La Piazza

Neanche i giapponesi sono perfetti
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 05:20:08
e comunque l'uomo giapponese (orientale in genere) è al di là di ogni desiderio
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 05:19:30
ladri di mutande..azz..occhio al bucato
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 04:14:14
suicidi in giappone
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Editato da El Treble il 27/03/2011 alle 04:14:57
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 04:05:04
Italia – Giappone: due mondi diversi

Pubblicato da iacchi il giorno 29 maggio 2007 alle 12:10.

Ieri si è suicidato un ministro del governo giapponese: oggi averbbe dovuto rispondere alle domande di una commissione che lo accusava di corruzione. Probabilmente era colpevole.
Questa notizia mi ha fatto subito pensare ai nostri, di politici, che spesso e volentieri pensano prima ai loro interessi che ai nostri. Non che in Giappone siano perfetti, ma lì se uno viene beccato si suicida per salvare quel minimo di onore che gli resta, qui in Italia invece si inventano leggi per depenalizzare il reato commesso, oppure per annullarne la pena.
Qui sta la differenza.

La notizia di ieri mi ha fatto capire quanto ancora valgano per i giapponesi gli antichi costumi, nonostante la modernizzazione dell’ultimo mezzo secolo, che ha sconvolto la loro società.

La notizia mi ha anche fatto ripensare al fatto che effettivamente il Giappone e l’Italia, o l’Occidente in genere se vogliamo, sono veramente due mondi completamente diversi, che abitano sullo stesso pianeta.
L’estate scorsa mi sono recato in Giappone (precisamente nell’isola di Hokkaido, una delle parti meno “ammodernizzate” della nazione) perché invitato da dei nostri amici di Hong Kong, e abbiamo girato con una guida molto preparata e gentile che ci ha spiegato appunto la vita in Giappone (visto che lei stessa aveva studiato e vissuto là per un periodo). È incredibile vedere le differenze esistenti tra i cinesi (ok, Hong Kong non è proprio Cina ma la mentalità per buona parte è quella) e i giapponesi, che pure distano soltanto un’ora e mezzo di aereo.
Tenterò di riportarvi qui di seguito le notizie che la guida ci ha fornito, unite alle mie impressioni “a occhio”, in modo da darvi un’idea della società giapponese oggi.

Tanto per iniziare, parafrasando Obelix, si potrebbe dire che “Sono pazzi, questi giapponesi”!
Partiamo dal lavoro: quando nei film o nei cartoni animati vedete schiere di dipendenti riunirsi in grandi cortili in azienda per fare ginnastica e cantare l’inno aziendale – è tutto vero!!
Gli impiegati arrivano prima in azienda per svolgere tutte queste attività e poi iniziare il lavoro in orario. Ma questo non basta per far capire quanto l’azienda e il lavoro venga avanti tutto per un giapponese. Negli ultimi anni, sempre più donne abbandonano i lavori di casa per andare a lavoro; bene: immaginiamo che chiami l’asilo per informare che il proprio bambino sta male: qui in Italia la donna prende una mezza giornata di permesso e va ad accudire il bambino, lo porta all’ospedale o comunque dal medico se serve. In Giappone, a meno che il pargolo non stia per morire, nessuno si sogna di lasciare l’azienda o chiedere permessi (eppure non è vietato): prima si finisce il turno, poi si va dal figlio.
Se il marito torna a casa tardi la sera, la moglie è contenta: dopo l’orario di lavoro i giapponesi vanno di solito a prendersi una birra (quando non di più forte: l’alcolismo è una delle maggiori piaghe in Giappone) con i colleghi, quindi se il marito torna tardi significa che è andato a bere con i colleghi, e questo vuol dire anche che è ben voluto in azienda.

Nelle aziende in Giappone non si licenzia, e tuttavia c’è un mobbing pazzesco: quando un dipendente lavora male e non fa il proprio dovere, non lo si licenzia, né gli si decurta lo stipendio. Ad esempio, però, gli si assegna una scrivania all’ingresso, dove lui deve semplicemente stare seduto a non far niente in modo che tutti possano vedere che non è in grado di svolgere il suo lavoro. Qui da noi qualcuno forse potrebbe anche essere contento: portare a casa la pagnotta senza fare niente; lì si arriva al suicidio, tanta è l’onta (anche perché questa cosa dopo un po’ “si sà” anche all’esterno dell’azienda, ed è difficile poi trovare un lavoro). Se poi lavorate per una multinazionale giapponese e avete un capo filiale di quella nazione, non pensate che lui sia bravo e che è stato promosso: spesso le persone più scomode o rompiballe vengono promosse a livelli dirigenziali e spediti nelle filiali estere per levarseli di torno.

