La Piazza
Vi racconto una storia
Messaggio del 26-04-2009 alle ore 20:29:02
Si legge sempre delle stesse storie, in ogni giorno dell'anno. E io che pensavo che la storia, così come la giustizia, fosse senza limiti nè colore, che fosse a 360 gradi, non 40 scarsi.
Si legge sempre delle stesse storie, in ogni giorno dell'anno. E io che pensavo che la storia, così come la giustizia, fosse senza limiti nè colore, che fosse a 360 gradi, non 40 scarsi.
Messaggio del 26-04-2009 alle ore 06:30:16
I vostri stragisti invece li mandate all'università a tenere lezione
I vostri stragisti invece li mandate all'università a tenere lezione

Messaggio del 25-04-2009 alle ore 23:16:35
Alle ore 20 circa entra nella masseria sede del comando tedesco il ventenne sottotenente Wolfgang Lehningk-Emden e avverte il comandante della compagnia, tenente Raschke, che da una casa vicina stanno facendo segnali luminosi. "Questa gente - dice Lehningk _ dovrebbe essere presa e fucilata". Raschke gli risponde di non volersi assumere una responsabilità del genere e si reca alla sede del comando tattico del battaglione. Lehnigk-Emden a questo punto prende il comando. E' intenzionato ad andare alla casa da cui provengono i segnali luminosi. Dopo mezz'ora la pattuglia fa ritorno con sette; ci sono anche due donne.
Cosa era successo? Lenhigk-Emden e i suoi uomini avevano scoperto ai piedi della collina, a poche centinaia di metri di distanza, la masseria della famiglia Albanese, in cui si trovavano diverse famiglie. All'interno aveva trovato circa venti/trenta persone. Si era presentato come inglese e aveva chiesto loro notizie circa le posizioni tedesche. Gli avevano indicato la casa in cui si trovava la sede di comando tattico della compagnia. Per Lehnigk.Emden dovevano pagare con la vita questa informazione, così aveva portato via dalla masseria degli Albanese i due padri di famiglia, insieme ai due figli non sposati e li aveva condotti alla sede di comando tattico.
Ma non erano stati portati via solo gli uomini: c'era anche un giovane di quattordici anni e il maschio più anziano della famiglia Albanese. Anche due donne facevano parte del gruppo che si avvicinava alla sede del comando.
Davanti alla sede del comando tattico della compagnia i tre tedeschi spararono da distanza ravvicinata. Poi afferrarono le donne e diedero loro un "colpo di grazia" alla testa. Alla fine giacevano a terra setta morti.
LehnigK-Emden gridò allora agli altri membri della compagnia che si trovavano nella sede del comando che era giunto il momento di scendere per "farla finita anche con gli altri".
Nella masseria della famiglia Albanese, quindici persone attendevano il ritorno dei propri familiari: si trattava dei quattro bambini della famiglia Perrone, della loro madre e inoltre dei quattro bambini della famiglia D'Agostino e della loro nonna sessantatreenne; della quattro ragazze della famiglia Albanese e della madre.
Un quarto d'ora dopo scoppiarono degli spari. I soldati nella sede del comando udirono colpi di fucile e di pistola. Sentirono anche la detonazione di due bombe a mano. Le donne e i bambini urlavano.
La seconda carneficina riguardava esclusivamente donne e bambini sotto i dodici anni. Probabilmente per prima cosa vennero lanciate le bombe a mano all'interno della masseria, poi si sparò a chi usciva dalla casa e infine i sopravvissuti vennero uccisi con colpi di pistola e baionette.
(LUTZ KLIMKHAMMER, Stragi naziste in Italia, 1943-44)
Alle ore 20 circa entra nella masseria sede del comando tedesco il ventenne sottotenente Wolfgang Lehningk-Emden e avverte il comandante della compagnia, tenente Raschke, che da una casa vicina stanno facendo segnali luminosi. "Questa gente - dice Lehningk _ dovrebbe essere presa e fucilata". Raschke gli risponde di non volersi assumere una responsabilità del genere e si reca alla sede del comando tattico del battaglione. Lehnigk-Emden a questo punto prende il comando. E' intenzionato ad andare alla casa da cui provengono i segnali luminosi. Dopo mezz'ora la pattuglia fa ritorno con sette; ci sono anche due donne.
