Massmedia
ENDEMO...NITI!
Messaggio del 30-05-2007 alle ore 14:03:41
Esiste un illustre precedente storico per capire il «caso Endemol». Un precedente che ha un nome: «cavallo di Troia». Ne ha parlato tale Omero, qualche migliaio di anni fa, in un libro chiamato «Odissea». Lì c'erano due eserciti che guerreggiavano, così come qui ci sono due grosse aziende tra loro concorrenti (Rai e Mediaset). Sia allora che oggi, il nemico riesce ad inserirsi nel pieno del campo avverso, si suppone per conquistare la fortezza nemica dal di dentro. C'è solo una differenza: lì si è infilato, con l'astuzia, un grosso cavallo di legno contenente soldati assetati di sangue, qui prima si aspetta che s'infilino i prodotti di una grossa società che produce programmi televisivi (sì, un po' come un virus...), poi ci si appropria della grossa società di cui sopra, e di nuovo si conquista la fortezza nemica dal suo interno.
Certo, ora è tutto un chiacchierare su «format», «content provider» e «broadcaster», ma il senso è quello. Visto che la Rai, via Endemol e altre società produttrici di format, ha cominciato tanto tempo fa - e chissà perché - a trasmettere programmi simili a quelli del concorrente (nella fattispecie «Affari tuoi», svariati reality show e certi tipi di fiction), rendendosi di conseguenza culturalmente e identitariamente somigliante al concorrente principale, è poi un po' curioso stupirsi quando questo, che nella fattispecie si chiama Mediaset, entra con gran frastuono in viale Mazzini, vieppiù dalla porta principale. Operazione che oggi risulta efficacissima, grazie al fatto che Endemol è stata così astuta da diversificare con notevole perseveranza la sua strategia produttiva. In effetti, la società ora di proprietà Mediaset, ha finito per toccare i due gangli vitali dell'azienda Rai: il portafoglio da una parte («Affari Tuoi» è considerato uno dei polmoni della tv di Stato, visto che tutti i santi giorni garantisce ascolti altissimi nonché, di conseguenza, investimenti pubblicitari altrettanto alti), l'identità dall'altra («Che tempo che fa» di Fabio Fazio, programma di culto che contribuisce non poco al carattere peculiare della rete tre del servizio pubblico).
Endemol giura autonomia. Anche senza abbandonarsi a cupi pensieri tipo «Grande fratello» (del tutto casualmente proprio il titolo del più famoso programma Endemol...), non si capisce bene, però, perché mai Mediaset - che non si suppone abitata da santi - debba rinunciare a rafforzarsi produttivamente e come azienda ai danni del principale concorrente. Non si capisce perché, producendo più o meno direttamente un programma come quello di Fabio Fazio, dovrebbe rinunciare ad un proprio controllo editoriale (ossia, tanto per fare un esempio, non si capisce perché si debba supporre che tollererà che lì se ne dicano, com'è capitato, di cotte e di crude sul Silvio medesimo, lì definito anche «la barzelletta che cammina»). Attualmente, le dichiarazioni dei vertici biscioneschi (Pierfiglio) sono grandiose. Cose del tipo: «Non vorremmo che la Rai possa farsi del male selezionando la propria offerta in base al titolare della società che gliela propone e non in base ai propri interessi editoriali». Tradotto in italiano vuol dire: l'unico modo che ha oggi la Rai per fare i propri interessi è quello di fare gli interessi di Mediaset. Detto da uno che di cognome fa Berlusconi non suona un granché rassicurante.
In realtà, è proprio l'invenzione dei format - cioè di programmi realizzati su scala industriale da una società esterna che poi li vende alle emittenti - ad essere perversa. Oggigiorno se dici che tutto sommato non è poi così sbagliato se un'emittente i programmi se li produce e fabbrica da sola (un po' come succede in un giornale, di cui gli articoli sono scritti in casa e non dati da scrivere in «outsourcing», come si usa dire), ti trattano come un antimoderno, un matusa nostalgico o - nel migliore dei casi - un inguaribile romantico, visto che tanto tra un po' la televisione si guarda al telefono. Ma se la Rai, che ha diecimila dipendenti, si facesse i programmi da sola, ora non si troverebbe in questi guai. Non si troverebbe con un cavallo di Troia - catodico, sì, ma non per questo meno pericoloso - piazzato in mezzo alle sue telecamere.
(articolo di roberto brunelli sull'Unità)
cosa ne pensate dell'acquisizione da parte di mediaset della endemol?
Esiste un illustre precedente storico per capire il «caso Endemol». Un precedente che ha un nome: «cavallo di Troia». Ne ha parlato tale Omero, qualche migliaio di anni fa, in un libro chiamato «Odissea». Lì c'erano due eserciti che guerreggiavano, così come qui ci sono due grosse aziende tra loro concorrenti (Rai e Mediaset). Sia allora che oggi, il nemico riesce ad inserirsi nel pieno del campo avverso, si suppone per conquistare la fortezza nemica dal di dentro. C'è solo una differenza: lì si è infilato, con l'astuzia, un grosso cavallo di legno contenente soldati assetati di sangue, qui prima si aspetta che s'infilino i prodotti di una grossa società che produce programmi televisivi (sì, un po' come un virus...), poi ci si appropria della grossa società di cui sopra, e di nuovo si conquista la fortezza nemica dal suo interno.