Anche la gestione del personale è profondamente diversa, e rispecchia una mentalità di cordialità: qui da noi se uno vuol cambiare lavoro, o gliene viene proposto una da un’azienda oppure è lui che lo chiede alla nuova, dà le dimissioni dalla vecchia ed entra a lavorare nella nuova. In Giappone ugualmente vengono fatte offerte ai dipendenti oppure è la persona che chiede di essere assunto, ma c’è poi una bella differenza: al momento del trasferimento è il capo-reparto della nuova azienda che chiede il permesso al parigrado della vecchia di poter lasciare andare il lavoratore perché possa andare a lavorare da lui. A quel punto (mi pare) il capo-reparto da sempre il consenso perché ovviamente il lavoratore è libero difare quel che vuole (ripeto: mi pare), però già il fatto che debba avvenire questo passaggio in più denota un modo di ragionare completamente diverso.

Per quanto detto finora, sembra che i giapponesi siano proprio partiti di testa, tuttavia c’è da dire che a differenza dellItalia, là chi lavora guadagna: ha sempre uno stipendio base di 12-13-14 mensilità a seconda del lavoro, in più se l’azienda guadagna bene, gli utili vengono ripartiti anche tra i dipendenti: è raro che non si ricevano almeno due mensilità in più rispetto a quelle del contratto, e ci raccontava la guida che si sono anche verificati casi record di 27 mensilità in un anno.
Personalmente continuo a pensare che non siano proprio sani di mente, comunque a voi la scelta!

Passando alla società giapponese: negli ultimi anni (diciamo soprattutto dopo la seconda guerra mondiale) è in atto un profondo cambiamento negli usi e nei costumi dei giapponesi, che secondo me li sta in parte spiazzando. Non dimentichiamo che che il Giappone è sempre stata una nazione molto chiusa in sé stessa, e che il primo porto commerciale con l’estero (o almeno con l’Occidente) è stato aperto (o meglio: sono stati forzati ad aprirlo) solo dopo il 1900, quindi meno di un secolo fà. L’isola di Hokkaido è una delle zone meno modernizzate del Giappone, che in parte conserva la fisionomia del passato, comunque è impressionante vedere le differenze tra le nuove costruzioni e le vecchie. Ad esempio, sta scomparendo nelle case l’uso del tatami in favore di un normale pavimento, e anche l’architettura tipica giapponese è ormai accantonata per lasciar spazio all’architettura occidentale. In pratica stanno rinnegando completamente le loro radici per uniformarsi allo stile di vita occidentale, e questo secondo me è tutt’altro che positivo.

Un’altra grande differenza rispetto a noi europei (gli americani non so) sono i bagni. Non sto scherzando: in Giappone praticamente ogni esercizio pubblico ha un bagno, e per di più è liberamente usabile, nel senso che posso fermarmi, entrare solamente per andare in bango, e poi riuscire. Senza problemi. Sembra una sciocchezza, ma secondo me fa capire bene quanto ragioniamo in modo diverso.

Passiamo alle canzoncine: avete presente (sempre nei film o nei cartoni animanti) quando si sentono tutte quelle canzoncine ridicole inondare l’aria di strade, negozi, etc.? È tutto vero anche questo! Appena arrivati a Sapporo abbiamo fatto un giro e sono entrato in un negozio di elettronica/informatica giusto per vedere i prezzi. Dagli altoparlanti usciva una musichetta appunto uasi da cartone animato, che durava circa 30-40 secondi in loop infinito. Vi posso assicurare che dopo un quarto d’ora lì dentro mi era venuta voglia di fucilare tutti gli altoparlanti, o in alternativa disintegrare l’apparecchio che leggeva quella musichetta.

In una nazione dove a volte non si deve neanche rivolgere la parola a certe persone, e dove comunque la cortesia è insita nel linguaggio stesso, c’è un uso della comunicazione a gesti molto sviluppato. Purtroppo non ricordo bene come erano i gesti, però mi ricordo che esistevano dei gesti per cose che noi manco ci sogneremmo, e in più esistono gesti per gli uomini e altri per le donne, perché considerati più graziosi e quindi più appropriati ed educati per il sesso femminile. Ovviamente poi ci sono gesti da usare con gli amici, con i colleghi e con i capi, insomma: per tutti i gradi di formalità.
Il solo gesto per l’ok è tutto un programma. Quando la guida ce l’ha detto quasi non ci credevo, poi l’ho visto effettivamente fare… In pratica, dovete congiungere le punte delle dita delle vostre mani, facendo con le braccia un ampio cerchio sopra la vostra testa, e piegare il capo un po’ di lato.

Spero di essere riuscito a dare un’idea della società giapponese, credo concorderete con me che siamo veramente due mondi completamente diversi. E se vi chiedete come mai quel ministro si è suicidato, ora credo possiate comprendere meglio le motivazioni. Poi può darsi che mi sbagli e che ci sia tutt’altro dietro.

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MORIRE DI LAVORO: IN GIAPPONE ACCADE. E IN ITALIA?

9 Luglio 2008
montagnadilavorosv3.jpg

Nella lingua inglese è entrato in uso un nuovo vocabolo, Karoshi. Letteralmente significa “morto per eccesso di lavoro” ed è un espressione che arriva dal Giappone, lo stato che detiene il triste primato del maggior numero di suicidi legati alle condizioni di lavoro.

