«Io non voglio parlare di campionato -

«Non spiego, non spiego niente. Mia figlia è lontanissima dal mondo del calcio, mentre mio figlio ne è innamorato, ma io lo voglio solo innamorato di quello che è il vero calcio, non voglio che capisca che intorno al calcio ci sono altre cose, perché se lui a dieci anni capisce questo, sicuramente non sarà più innamorato del calcio».

Proprio all’indomani della vittoria sul Cska che proietta l’Inter ver­so le semifinali di Champions, e nel giorno tanto atteso (dall’Inter) delle scuse di Balotelli, Josè Mourinho ha deciso di interrompere il suo partico­lare silenzio stampa, quello che os­serva solo sul campionato. Stavolta, però, ha scelto un linguaggio oscuro, dicendo (anzi scrivendo) frasi di faci­le interpretazione (ci sarebbe un di­segno contro l’Inter) ma dal quale non emergono i nomi dei presunti colpevoli.
Sarebbe il caso che il tecnico por­toghese uscisse allo scoperto. Le sue esternazioni mancano da quando, elegantemente, fece il gesto delle manette. Scelta saggia quella del si­lenzio, nettamente migliore di quella di lanciare accuse così vaghe. Se vuol parlare, lo faccia: ma sia chiaro. Sono note – e persino condivisibili ­le sue idee sul Milan e sui rigori ge­nerosi che vengono concessi ai ros­soneri ( l’ultimo proprio domenica scorsa contro la Lazio). Ma Mourin­ho non aveva sinora mai detto nulla contro la Roma. Forse perché non la considerava un’avversaria all’altez­za, sicuramente perché non avrebbe avuto argomenti. Che vuol dire «c’è una squadra che lotta contro tante cose»? Tra queste «cose», oltre al Mi­lan c’è anche la Roma? Strano, saba­to all’Olimpico una sola squadra è stata danneggiata dall’arbitro (la Ro­ma) eppure è riuscita a vincere. E ­parole del nerazzurro Oriali – la Ro­ma contro il Milan a San Siro fu af­fossata dall’arbitro. Mourinho dia retta almeno a Oriali, e si faccia due conti: provi a dare 3 punti in più alla Roma e 3 in meno al Milan. Scopri­rebbe di non essere più primo.
Se davvero pensa a una congiura di Palazzo a favore della Roma si metta il cuore in pace e non lo dica mai: fa­rebbe la figura del comico, non del grande accusatore.