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IL PIU' GRANDE...
Messaggio del 17-05-2010 alle ore 10:57:07
buongiorno maestro
Messaggio del 17-05-2010 alle ore 03:09:01
Il tecnico nerazzurro prima scappa negli spogliatoi, poi torna in campo commosso, ringrazia i tifosi ma non posa con la squadra per la foto ufficiale: "La vittoria più difficile". Il presidente nerazzurro: "E' il suo scudetto, ho visto tutti concentrati e questo successo ci fa entrare nella leggenda"

SIENA, 16 maggio 2010 - Piazza Duomo a Milano, il popolo interista festeggia con uno striscione che dice tutto: "Secondo titulo". I tifosi inneggiano a Josè Mourinho e prendono d'assalto le magliette bianche con l'immagine del tecnico portoghese che fa il gesto delle manette e la scritta "Moustroso". E' lui l'eroe di giornata. Mourinho, però, si nasconde. Al triplice fischio finale di Morganti, la prima reazione è stata infilarsi nel tunnel dello spogliatoio agitando gli indici delle mani al cielo. Nella pancia dello stadio c'è stato l'abbraccio con Massimo Moratti e poi si è isolato per alcuni minuti nel corridoio che porta all'uscita dello stadio dove sostano i pullman delle squadre. Mourinho è stato visto maneggiare il telefonino come se stesse inviando un messaggio. Poi è stato richiamato per partecipare alla premiazione. E lì si sono viste le lacrime.

MOU IN LACRIME — E' il secondo titolo della stagione conquistato dalI'Inter a commuovere il tecnico portoghese. Mourinho torna in campo per ricevere la medaglia di campione d'Italia dal presidente di Lega Beretta, poi saluta lo stadio con la mano, scende dalla piattaforma posizionata al centro del campo e si dirige verso la curva. Gli occhi sono lucidi, gli applausi dei tifosi lo travolgono. Mourinho non posa neanche con la squadra sotto il cartello che indica il 18° scudetto nerazzurro, ma si concede un giro di campo per salutare i sostenitori sventolando la maglietta con il numero 18, la stessa che i giocatori hanno indossato al momento della premiazione.

TITULO PIU' DIFFICILE — In silenzio ormai da più d'un mese, sembrava che Mourinho non dovesse parlare nemmeno oggi, invece ai microfoni dice: "E' stato lo scudetto più difficile, ci siamo ritrovati due punti sotto a cinque partite dalla fine, non sono mai arrivato a contedere un titolo fino alla fine, fino all'ultimo minuto perché se il Siena segna al 90', è finita. L'Inter aveva il campionato in tasca, poi tutto è cambiato. Noi abbiamo un po' di responsabilità, però non solo noi. E' stato meglio non parlare, perché finiva sempre con un deferimento, e anche questa partita ho rischiato di non essere in panchina per una battuta (i soldi della Roma al Siena, ndr.). L'Italia non è la mia casa, non è il Paese dove posso lavorare bene". Torna il tormentone dei tituli: "E' vero, due tituli per noi, zero per gli altri. Lo dico con tranquillità. Paura? Non ho avuto paura, però quando abbiamo pareggiato con la Fiorentina e la Roma ci ha sorpassato, sapevamo che vincere non bastava più. E' stata la Sampdoria ad aiutarci, secondo me al'ultima opportunità. Adesso ci aspetta una settimana storica, dove voglio dare tutto quello che posso dare, voglio preparare la squadra al meglio possibile. Poi mi riposo".



Messaggio del 17-05-2010 alle ore 02:53:30


Messaggio del 17-05-2010 alle ore 02:48:38
MILANO, 16 maggio 2010 - Si può vincere un campionato anche in manette e con la bocca tappata. Il suo primo anno in Italia era stato quello delle frasi "storiche", dal "non sono un pirla" agli "zero tituli", passando per la "prostituzione intellettuale". Al secondo siamo passati ai gesti e al silenzio. Due su tutti: il bacio allo stemma dell’Inter ("Non l’ho mai fatto ma ora sento di baciarlo") e le manette mimate durante Inter-Sampdoria. Dopo quelle, e la successiva squalifica, è calato il silenzio italiano. Alle conferenze stampa un giocatore a turno, nei commenti post partita alle pay tv Marco Branca o un assistente qualsiasi. Per sentire il "verbo" di Mourinho bisognava aspettare che arrivasse la Champions e i doveri Uefa: e in quel contesto le incursioni su questioni italiane erano saltuarie, e quasi sempre polemiche.