Certo, ora è tutto un chiacchierare su «format», «content provider» e «broadcaster», ma il senso è quello. Visto che la Rai, via Endemol e altre società produttrici di format, ha cominciato tanto tempo fa - e chissà perché - a trasmettere programmi simili a quelli del concorrente (nella fattispecie «Affari tuoi», svariati reality show e certi tipi di fiction), rendendosi di conseguenza culturalmente e identitariamente somigliante al concorrente principale, è poi un po' curioso stupirsi quando questo, che nella fattispecie si chiama Mediaset, entra con gran frastuono in viale Mazzini, vieppiù dalla porta principale. Operazione che oggi risulta efficacissima, grazie al fatto che Endemol è stata così astuta da diversificare con notevole perseveranza la sua strategia produttiva. In effetti, la società ora di proprietà Mediaset, ha finito per toccare i due gangli vitali dell'azienda Rai: il portafoglio da una parte («Affari Tuoi» è considerato uno dei polmoni della tv di Stato, visto che tutti i santi giorni garantisce ascolti altissimi nonché, di conseguenza, investimenti pubblicitari altrettanto alti), l'identità dall'altra («Che tempo che fa» di Fabio Fazio, programma di culto che contribuisce non poco al carattere peculiare della rete tre del servizio pubblico).
Endemol giura autonomia. Anche senza abbandonarsi a cupi pensieri tipo «Grande fratello» (del tutto casualmente proprio il titolo del più famoso programma Endemol...), non si capisce bene, però, perché mai Mediaset - che non si suppone abitata da santi - debba rinunciare a rafforzarsi produttivamente e come azienda ai danni del principale concorrente. Non si capisce perché, producendo più o meno direttamente un programma come quello di Fabio Fazio, dovrebbe rinunciare ad un proprio controllo editoriale (ossia, tanto per fare un esempio, non si capisce perché si debba supporre che tollererà che lì se ne dicano, com'è capitato, di cotte e di crude sul Silvio medesimo, lì definito anche «la barzelletta che cammina»). Attualmente, le dichiarazioni dei vertici biscioneschi (Pierfiglio) sono grandiose. Cose del tipo: «Non vorremmo che la Rai possa farsi del male selezionando la propria offerta in base al titolare della società che gliela propone e non in base ai propri interessi editoriali». Tradotto in italiano vuol dire: l'unico modo che ha oggi la Rai per fare i propri interessi è quello di fare gli interessi di Mediaset. Detto da uno che di cognome fa Berlusconi non suona un granché rassicurante.
In realtà, è proprio l'invenzione dei format - cioè di programmi realizzati su scala industriale da una società esterna che poi li vende alle emittenti - ad essere perversa. Oggigiorno se dici che tutto sommato non è poi così sbagliato se un'emittente i programmi se li produce e fabbrica da sola (un po' come succede in un giornale, di cui gli articoli sono scritti in casa e non dati da scrivere in «outsourcing», come si usa dire), ti trattano come un antimoderno, un matusa nostalgico o - nel migliore dei casi - un inguaribile romantico, visto che tanto tra un po' la televisione si guarda al telefono. Ma se la Rai, che ha diecimila dipendenti, si facesse i programmi da sola, ora non si troverebbe in questi guai. Non si troverebbe con un cavallo di Troia - catodico, sì, ma non per questo meno pericoloso - piazzato in mezzo alle sue telecamere.
(articolo di roberto brunelli sull'Unità)
cosa ne pensate dell'acquisizione da parte di mediaset della endemol?
Messaggio del 30-05-2007 alle ore 14:04:26
ho sbagliato il titolo...era...ENDEMO...NIATI
ho sbagliato il titolo...era...ENDEMO...NIATI
Messaggio del 30-05-2007 alle ore 17:39:42
copio-incollo quanto avevo scritto in un post a tema su cultura:
Quote:La soluzione è semplice: basta che la RAI non acquisti più, cosa che avrebbe dovuto fare già da aprecchio tempo, quelle monnezze di programmi Endemol
eh, magari...
comunque questo acquisto mi stupisce: in tutto il mondo i grandi imprenditori della comunicazione acquistano prodotti e portali web indicando nella rete il futuro della tv fai-da-te, mentre mediaset acquista un'azienda che seppur di successo, è "vecchia" oramai nel panorama comunicativo, con prospettive (a mio avviso) che non vanno oltre i dieci anni.
tornando al post di chi, beh sì così facendo mediaset in qualche modo entra di prepotenza in rai, proponendo format di sua "cultura" (virgolette d'obbligo): io la vedo però come un'occasione per riformare in senso qualitativo, culturale, ecc. la tv pubblica, in attesa della vera riforma che sistemi questo grande calderone di posti preconfezionati dalla politica.
copio-incollo quanto avevo scritto in un post a tema su cultura:
Quote:La soluzione è semplice: basta che la RAI non acquisti più, cosa che avrebbe dovuto fare già da aprecchio tempo, quelle monnezze di programmi Endemol
eh, magari...
comunque questo acquisto mi stupisce: in tutto il mondo i grandi imprenditori della comunicazione acquistano prodotti e portali web indicando nella rete il futuro della tv fai-da-te, mentre mediaset acquista un'azienda che seppur di successo, è "vecchia" oramai nel panorama comunicativo, con prospettive (a mio avviso) che non vanno oltre i dieci anni.
tornando al post di chi, beh sì così facendo mediaset in qualche modo entra di prepotenza in rai, proponendo format di sua "cultura" (virgolette d'obbligo): io la vedo però come un'occasione per riformare in senso qualitativo, culturale, ecc. la tv pubblica, in attesa della vera riforma che sistemi questo grande calderone di posti preconfezionati dalla politica.
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