Cosa era successo? Lenhigk-Emden e i suoi uomini avevano scoperto ai piedi della collina, a poche centinaia di metri di distanza, la masseria della famiglia Albanese, in cui si trovavano diverse famiglie. All'interno aveva trovato circa venti/trenta persone. Si era presentato come inglese e aveva chiesto loro notizie circa le posizioni tedesche. Gli avevano indicato la casa in cui si trovava la sede di comando tattico della compagnia. Per Lehnigk.Emden dovevano pagare con la vita questa informazione, così aveva portato via dalla masseria degli Albanese i due padri di famiglia, insieme ai due figli non sposati e li aveva condotti alla sede di comando tattico.
Ma non erano stati portati via solo gli uomini: c'era anche un giovane di quattordici anni e il maschio più anziano della famiglia Albanese. Anche due donne facevano parte del gruppo che si avvicinava alla sede del comando.
Davanti alla sede del comando tattico della compagnia i tre tedeschi spararono da distanza ravvicinata. Poi afferrarono le donne e diedero loro un "colpo di grazia" alla testa. Alla fine giacevano a terra setta morti.
LehnigK-Emden gridò allora agli altri membri della compagnia che si trovavano nella sede del comando che era giunto il momento di scendere per "farla finita anche con gli altri".
Nella masseria della famiglia Albanese, quindici persone attendevano il ritorno dei propri familiari: si trattava dei quattro bambini della famiglia Perrone, della loro madre e inoltre dei quattro bambini della famiglia D'Agostino e della loro nonna sessantatreenne; della quattro ragazze della famiglia Albanese e della madre.
Un quarto d'ora dopo scoppiarono degli spari. I soldati nella sede del comando udirono colpi di fucile e di pistola. Sentirono anche la detonazione di due bombe a mano. Le donne e i bambini urlavano.
La seconda carneficina riguardava esclusivamente donne e bambini sotto i dodici anni. Probabilmente per prima cosa vennero lanciate le bombe a mano all'interno della masseria, poi si sparò a chi usciva dalla casa e infine i sopravvissuti vennero uccisi con colpi di pistola e baionette.
(LUTZ KLIMKHAMMER, Stragi naziste in Italia, 1943-44)
Messaggio del 25-04-2009 alle ore 15:42:02
Pietro Benedetti: anni 41 — ebanista — nato ad Atessa (Chieti) il 29 giugno 1902. Fucilato a Roma il 29 aprile 1944.
11 aprile 1944
Ai miei cari figli.
Amatevi l'un l'altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia mancanza. Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il miglior ornamento di chi vive. Dell'amore per l'umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili.
Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla.
Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.
Siate umili e disdegnate l'orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita.
Forse, se tale è il mio destino, potrà sopravvivere a questa prova; ma se così non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte.
(da Lettere dei condannati a morte della Resistenza Europea)

Pietro Benedetti: anni 41 — ebanista — nato ad Atessa (Chieti) il 29 giugno 1902. Fucilato a Roma il 29 aprile 1944.
11 aprile 1944
Ai miei cari figli.
Amatevi l'un l'altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia mancanza. Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il miglior ornamento di chi vive. Dell'amore per l'umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili.
Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla.
Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.
Siate umili e disdegnate l'orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita.
Forse, se tale è il mio destino, potrà sopravvivere a questa prova; ma se così non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte.