CONTRO TUTTI — Perché Mourinho non è Ligabue, non tace perché "ha perso le parole". Il silenzio mediatico era il segnale di un rifiuto. E’ stato l’anno del "grande freddo", del "non mi piace il calcio italiano e io non piaccio a lui". Il tecnico portoghese da inizio 2010 si è visto al centro di un complotto per riportare sotto le inseguitrici ("Tutti sanno come certe squadre hanno recuperato punti e come altre li hanno persi"), ha agitato l’ascia di guerra ("Abbassando i toni avete permesso Calciopoli, una cosa che mi ha fatto vergognare di dare da mangiare ai miei figli col calcio") e ha lanciato l’Inter in un "noi soli contro tutti", che ha rischiato di far crollare i nervi dei suoi, ma che alla fine ha pagato, compattando un gruppo ora pronto a dare tutto per il suo condottiero. Le pay-tv non hanno gradito (ed è difficile immaginare che accettino una stagione completa così), il pubblico come sempre si è diviso fra i mourinhisti e chi lo voleva presto a Madrid, o magari a Sant’Elena, in esilio.

NON SOLO POLEMICHE — Fin qui il Mourinho personaggio, discutibile e discusso. Indiscutibile il Mourinho tecnico: per lui parlano i risultati, ma quest’anno non solo quelli. Non solo in Champions, ma anche in campionato (nei derby su tutte) si sono viste prestazioni corali importanti, gioco offensivo e possesso palla, un progetto di squadra cresciuto col passare dei mesi. L’innovazione tattica è stata il 4-2-3-1 e il suo equilibrio anche difensivo, la gestione del gruppo è stata il vero capolavoro. Stelle come Eto’o e Milito hanno fatto una stagione di sacrifici, anche un caso spinoso come quello dell’insubordinazione di Balotelli non ha causato spaccature, con la squadra compatta e schierata col tecnico. E non è difficile immaginare che negli acquisti azzeccati di Marco Branca ci sia anche la collaborazione di Mourinho, che se non altro aveva disegnato identikit precisi dei giocatori che avrebbe voluto. “Un difensore di carisma e piedi buoni che permetta di tenere alta la difesa e cominciare lì l’azione”: ed ecco Lucio. “Un numero 10 di qualità”: ed ecco Sneijder. “Un attaccante in più, che sappia giocare in vari ruoli”: ed ecco Pandev. Squadra costruita pezzo dopo pezzo, e costruita bene.

FUTURO IN BILICO — Comunque vada a Madrid, l’amore fra Mourinho e il popolo nerazzurro, Moratti in testa, tocca vette da luna di miele. Nonostante questo, però, il divorzio è dietro l’angolo. Resterà l’anno prossimo, a inseguire il suo terzo scudetto? Proprio per la rottura totale con l’ambiente italiano nasce qualcosa di più di un dubbio. E la disponibilità della panchina del Real complica ulteriormente il rappacificamento. Ma a Madrid, per ora, José Mourinho andrà per scrivere un’altra pagina della storia dell’Inter.


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Editato da D4rkst4rr il 17/05/2010 alle 02:49:34
Messaggio del 17-05-2010 alle ore 00:26:18
Carlo Ancelotti!!
Al primo anno in Inghilterra ha centrato il double Premier League-FA Cup: nessuno c'era riuscito al Chlesea, e per giunta al debutto...
Ah, dimenticavo la Charity Shield (fuss la Supercoppa inglese), vinta in agosto contro il Manchester Utd.
E st'atranne la Champion's, se arrivano due tre rinforzi di lusso....

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