggio sia costoso. Tornare, però, non credo. E’ difficile dopo tanti anni, e in Italia la vita è molto cara». A New York, poi, adesso tocca a Marco, il figlio di 23 anni che qui è nato e già lavora, dopo aver studiato International business. E, ovviamente, anche l’italiano.
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