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L’universo è come una grande macchina con principi del tutto meccanici ed inevitabili, la vita è il primo principio che tenta di andare contro a questo meccanicismo, poiché gli esseri viventi possono fare scelte indipendenti dalle ferree regole dell’esistenza. Tutte queste scelte (che sono rapportate alla complessità organica della specie a cui l’essere vivente appartiene) sono puntualmente contrastrate dal meccanicismo, che attua una vera e propria resistenza a questo tentativo di autonomia. Lo stratagemma usato dall’universo per contrapporsi all’esistenza della vita è dare ad ogni specie un vero e proprio ciclo di vita, con una nascita, uno sviluppo, un declino e un estinzione. Questo meccanicismo sfrenato cerca di evitare che una specie di evolva e possa raggiungere un intelletto tale da creare una consapevolezza di una vera e propria opposizione: questa consapevolezza è portata dall’amore incondizionato, che supera l’istintuale individualismo che caratterizza ogni essere vivente. Tutti gli esseri viventi pensano solo a loro stessi, per istinto. La prima forma d’amore che hanno è quella genetica, quella che c’è tra genitori e figli (o comunque individui vicini nel proprio albero genealogico), e nasce dal semplice bisogno di far sopravvivere i propri geni. Questa è la più semplice forma di amore, che può evolversi appunto nell’amore incondizionato nei confronti di ogni individuo della propria specie. Il ciclo di vita serve quindi per evitare che una eccessiva evoluzione intellettiva faccia raggiungere ad una specie la consapevolezza del proprio stato: il declino parte proprio quando questo rischio è particolarmente vicino e concreto. La base di un ciclo di vita è l’individualismo, comune a tutti gli esseri viventi di ogni complessità. Questo è il principale artefice dello sviluppo di una specie vivente, la quale raggiunge un suo picco evolutivo, che però non dura per sempre: l’individualismo, infatti, è anche il principale artefice della successiva autodistruzione, in cui una specie declina, e raggiunge l’estinzione. L’unico modo per aggirare il meccanismo del ciclo e rimanere nel picco dello sviluppo (se non salire ancora) è proprio acquistare consapevolezza: superare l’amore genetico ed imparare ad amare in modo incondizionato. L’umanità ha raggiunto il picco, e può evitare il declino solo se raggiunge questa consapevolezza: sembra che sia sulla buona strada, perché nessuna specie ha raggiunto il grado di sviluppo raggiunto da quella umana. Rispetto a tutti gli altri esseri viventi che conosciamo, la specie umana sta infatti acquistando una propria identità: è già capace di amare al di là dell’individualismo, anche se con molti limiti. Questa abilità è solo accennata in poche altre specie viventi. La salvezza totale è tuttavia irraggiungibile: in noi c’è ancora tanta corruzione, che può essere contrastata, ma non potrà mai essere del tutto cancellata, poiché facciamo parte materialmente di questo universo: cercare di cancellare le sue regole significherebbe distruggere l’universo stesso, noi compresi. Dio, quindi, non solo è a immagine e somiglianza dell’uomo, ma è l’uomo stesso: è la specie umana che acquista consapevolezza. Il vero nemico da combattere è paradossalmente l’entità che ha creato tutto, ma che adesso cerca di distruggerci: si tratta del meccanicismo sfrenato, il vero e unico demonio. Questa battaglia non può essere vinta, perché l’amore incondizionato può essere solo avvicinato, non raggiunto. Tuttavia possiamo rimandare la nostra sconfitta, finché abbiamo forza.
L’universo è come una grande macchina con principi del tutto meccanici ed inevitabili, la vita è il primo principio che tenta di andare contro a questo meccanicismo, poiché gli esseri viventi possono fare scelte indipendenti dalle ferree regole dell’esistenza. Tutte queste scelte (che sono rapportate alla complessità organica della specie a cui l’essere vivente appartiene) sono puntualmente contrastrate dal meccanicismo, che attua una vera e propria resistenza a questo tentativo di autonomia. Lo stratagemma usato dall’universo per contrapporsi all’esistenza della vita è dare ad ogni specie un vero e proprio ciclo di vita, con una nascita, uno sviluppo, un declino e un estinzione. Questo meccanicismo sfrenato cerca di evitare che una specie di evolva e possa raggiungere un intelletto tale da creare una consapevolezza di una vera e propria opposizione: questa consapevolezza è portata dall’amore incondizionato, che supera l’istintuale individualismo che caratterizza ogni essere vivente. Tutti gli esseri viventi pensano solo a loro stessi, per istinto. La prima forma d’amore che hanno è quella genetica, quella che c’è tra genitori e figli (o comunque individui vicini nel proprio albero genealogico), e nasce dal semplice bisogno di far sopravvivere i propri geni. Questa è la più semplice forma di amore, che può evolversi appunto nell’amore incondizionato nei confronti di ogni individuo della propria specie. Il ciclo di vita serve quindi per evitare che una eccessiva evoluzione intellettiva faccia raggiungere ad una specie la consapevolezza del proprio stato: il declino parte proprio quando questo rischio è particolarmente vicino e concreto. La base di un ciclo di vita è l’individualismo, comune a tutti gli esseri viventi di ogni complessità. Questo è il principale artefice dello sviluppo di una specie vivente, la quale raggiunge un suo picco evolutivo, che però non dura per sempre: l’individualismo, infatti, è anche il principale artefice della successiva autodistruzione, in cui una specie declina, e raggiunge l’estinzione. L’unico modo per aggirare il meccanismo del ciclo e rimanere nel picco dello sviluppo (se non salire ancora) è proprio acquistare consapevolezza: superare l’amore genetico ed imparare ad amare in modo incondizionato. L’umanità ha raggiunto il picco, e può evitare il declino solo se raggiunge questa consapevolezza: sembra che sia sulla buona strada, perché nessuna specie ha raggiunto il grado di sviluppo raggiunto da quella umana. Rispetto a tutti gli altri esseri viventi che conosciamo, la specie umana sta infatti acquistando una propria identità: è già capace di amare al di là dell’individualismo, anche se con molti limiti. Questa abilità è solo accennata in poche altre specie viventi. La salvezza totale è tuttavia irraggiungibile: in noi c’è ancora tanta corruzione, che può essere contrastata, ma non potrà mai essere del tutto cancellata, poiché facciamo parte materialmente di questo universo: cercare di cancellare le sue regole significherebbe distruggere l’universo stesso, noi compresi. Dio, quindi, non solo è a immagine e somiglianza dell’uomo, ma è l’uomo stesso: è la specie umana che acquista consapevolezza. Il vero nemico da combattere è paradossalmente l’entità che ha creato tutto, ma che adesso cerca di distruggerci: si tratta del meccanicismo sfrenato, il vero e unico demonio. Questa battaglia non può essere vinta, perché l’amore incondizionato può essere solo avvicinato, non raggiunto. Tuttavia possiamo rimandare la nostra sconfitta, finché abbiamo forza.