(da Lettere dei condannati a morte della Resistenza Europea)

Messaggio del 25-04-2009 alle ore 15:24:35
VOMITO DI CANE ANCHE PER LUI VERRA' IL GIORNO DEL GIUDIZIO
VOMITO DI CANE ANCHE PER LUI VERRA' IL GIORNO DEL GIUDIZIO
Messaggio del 25-04-2009 alle ore 15:18:17
sto libro l'ho letto
sto libro l'ho letto

Messaggio del 25-04-2009 alle ore 15:12:16
Le esecuzioni si svolsero all'inizio con precisione militare. Furono cinque ufficiali delle SS, il 24 marzo del 1944, a dare l'avvio all'operazione. I prigionieri, che avevano le mani legate dietro la schiena, dovettero inginocchiarsi a terra, con il viso rivolto verso la parete e la testa chinata verso il basso. Gli venne puntata la pistola alla nuca. Al comando, ognuno degli ufficiali addetti alla custodia sparò all'uomo inginocchiato che aveva davanti. Un medico controllò se la morte fosse sopraggiunta. I cinque nomi vennero quindi cancellati dalla lista dei Todeskandidaten (candidati alla morte). Non era passati neanche quattro minuti che una squadra di ufficiali subentrò con altri cinque prigionieri.
Le successive dieci squadre di esecuzione consistevano ciascuna di cinque uomini delle SS con il grado di sottoufficiali. Ogni squadra procedeva all'esecuzione dei suoi cinque prigionieri, lasciava la grotta e rimaneva fuori in attesa del suo turno successivo. Non vi fu praticamente resistenza da parte delle vittime. La maggior parte dei prigionieri si lasciò condurre al macello senza ribellarsi. Solo pochi, disperati, tentarono di difendersi ma furono colpiti con il calcio del fucile fino a perdere conoscenza o a morire. Gli altri prigionieri attendevano fuori, sentivano gli spari. Cosa passasse nella mente di quelli che aspettavano possiamo solo immaginarlo. Avevano chiaro il significato di ciò che stava accadendo.
Il turno mortale si ripetè per 67 volte, finchè vennero uccisi tutti i 335 prigionieri.
Un Hauptsturmfuhrer delle SS controllava la lista dei prigionieri, chiamava quelli che attendevano la morte e tirava un rigo sui nomi: il commissario della polizia criminale Erich Priebke.
(LUTZ KLINKHAMMER, Stargi naziste in Italia, 1943-44)
Le esecuzioni si svolsero all'inizio con precisione militare. Furono cinque ufficiali delle SS, il 24 marzo del 1944, a dare l'avvio all'operazione. I prigionieri, che avevano le mani legate dietro la schiena, dovettero inginocchiarsi a terra, con il viso rivolto verso la parete e la testa chinata verso il basso. Gli venne puntata la pistola alla nuca. Al comando, ognuno degli ufficiali addetti alla custodia sparò all'uomo inginocchiato che aveva davanti. Un medico controllò se la morte fosse sopraggiunta. I cinque nomi vennero quindi cancellati dalla lista dei Todeskandidaten (candidati alla morte). Non era passati neanche quattro minuti che una squadra di ufficiali subentrò con altri cinque prigionieri.
Le successive dieci squadre di esecuzione consistevano ciascuna di cinque uomini delle SS con il grado di sottoufficiali. Ogni squadra procedeva all'esecuzione dei suoi cinque prigionieri, lasciava la grotta e rimaneva fuori in attesa del suo turno successivo. Non vi fu praticamente resistenza da parte delle vittime. La maggior parte dei prigionieri si lasciò condurre al macello senza ribellarsi. Solo pochi, disperati, tentarono di difendersi ma furono colpiti con il calcio del fucile fino a perdere conoscenza o a morire. Gli altri prigionieri attendevano fuori, sentivano gli spari. Cosa passasse nella mente di quelli che aspettavano possiamo solo immaginarlo. Avevano chiaro il significato di ciò che stava accadendo.
Il turno mortale si ripetè per 67 volte, finchè vennero uccisi tutti i 335 prigionieri.
Un Hauptsturmfuhrer delle SS controllava la lista dei prigionieri, chiamava quelli che attendevano la morte e tirava un rigo sui nomi: il commissario della polizia criminale Erich Priebke.
(LUTZ KLINKHAMMER, Stargi naziste in Italia, 1943-44)
Nuova reply all'argomento:
Vi racconto una storia
Registrati
Mi so scurdate la password
Hai problemi ad effettuare il login?
segui le istruzioni qui