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Un terremoto avviene quando lo sforzo accumulato in tempi lunghissimi all’interno della crosta terrestre, causato dal moto delle placche che costituiscono lo strato più superficiale della Terra, supera la soglia di resistenza alla rottura delle rocce, che costituiscono tali placche. La rottura avviene lungo un piano, detto piano di faglia, e l’energia immagazzinata nella crosta viene istantaneamente rilasciata. Parte di questa energia viene spesa per generare le onde sismiche responsabili dello scuotimento del terreno, e quindi dei danni prodotti dall’evento, mentre il resto viene speso per deformare in modo permanente il paesaggio circostante: vale a dire che un evento sismico è in grado di innalzare od abbassare, così come spostare orizzontalmente, un punto della superficie terrestre. Poiché un evento sismico deforma ovviamente anche la zona circostante la faglia sismogenetica, esso è in grado di alterare lo stato di sforzo delle porzioni di crosta adiacenti. In questo modo un terremoto trasmette informazioni alle faglie attive circostanti. Potremmo definire questo processo come il modo in cui le faglie comunicano tra di loro.
Questa percentuale di sforzo aggiunto dal terremoto (lo possiamo definire correttamente sforzo indotto) si somma allo sforzo tettonico che con continuità carica le faglie sismogenetiche che già esistono (note o non note che siano) in una certa porzione di crosta. La possibilità di stabilire se una faglia sismogenetica è prossima al raggiungimento delle condizioni di innesco della frattura dipende dalla conoscenza dell’energia totale accumulata nel tempo, ed eventualmente di quella aggiunta dai terremoti avvenuti in precedenza, e dalla conoscenza delle caratteristiche delle rocce della zona di faglia.
I processi geodinamici (moto delle placche, di microplacche o cunei) sono responsabili degli accumuli di energia nella crosta terrestre. Siccome questi processi sono studiati solo tramite ricostruzioni cinematiche, vale a dire che non definiscono le quantità di energia in gioco ma solo le direzioni di movimento relativo delle placche, è impossibile, almeno allo stato delle conoscenze attuali, stabilire il valore assoluto dell’energia accumulata. In altre parole, non conosciamo il livello di sforzo totale che agisce su una faglia in un preciso istante di tempo.
Un terremoto avviene quando lo sforzo accumulato in tempi lunghissimi all’interno della crosta terrestre, causato dal moto delle placche che costituiscono lo strato più superficiale della Terra, supera la soglia di resistenza alla rottura delle rocce, che costituiscono tali placche. La rottura avviene lungo un piano, detto piano di faglia, e l’energia immagazzinata nella crosta viene istantaneamente rilasciata. Parte di questa energia viene spesa per generare le onde sismiche responsabili dello scuotimento del terreno, e quindi dei danni prodotti dall’evento, mentre il resto viene speso per deformare in modo permanente il paesaggio circostante: vale a dire che un evento sismico è in grado di innalzare od abbassare, così come spostare orizzontalmente, un punto della superficie terrestre. Poiché un evento sismico deforma ovviamente anche la zona circostante la faglia sismogenetica, esso è in grado di alterare lo stato di sforzo delle porzioni di crosta adiacenti. In questo modo un terremoto trasmette informazioni alle faglie attive circostanti. Potremmo definire questo processo come il modo in cui le faglie comunicano tra di loro.
Questa percentuale di sforzo aggiunto dal terremoto (lo possiamo definire correttamente sforzo indotto) si somma allo sforzo tettonico che con continuità carica le faglie sismogenetiche che già esistono (note o non note che siano) in una certa porzione di crosta. La possibilità di stabilire se una faglia sismogenetica è prossima al raggiungimento delle condizioni di innesco della frattura dipende dalla conoscenza dell’energia totale accumulata nel tempo, ed eventualmente di quella aggiunta dai terremoti avvenuti in precedenza, e dalla conoscenza delle caratteristiche delle rocce della zona di faglia.
I processi geodinamici (moto delle placche, di microplacche o cunei) sono responsabili degli accumuli di energia nella crosta terrestre. Siccome questi processi sono studiati solo tramite ricostruzioni cinematiche, vale a dire che non definiscono le quantità di energia in gioco ma solo le direzioni di movimento relativo delle placche, è impossibile, almeno allo stato delle conoscenze attuali, stabilire il valore assoluto dell’energia accumulata. In altre parole, non conosciamo il livello di sforzo totale che agisce su una faglia in un preciso istante di tempo.