Cosa dicono le statistiche
L’ILO, l’Organizzazione Internazionale del lavoro, stima che in Giappone il numero di persone che lavorano più di 50 ore a settimana superi il 28%, tantissimo rispetto al 10% della media europea. Mentre dal 1998 all’inizio del 2007, il numero dei suicidi riconducibili a cause di lavoro, sono stati più di 30.000 con un aumento vertiginoso rispetto agli anni passati. Le cause sono sempre le stesse: ritmi massacranti, ferie negate e straordinari talvolta pari al 100% del normale orario di lavoro.

La storia di Uendan
Emblematico è il caso di un ragazzo giapponese, suicidatosi a 23 anni dopo 16 mesi di lavoro massacrante. Assunto da una società appaltatrice, la Nextar, Uendan era stato poi inserito come ispettore di produzione presso la Nikon. Tra straordinari, turni anche di notte e trasferte di lavoro raggiungeva a volte le 250 ore lavorative al mese lavorando anche 15 ore al giorno consecutivamente, senza mai un giorno libero. In breve tempo aveva perso 13 chili, aveva iniziato a soffrire di disturbi vari tra cui di mal di stomaco e insonnia e era sprofondato in una terribile depressione. Fino ad un giorno del marzo 1999 quando, esasperato, si è tolto la vita lasciando un biglietto con scritto:
“Tutto il tempo che ho passato è stato sprecato“.

La sentenza
Sei anni dopo, nel marzo del 2005, il tribunale distrettuale di Tokyo ha dichiarato colpevoli sia la Nextar che la Nikon ordinando ad entrambe un risarcimento danni. Si tratta di una sentenza esemplare, che però non è bastata a tutelare i lavoratori nipponici. In Giappone infatti, per alcune categorie professionali, non esiste alcuna tutela e i criteri di legge riguardanti le ore lavorative, sono ben lontani dagli standard internazionali.

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Messaggio del 27-03-2011 alle ore 03:09:41
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 03:04:50
forse è per questo che c'hanno la psicosi della tecnologia e del progresso e so pure na massa di pervertiti clicca
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Editato da El Treble il 27/03/2011 alle 03:06:38
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 01:43:15
i giapponesi so MICROdotati invece le giapponesi so bone
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 01:31:28
Lucacana` dicono che la stessa cosa valga per le Giapponesi, se capisci a me
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 01:08:44
I giapponesi sono minidotati....
Messaggio del 27-03-2011 alle ore 00:44:33
i giapponesi trombare? e quando ? si riproducono in provetta
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 22:27:59
adonà, magari trovano il tempo di trombare più di noi
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 22:27:01
perchè mi staccavano le dita? ho i pollici fasciati adesso tuttobene, che fai, tiri i piedi?
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 22:13:24
se nasceva in giappone a ziomitch gli staccavno le dita
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 22:10:54
perfetti...gialli co gli occhi piccoli...ma quando mai !
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 21:32:50

a dire la verità, adonai, anche tra gli stessi giapponesi il numero di suicidi non è esattamente basso.

Si vede che non è abbastanza alta, se sono più del doppio degli italiani.
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 17:01:09
il problema sta negli spaghetti di cui ci ingozziamo noi italiani
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 13:48:11


la perfezione non esiste.
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 13:07:32
a dire la verità, adonai, anche tra gli stessi giapponesi il numero di suicidi non è esattamente basso.
Messaggio del 26-03-2011 alle ore 12:38:58
I giapponesi ricostruiscono km di autostrada in pochi giorni, perché non sono come noi, non passano la giornata a lamentarsi di quello che gli altri non fanno, agiscono.

Se a noi (tranne che non siamo settentrionali, in quel caso le eventuali proteste durano non più di una settimana, perché per il resto si danno da fare da sé) capita una disgrazia, ci mettiamo in piazza a protestare, ci indigniamo perché i soccorsi e gli aiuti non sono celeri, e andiamo avanti anche per anni, in attesa che qualcuno faccia qualcosa, apriamo post pieni di risentimento per la disonestà altrui.

Invece in Giappone 130 persone ritengono sia loro dovere andare a morire per i gravi errori commessi da qualcun altro. Perché a Fukushima c'è stato un grave errore umano, compiuto consapevolmente, conosciuto già da anni, e volutamente trascurato: nemmeno i giapponesi sono perfetti.

Eppure si vede che, nonostante alcuni (molti) abbiano sbagliato, ce ne sono altri che non si applicano immediatamente ed esclusivamente alla recriminazione, alla ricerca del colpevole, ma alla soluzione del problema.

Perché anche se non si hanno buoni politici, un popolo disciplinato ed educato è in grado di superare, nel modo migliore possibile, qualsiasi difficoltà.

Si possono anche ammirare, ma non esiste un solo, nemmeno una molecola di italiano, che non si suiciderebbe dopo mezza giornata, se dovesse veramente aderire a quella disciplina.

Quindi non so se sia più ridicolo essere come siamo noi, o invidiare quello che sono gli altri.

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Neanche i giapponesi sono perfetti

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